La conferenza nazionale dei Giovani comunisti, svoltasi a Pomezia dal 19 al 21 febbraio, ha visto la partecipazione di 260 delegati eletti dalle conferenze locali tenute dall’8 gennaio al 16 febbraio alle quali hanno partecipato oltre duemila militanti dell’organizzazione giovanile della Rifondazione Comunista.
Partiamo da queste brevi considerazioni sul nostro risultato proprio per ribadire come siamo una parte importante dei Gc e non un gruppetto minoritario e settario, come la retorica “unitaria” voleva dipingerci e in parte ha provato a fare anche a Pomezia.
Il dibattito della Conferenza Nazionale
Abbiamo cercato negli interventi svolti a Pomezia di non limitarci a ribadire le tesi del nostro documento, ma di portare nel dibattito l’esperienza viva di compagni e compagne impegnati ogni giorno nelle lotte e nella costruzione dei Gc e di Rifondazione comunista in questa fase difficile. Senza alcuna arroganza pensiamo di poter dire che i nostri interventi hanno contribuito in misura determinante a generare un dibattito aperto, sicuramente anche controverso, che ha avuto il merito di impedire che la conferenze fosse solo una passerella celebrativa della nuova maggioranza “unitaria” .
Un vivace scambio di battute si è verificato con la partecipazione ai lavori del segretario nazionale Paolo Ferrero, che nel suo saluto ha replicato all’intervento appena svolto da Margherita Colella di critica alla linea delle alleanze col centrosinistra e all’ipotesi di fronte democratico (il cosiddetto “Cln”) che includa anche l’Udc.
Ferrero ha rispolverato la consueta fraseologia sull’“emergenza democratica” per confermare la sua tesi, alla quale ha replicato poco dopo Valerio Marletta, coordinatore provinciale uscente dei Gc di Catania e attualmente consigliere provinciale d’opposizione, che ha chiesto come sia possibile poter spiegare ai braccianti, ai lavoratori e ai giovani siciliani un accordo con Cuffaro, così come sia assurdo poter pensare a una sponda “democratica” nel Pd, che in Sicilia è impegnato in un’operazione vergognosa di sostegno al governatore Lombardo.
Ci è stato rimproverato, in qualche intervento, un po’ spocchiosamente di non saper “ascoltare la classe”: se però scorriamo la lista dei compagni e delle compagne intervenuti a nome della nostra area vediamo come precari, cassintegrati, lavoratori di cooperative, studenti impegnati nell’Onda, delegati sindacali, abbiano portato il proprio contributo e le proprie ragioni nel dibattito; ci chiediamo dunque cosa sia la classe, se questi compagni non lo sono.
Un documento unitario assai disunito
Nella conferenza le differenze strategiche interne al primo documento sono emerse in tutta la loro contraddizione. Occasione dello scontro, un odg approvato all’unanimità nella conferenza federale di Catania che contesta duramente qualsiasi ipotesi di alleanza con l’Udc, al quale ne è stato contrapposto uno a firma di Francesco D’Agresta, Danilo Borrelli e Francesco Maringiò sulla necessità, in fase di emergenza democratica, di percorrere un accordo con chiunque sia disponibile a modificare l’assetto bipolare della politica italiana, per tutelare la Costituzione, rivendicando la valutazione di accordi “caso per caso”.
Rispetto al documento di Catania, abbiamo dichiarato una critica di metodo: crediamo infatti che cambiare rotta nei Gc lo si possa fare con una battaglia coerente e chiara d’opposizione e di programmi e proposte, non con alchimie interne o scomposizioni di documenti, a colpi di ordini del giorno. Inoltre riteniamo riduttiva la critica ai soli accordi con l’Udc perché a nostro avviso la caratterizzazione del partito di Casini non è molto diversa da quella del Pd, che nel Mezzogiorno d’Italia non è estraneo a interessi mafiosi, e dovunque sostiene gli interessi della borghesia e delle grandi imprese. Pur con queste critice abbiamo sostenuto l’odg di Catania, approvato con 110 voti a favore, 104 contro e 24 astensioni, in gran parte provenienti dall’area di Sinistra Comunista.
Interessante è stato l’imbarazzo creato all’interno della maggioranza dal documento approvato a maggioranza nella conferenza federale di Messina sull’unificazione tra Gc e Fgci, respinto poi in conferenza nazionale, ma votato e sostenuto dai compagni di Essere Comunisti, attraverso la formulazione ambigua dell’“aggregazione aperta alle organizzazioni giovanili comuniste, in primo luogo, ovviamente, alle compagne e ai compagni della Fgci” (intervista a Simone Oggionni per Img press.it, 24/02/2010).
Sono poi stati messi al voto due odg saliti dalla conferenza di Caserta. Il primo “per un 8 di marzo di lotta che oltre ad avanzare una serie di proposte puntuali sul lavoro fra le donne e le ragazze, avanzava una dura critica all’impostazione prevalente nel partito sulle “quote rosa”, ed è passato solo con 5 voti contrari, nonostante la futura portavoce nazionale Anna Belligero sia intervenuta per dichiarare la sua frontale contrarietà. Il secondo analizzava la necessità di una ripresa della lotta alle mafie come lotta al capitalismo, partendo da come colpire al cuore un sistema ben radicato nel bipolarismo degli affari, e proponeva un incontro dei Gc del Mezzogiorno da organizzare a Caserta, provincia tristemente nota per fatti di camorra. Questo odg è passato a larga maggioranza, con sole 3 astensioni.
L’esito dell’operazione “documento unitario” è stata la seguente: l’area “Rigenerazioni” (ossia l’area Ferrero sommata alla mozione 2) si è formalmente ricostituita: dopo aver accettato la finzione del documento, unitario sottraendo così alla base dei Gc il diritto a conoscere la reale articolazione del dibattuto, ricostituiscono l’area per meglio pesare negli organismi dirigenti… il tutto mentre dai loro stessi dirigenti nazionali “adulti” si porta avanti una noiosa e un po’ ridicola campagna “contro le correnti”! Come sempre, i fatti contraddicono platealmente le parole. Né ci sembrano molto più credibili le solenni promesse del compagno Oggionni, eletto portavoce assieme ad Anna Belligero, di “sciogliere” la componente di Essere comunisti.
Un’ultima riflessione la facciamo su Sinistra Comunista, che ha presentato tre emendamenti al primo documento, provando a darsi un profilo di sinistra, ma che in realtà serve a coprire il fianco al moderatismo di Essere Comunisti, con una fraseologia possibilista contro gli accordi col Pd, movimentista per quanto riguarda l’intervento nelle mobilitazioni, ma che si traduce in un appoggio più o meno tacito a una linea pronta al sostegno di qualsiasi maggioranza che non rompa con la segreteria nazionale.
La “gestione unitaria” proposta in conferenza dai compagni di Essere comunisti si configura quindi come la copia in sedicesimi dell’attuale sistema di governo del Prc: un accordo fra correnti basato sull’occultamento del dibattito e sull’ipocrisia permanente.
Nel nuovo Coordinamento nazionale di 50 componenti abbiamo eletto 12 compagne e compagni: Anna Arena (Napoli), Tatiana Chignola (Milano), Paolo Cipressi (Roma), Margherita Colella (Caserta), Emanuele Cullorà (Milano), Salah Ezzahar (Perugia), Gemma Giusti (Bologna), Matteo Molinaro (Milano), Debora Pezzani (Parma), Ilario Pinnizzotto (Messina), Simone Raffaelli (Bologna), Giovanni Savino (Caserta).
Non riassumiamo qui il documento politico finale da noi presentato, e che ha raccolto il 28% dei delegati, reperibile sul nostro sito assieme agli altri materiali della conferenza. Crediamo che la conferenza abbia dimostrato la validità e la piena internità ai Gc e al partito della nostra proposta politica: una risposta antiburocratica, che non vuole accettare in toto una supposta uniformità della storia del comunismo, e che vuole fare i conti con la degenerazione rappresentata dallo stalinismo, che sembra essere riabilitato in maniera sempre meno strisciante.
“Lottare, occupare, resistere” non è stata quindi l’esperienza di un documento che provasse a raccogliere i “mal di pancia”: crediamo che da queste parole d’ordine si possa ripartire, per costruire quella riscossa di cui i giovani, i lavoratori, i migranti e le donne di questo paese hanno bisogno.
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