Vorrei partire da un punto, messo anche all'inizio del secondo documento: dobbiamo rifuggire dal rischio di avere un dibattito che, partendo dalla situazione di crisi del Prc, sia un dibattito autocentrato e che non sappia legare e partire da ciò che sta succedendo intorno a noi.
Il rischio è quello di essere stati portati sull'orlo del burrone, avere una discussione in cui si cerca anche un tono rincuorante e si dica “dai compagni, ce la possiamo fare a compiere un altro passo avanti”.
Qual'è la situazione? È una situazione deprimente? È una situazione di egemonia ideologica da parte della classe dominante e delle destre? Io non credo proprio che sia così. Io credo che la situazione sia una situazione in cui le tensioni sociali si stanno accumulando e si prepara un enorme esplosione sociale, che si manifesta in punti diversi. Lo abbiamo visto anche in altri Paesi, parlando delle mobilitazioni giovanili: quello che abbiamo visto esplodere in Spagna dopo le controriforme e in Francia, dopo l'espulsione di due studenti. Sono state reazioni dal carattere esplosivo, soprattutto quella in Francia.
Ma anche qui in Italia: mi viene in mente ad esempio la manifestazione nella Terra dei Fuochi, dove si sono mobilitate decine di migliaia di persone, molti giovani, con una rabbia immensa.
E qua verrei a un punto rispetto al dibattito sul programma e anche rispetto alla questione meridionale. Come si può dare una risposta a quella situazione se non rivendicando la completa nazionalizzazione messa sotto il controllo dei lavoratori del ciclo dei rifiuti? Ma dirò di più, rispetto alla questione dei programmi minimi. Come si può pensare a una soluzione a questo senza porre il problema della pianificazione razionale della produzione e la sua messa sotto il controllo dei lavoratori? E questa è la questione rispetto al dibattito sul programma, perché esso non si può basare semplicemente sul livello attuale ed esistente delle mobilitazioni, certo si deve legare a quello, ma il programma è dettato innanzitutto dalle necessità storiche e, in questo momento, dalle contraddizioni del sistema capitalista e quindi non si può spezzare in due parti ma deve essere sempre direttamente legato alla prospettiva rivoluzionaria.
Tanto più, e qui arrivo alla questione giovanile, che c'è un'immensa apertura rispetto alle posizioni rivoluzionarie, in questo momento, dettata da una parte dalle condizioni oggettive. In questo momento per esempio, l'ultimo dato che si dava rispetto alle immatricolazioni universitarie era di un crollo di 58mila immatricolazioni in dieci anni con un aumento dai licei del 7% e una diminuzione del 37% dai professionale e del 44% dai tecnici: parlare di selezione di classe è quantomai semplice in una situazione di questo genere. La Carrozza, dopo aver fatto tante manovre di propaganda, nell'ultimo decreto scuola ha messo avanti le richieste di Confindustria: l'alternanza scuola-lavoro, oppure, in università, 60 crediti (che è l'equivalente di un anno accademico) che si può fare dentro un'azienda anziché studiare.
Queste cose le sanno, i giovani, perché le vivono sulla propria pelle. Il problema è l'alternativa che c'è. E rispetto per esempio anche al dato del Movimento Cinque Stelle, su cui sono evidenti tutte le critiche che poniamo, il punto è che esiste un elemento di rabbia antisistemica in quell'appoggio che c'è stato. C'è, e soprattutto nei confronti del sistema istituzionale. E in questo senso non dobbiamo essere noi quelli che cercano di preservare questo sistema istituzionale riavvicinandolo a chissà quali esigenze, perché fino a prova contraria la nostra necessità e il nostro obiettivo è quello di rovesciare questo sistema istituzionale e quindi non farsi vedere come i pompieri ma come gli elementi più radicali.
Cosa abbiamo fatto per intercettare questa rabbia e questa apertura e che cosa hanno fatto ad esempio i Giovani Comunisti, a livello nazionale?
Il dibattito nazionale dei Giovani Comunisti in questi anni, è stato semplicemente l'ombra del dibattito del Comitato politico nazionale. È stato un terreno complementare di una battaglia burocratica, questa è la questione, senza dare particolari altri contributi. Dà praticamente la stessa emozione di vedere una partita in differita della quale però sai già il risultato. Per gli amanti del genere, può essere bello vedere i gesti tecnici, ma l'entusiasmo viene sicuramente un po' meno. Solo in una cosa è stato anticipatore e non riflesso: la disgregazione, la mancanza di una linea nazionale, la balcanizzazione per territori, federazioni o per cordate. Il coordinamento d'altronde non viene convocato da maggio, anche se non sono qui a fare un appello affinché venga convocato rapidamente, perché il problema vero non è da quanto non viene convocato, il problema vero è che nessuno si è accorto della differenza.
Credo che sia il caso di pensare, in un partito nelle nostre condizioni, se si debba mantenere una struttura a parte o se si debba fare una riflessione in tutto il partito per fare un bilancio e capire come si debba sviluppare il lavoro giovanile.
Al di la delle questioni sui canali e sulle organizzazioni, dove quest'azione c'è stata, perché l'azione c'è stata, vi è il problema di linea politica. Il nostro intervento, ad esempio nel movimento studentesco, o meglio, la linea maggioritaria per il movimento studentesco, è stata quella di accodarsi alle strutture studentesche riformiste, cercando di avere in questo modo degli avanzamenti, specie nell'ambito della microistituzionalità scolastica o occademica, oppure per cercare dei fronti con cui produrre un cambiamento solo a livello istituzionale. Penso soprattutto, dato che vengo da Milano, ai cortei che ci sono stati subito prima delle elezioni regionali, dove appunto queste strutture invocavano soltanto l'alternativa di centro sinistra a Formigoni.
Quello che manca è la fiducia nella capacità di impostare un rapporto di forza sulla base delle mobilitazioni e delle lotte. Questo è un limite che c'è stato in tutti questi anni nell'azione del Partito a livello generale e che si riflette inevitabilmente anche nell'intervento giovanile.
Un lavoro di riconquista quindi, d'intervento nelle lotte che ci sono e che si preparano ad avere un salto di qualità. E io credo anche un lavoro di riconquista ideologica vi sia da fare verso le giovani generazioni, proprio per il crollo di credibilità dell'ideologia dominante che in questo momento c'è. Su questo però dobbiamo stare attenti a quali sono i nostri riferimenti. Lo si diceva anche in un intervento stamattina, noi siamo in una situazione dove il marxismo è l'analisi mai come oggi attuale per offrire un'alternativa a un'intera umanità messa sotto scacco e incatenata dal capitalismo. Però il marxismo autentico! Perché talvolta, nella ricerca di un punto di riferimento ideologico, ci sono anche le tendenze a una certa nostalgia post stalinista e su questo serve anche un'operazione di chiarificazione storica, perché quella tendenza politica è quella che ha comportato nella storia l'eliminazione politica o fisica di alcuni fra i migliori rivoluzionari, che ha comportato sconfitte e tradimenti di processi rivoluzionari, che ha portato a uno spostamento riformista dei maggiori Partiti comunisti d'Europa e che ha portato infine anche alla restaurazione del capitalismo negli stati operai. E quindi è giusto ricercare delle radici ideologiche, ma bisogna farlo bene e in maniera accurata.
Vado alla fine del mio intervento. È evidente che vi siano delle tendenze politiche che si confrontano e credo che sarebbe demagogico parlare di come arrivare a una sintesi fra queste tendenze: non vi sono necessariamente punti di contatto tali da permettere una sintesi. E quindi per fortuna c'è la lotta di classe! Perché è il movimento che pone in verifica le tendenze politiche. Lo ha fatto nella storia e lo farà anche nei prossimi anni.
Ed è lì che ci impegniamo a mostrare la veridicità e la correttezza di certe proposte. Io non so come procederà questo dibattito, anche rispetto al lavoro giovanile di questo partito.
Posso assicurare però che non staremo appunto fermi alla fermata dell'autobus ad aspettare che arrivi la linea giusta. Attiviamo nella pratica l'alternativa necessaria, ovviamente mettendola a disposizione a tutti i compagni che vorranno metterla alla prova, continuando a discutere e a dibattere, ma appunto ponendo nella pratica l'elemento determinante. E su questo tranquillizziamo i compagni, perché chi vorrà mettere alla pratica questo genere di proposte, può stare sicuro che noi staremo sempre in lotta.
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