La classe operaia deve mobilitarsi, sotto le proprie bandiere,
contro la serrata padronale e la destra
Da oltre due mesi è in atto un duro conflitto tra il governo di Cristina Fernandez Kirchner e i grandi proprietari agricoli, che protestano contro l'aumento delle imposte sull'esportazione dei cereali. I marxisti argentini del periodico "El militante" analizzano la vicenda in questo articolo.
La cosiddetta "guerra dei cereali" è tornata ad aggravarsi sabato scorso con la repressione contro il blocco stradale della strada statale 14, all'altezza di Gualeguaychú, e l'arresto di 19 proprietari terrieri che vi partecipavano, subito rilasciati. Ciò rappresenta contemporaneamente un salto di qualità ed un punto di svolta per il conflitto stesso, che configura una grave crisi politica con un ‘prima' e un ‘dopo' nella storia dei governi targati Kirchner.
Il riacutizzarsi del conflitto è stato preceduto dai blocchi stradali paralleli organizzati dai padroni delle ditte di trasporto, in grado di provocare gravi scarsità di rifornimenti nei prossimi giorni, che protestano così per la paralisi nei trasferimenti di grano.
La Corrente Socialista El Militante si schiera contro l'intervento della gendarmeria di Gualeguaychú, non riponendo alcuna fiducia politica o morale nelle forze repressive dello Stato come strumento per la soluzione dei conflitti sociali. Queste sono solo armi nelle mani di grandi padroni e dei governi borghesi costantemente utilizzate, al di là dello specifico conflitto in atto, contro i lavoratori e le lotte dei vari settori sociali. Qualunque attenuante concessa a questi metodi è contraria agli interessi della classe operaia.
Da un punto di vista politico, questo specifico caso di repressione è stata un'idiozia commessa dal governo che ha avuto come unico risultato quello di rinserrare le fila del settore "rurale", permettendogli di presentarsi come vittima agli occhi della popolazione.
Come è accaduto dal primo giorno del conflitto, l'opposizione di destra e i mezzi di comunicazione borghesi hanno appoggiato i proprietari agricoli indignandosi per la repressione di sabato che, detto per inciso, non ha certamente raggiunto il livello di violenza selvaggia e di sadismo con cui la polizia affronta le proteste operaie, e possiamo ricordare al riguardo l'occasione in cui morì Carlos Fuentealba (attivista sindacale assassinato dalla polizia nell'aprile 2007). Da ipocriti e demagoghi quali sono versano lacrime iraconde per la rimozione di un blocco stradale a cui partecipavano proprietari terrieri che esigono di poter continuare a guadagnare decine di migliaia di pesos al mese, ma esigono repressione e carcere contro i picchetti di lavoratori e disoccupati che lottano per difendere i propri posti di lavoro o per ottenere aumenti salariali di poche decine o centinaia di pesos.
Detto questo, confermiamo la posizione che abbiamo avuto dall'inizio del conflitto: il prolungarsi del black out nella produzione agricola e l'irruzione sulla scena dei blocchi stradali da parte degli padroni delle ditte di trasporto sono contrari agli interessi della classe operaia, che subisce l'aumento giornaliero dei prezzi ed affronta un rischio reale di esaurimento delle scorte alimentari e combustibili, oltre alle minacce di sospensioni o licenziamenti.
Un governo che non accontenta nessuno.
La crescita di un enorme malessere sociale
Ecco perchè non accettiamo di essere usati come ostaggi in una disputa tra padroni che ha come unica posta in gioco la maggiore redditività degli affari di una minoranza, già a livelli elevatissimi dopo l'instaurazione del sistema di raccolta mobile di soia e girasole e chiaramente collegata all'esorbitante aumento dei prezzi di cui, come lavoratori, stiamo soffrendo da tre anni.
Non possiamo nemmeno accettare che i padroni del trasporto, che hanno guadagnato milioni negli ultimi anni grazie alla movimentazione dei cereali, costringano gli operai a bloccare le strade usando minacce basate sul taglio dei salari. Questi lavoratori non hanno colpe per un conflitto che non dipende da loro.
I dirigenti sindacali dei camionisti devono mobilitarsi contro i padroni esigendo il pagamento integrale dei loro salari, che lavorino o meno, insieme alle migliaia di camionisti "autonomi" ingaggiati dai padroni stessi.
Nessuno di loro lotta infatti per gli interessi della classe lavoratrice argentina, ma solo per i propri meschini interessi capitalistici di classe.
Nessuna delle rivendicazioni imprenditoriali, se soddisfatta, comporterebbe una maggior offerta di prodotti alimentari né un calo dei loro prezzi, caso mai il contrario. Le richieste di abbattimento delle restrizioni all'esportazione di prodotti e alimenti di base ed i minori raccolti tenderebbero ad incrementare i prezzi e ad estendere ulteriormente la coltivazione della soia, che riduce la produzione alimentare di base e degrada la qualità del suolo danneggiando l'ambiente.
Allo stesso modo denunciamo l'operato del governo che, inizialmente, ha guardato con simpatia ai blocchi stradali dei trasportatori di cereali, cercando di utilizzare la paura per il pericolo di esaurimento delle scorte come un ariete contro la protesta degli imprenditori agricoli, aizzando contro di loro l'opinione pubblica per giustificare l'intervento delle forze dell'ordine conto i blocchi stessi. Ma la mossa gli si è ritorta contro e adesso vediamo che gli agrari ed alcuni impresari dei trasporti hanno unito le proprie forze perchè il governo ceda alle richieste dei primi. L'atteggiamento di arbitro nel conflitto di classe assunto dal governo e la sua paura verso la mobilitazione dei lavoratori svelano il totale fallimento a cui sta andando incontro.
Oltre ai "cacerolazos" parziali, in cui prevalgono settori reazionari, elementi della classe media impoverita insieme ai propri figli studenti e settori operai arretrati, la realtà indica che c'è un malessere sociale montante tra i lavoratori urbani e rurali che pare trovare un canale di sfogo nella protesta in corso nelle campagne.
Non si può comunque parlare di svolta a destra, dato che i blocchi all'interno del Paese non sono chiaramente riconducibili a personaggi palesemente vincolati alla destra, né si ascoltano rivendicazioni legate a programmi reazionari.
Sono l'enorme malessere dovuto all'aumento del costo della vita, i bassi salari, il supersfruttamento ed i maltrattamenti subiti dai padroni e dallo Stato (non solo come datore di lavoro ma anche come collettore d'imposte) i motivi che hanno spinto molti lavoratori rurali dell'interno a seguire le indicazioni dei propri padroni, dai piccoli produttori e proprietari, e può essere che qualcosa di simile, anche se in scala minore, possa accadere in alcune città del paese. Ed è chiaro che un settore dell'opposizione di destra, protetta dai mass media che danno ampia copertura ai discorsi a favore del black-out, ed elementi apertamente reazionari che logorano senza remore l'azione del governo, si stiano riorganizzando preparandosi al dopo Kirchner sulla base del conflitto in corso.
Nel frattempo l'esportazione di cereali è quasi raddoppiata rispetto all'anno scorso, e gli imprenditori del settore non hanno quindi perso un solo dollaro, difendendo i propri interessi in un fronte unico, propiziato dal FA, insieme ai rappresentanti di latifondisti e monopolisti.
Le organizzazioni sindacali devono assumersi le proprie responsabilità facendosi carico della situazione:
PER UNA MOBILITAZIONE DI MASSA DELLA CLASSE OPERAIA!
La CGT è semplicemente scomparsa dalla scena politica, evitando di denunciare i monopolisti ed i loro miserabili ricatti, la situazione in cui versano i lavoratori rurali e i piccoli produttori nelle mani di questi usurpatori, ma soprattutto non ha fino ad oggi lavorato per l'ORGANIZZAZIONE E LA MOBILITAZIONE dei lavoratori, nelle campagna o nelle città, e per la loro unione con i piccoli produttori, unico fronte capace di risolvere i problemi di produzione e reperibilità di alimenti e prodotti agricoli.
La CTA, d'altra parte collusa politicamente con questo governo, non ha purtroppo organizzato alcuna iniziativa pubblica; i suoi dirigenti si limitano a inconsistenti minacce.
Adesso la CGT chiama allo sciopero. Aderiamo all'appello per "esigere la fine di questa campagna destabilizzante portata avanti tramite blocchi stradali che colpisce la maggioranza del popolo argentino ed in particolare i più bisognosi".
Ma, senza distogliere lo sguardo dai veri nemici dei lavoratori, rivendichiamo la più assoluta indipendenza dal governo nazionale.