Domenica 18 Giugno si è svolto il referendum sulle privatizzazione delle risorse naturali boliviane.
Le enormi manifestazioni di massa che nello scorso autunno scossero ogni lato del paese, rafforzate dallo sciopero generale convocato dalla COB (Central Obrera Boliviana, il principale sindacato boliviano), costrinsero alla fuga il presidente filoamericano Sanchez de Lozada detto “Goni”, chiedendo a gran voce la nazionalizzazione del gas. Il nuovo presidente boliviano Carlos Mesa , vice di Goni, decise di convocare un referendum sulla questione delle risorse naturali per far deviare l’attenzione del movimento rivoluzionario, ottenendo tempo prezioso grazie alla tregua concessagli dalla Cob e all’appoggio di Evo Morales, dirigente del principale partito operaio e contadino, il Mas (Movimento al Socialismo).
Mesa, un burattino dell’imperialismo
In realtà è apparso chiaro fin dall'inizio che il referendum era una farsa. Infatti nessuna della cinque domande presenti sulla scheda elettorale chiedeva chiaramente la nazionalizzazione del gas e lo stesso governo non ha alcuna intenzione di nazionalizzare questo settore chiave dell’economia. Si chiedeva ai boliviani se desiderassero che le risorse nazionali del paese rimanessero di proprietà dello stato, ma col vincolo che i contratti di sfruttamento di tali risorse con le multinazionali del gas e del petrolio dovessero essere rispettati. Alcuni di questi contratti scadono nel 2030!
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Uno stato sottotutela dell’imperialismo…
In questi mesi il governo e la borghesia sospinti e finanziati dalle grandi multinazionali hanno fatto di tutto per ingannare le masse boliviane convincerle ad andare a votare, con l’obiettivo di creare una legittimazione al governo Meta che a pochi mesi dalla sua elezioni è un cadavere politico ed cha già dovuto affrontare vari scioperi generali con blocchi stradali, oltre ad un'ampia mobilitazione nelle università. Tutti i mezzi di informazione si sono lanciati in una campagna martellante durata mesi, mentendo sul referendum e spacciandolo per una consultazione popolare sulla nazionalizzazione del gas. Quando si sono accorti che i metodi persuasivi non erano sufficienti hanno giocato la carta della repressione minacciando una sanzione di 20€ per coloro che non si fossero recati a votare. Tutta la campagna elettorale si è svolta in un forte clima di polarizzazione . Da una parte la Cob e il Cstuc (il sindacato contadino) hanno invitato gli operai ed in contadini boliviani a boicottare la consultazione elettorale dichiarandola uno “sporco tranello” ed invitando a non votare o a annullare la scheda elettorale scrivendo “nazionalizzazione”. L’obiettivo era impedire la consultazioni con una grandiosa mobilitazione proprio il 18 Giugno.
Il ruolo controrivoluzionario di Evo Morales
Dalla parte opposta un vasto schieramento di forze appoggiava il referendum , di cui facevano parte i dirigenti delle multinazionali, i partiti di governo ma soprattutto il Mas. In tutta la campagna elettorale il Mas è stato il principale sostenitore di Mesa utilizzando la paura di un nuovo golpe e invitando alla moderazione. E arrivando a dichiarare, come ricordava Evo Morales anche nella recente intervista rilasciata all’Unità il 19 Luglio: “Mi spiace molto che alcuni dirigenti, alcuni compagni, mi abbiano accusato di tradimento per non aver accettato di dar fuoco alle urne, per non aver boicottato il referendum. Ma il Mas non si era sbagliato: il popolo ha parlato, attraverso il voto. Il radicalismo di alcuni capi indios, però, ha solo aiutato la destra che sperava in un mantenimento della legge sugli idrocarburi(...) Noi parliamo di recuperare gli idrocarburi per i boliviani. Questa è la nostra idea di nazionalizzazione: riprendere ciò che avevamo perso. Ovviamente, non parliamo né di confisca né di espropriazione. Non vogliamo lanciarci in questa avventura. Vogliamo rivedere ogni contratto e capire quando e dove le multinazionali non hanno fatto la loro parte per il bene della Bolivia”.
Ecco cosa hanno votato le masse: |
Il risultato della consultazione elettorale è stato inequivocabile. Malgrado tutta la stampa nazionale ed internazionali dichiari la vittoria di Mesa la situazione è ben diversa. Infatti, su 5.040.000 aventi diritto al voto, 640.000 si sono rifiutati di iscriversi nelle liste elettorali, e sui 4.458.293 iscritti nelle liste elettorali, 1.783.317 non sono andati a votare, mentre 891.659 hanno votato scheda bianca o nulla (fonti la Jornada e Econoticiasbolivia). Malgrado questi dati non siano ancora definitivi dimostrano chiaramente come il popolo boliviano non abbia dato nessuna fiducia a Carlos Mesa.
La campagna elettorale si è caratterizzata per migliaia di iniziative contro il referendum che chiedevano a gran voce la nazionalizzazione del gas. Il 18 luglio, data della consultazione, in varie zone del paese come Warisata e El Alto si sono viste manifestazioni e scontri con la polizia ma la presenza massiccia dell’esercito nelle strade e nei pressi dei luoghi di votazione ha impedito un boicottaggio attivo su vasta scala.
Malgrado la borghesia e l’imperialismo stia sbandierando questa “vittoria” coprendola con fiumi di menzogne presto i nodi verranno al pettine. Il parlamento discuterà la vendita del gas nei prossimi giorni e la cortina fumogena di promesse e bugie si diraderà rapidamente. Nuove mobilitazioni degli operai e dei contadini del paese Andino non tarderanno. La Cob sta già iniziando la campagna per raccogliere un milione di firme e chiedere un vero referendum sulla nazionalizzazione del Gas. Una cosa è certa: in questi anni questo popolo antico e fiero ha imparato a prendere in mano il suo destino. La battaglia delle masse boliviane per la gestione delle proprie risorse è solo rimandata di poco.
22 luglio 2004.