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La Thyssen-Krupp ci riprova: dimostrando quanto i padroni sono rispettosi degli accordi presi, vogliono di nuovo chiudere il Magnetico, dimostrando così che il piano industriale presentato quest’anno era solo una manovra per prendere tempo. Se ci riusciranno, la prima conseguenza sarà il licenziamento dei 900 operai impiegati nel reparto, ma non solo. 
L’indotto, che comprende circa 200 aziende ed un totale di 3000 operai, seguirà subito dopo. E in realtà tutta la AST è a rischio chiusura con ricadute non solo sull’economia di tutta la provincia, ma sull’intero sistema industriale italiano. I vertici della multinazionale non si sforzano neanche di dare troppe spiegazioni: vogliono chiudere e basta. Ma cosa c’è dietro a questa arroganza? Con la privatizzazione dell’Ilva la Krupp mette le mani su uno dei gioielli della siderurgia europea e dopo cominciano gli scorpori. La creazione della Tk-Es, la produzione dei laminati piani speciali che viene divisa in due, la separazione del Magnetico. Con la promessa di nuovi investimenti (mai arrivati) 140 mila tonnellate di acciaio a grano non orientato vengono spostate in Germania, sottraendo una parte importante del ciclo produttivo e causando così un calo dell’efficienza del sito di Terni. A questo va aggiunta la scelta di abbandonare il mercato italiano degli acciai magnetici e di buttarsi unicamente sull’export, pesantemente penalizzato dall’euro forte. Da tutto ciò si capisce che i vertici della multinazionale o sono degli sprovveduti oppure si è scelto coscientemente da anni di indebolire la AST per arrivare alla sua definitiva chiusura.

Gli operai di Terni oggi sono in lotta contro i licenziamenti, ma non sono i soli. Anche alla Fiat torna lo spettro della chiusra di interi stabilimenti e in tutt’Italia oltre 154mila lavoratori sono stati in cassa integrazione nel 2004 e 250mila posti di lavoro sono in pericolo nei prossimi mesi. Oggi il capitalismo è in crisi! Negli ultimi 10 anni è aumentato a dismisura il numero di fusioni tra grandi aziende multinazionali. Nella chimica, nella farmaceutica, nell’industria delle automobili (Fiat-General Motors), nell’acciaio. In questa situazione vengono presentate come misure di “rilancio”, in realtà le acquisizioni e le fusioni si fanno non per aumentare la produzione e l’occupazione, ma al contrario per chiudere le fabbriche, per mangiare i pesci piccoli, per conquistare quote di mercato. Così la Krupp si è presa l’AST, si è fusa con la Thyssen è oggi vuole chiudere: oggi il Magnetico, domani le controllate e lo stabilimento di Torino, poi… Non c’è nessuna giustificazione alla chiusura! La realtà è che ai padroni non basta fare profitti (e a Terni ne hanno fatti molti): ne vogliono fare sempre di più, a scapito di qualsiasi altra cosa. E allora ecco che spunta lo spauracchio dello stabilimento di Shanghai; che la produzione industriale cede il passo alla progressiva finanziarizzazione della multinazionale (cosa che ormai accomuna quasi tutte le grandi aziende, cominciando dalla Fiat e … dalla Parmalat). I sindacati, purtroppo, hanno accettato le privatizzazioni, abbellite da tante promesse su rilancio, investimenti, efficienza, assunzioni. Oggi ci troviamo davanti lavoro precario, piani industriali sballati e chiusura di interi settori dell’economia: la chimica e l’informatica sono praticamente scomparse, la siderurgia e l’automobile sono a rischio. Proposte dubbie e di incerta realizzazione, come quella di chiedere al governo di far vendere il Magnetico a “degli imprenditori interessati”, non garantiscono affatto i posti di lavoro. Uno dei punti di forza di viale Brin è proprio quello di essere un polo integrato e completo per l’acciaio elettrico, dalla fusione alla finitura. Qualsiasi “spezzatino”, così come l’intenzione di puntare tutto sull’inox, va nella direzione fin qui seguita: quella della chiusura. Bisogna invertire la rotta! Se la siderurgia statale non andava bene, la causa non era la sua proprietà pubblica, ma il fatto che era diretta da burocrati, democristiani e manager che avevano altri interessi. Di fronte allo smantellamento e alla chiusura dobbiamo lottare per la nazionalizzazione senza indenizzo! L’AST deve essere pubblica e controllata dai lavoratori! Si potrebbe partire da subito con il rilancio, con una domanda nazionale di 250mila tonnellate per l’acciaio a grano non orientato e di 100mila per quello a grano orientato ed un sito che senza bisogno di investimenti potrebbe già aumentare la produzione. Non esistono vie di mezzo: o lasciamo che i padroni difendano i loro profitti o difendiamo la vita e il lavoro di migliaia di operai. La strategia della Thyssen-Krupp finora è stata quella di prendere tempo, firmando accordi senza nessuna prospettiva reale per chiudere un po’ alla volta. Il governo ha mostrato da che parte sta, coprendo le manovre della multinazionale: non dobbiamo chiedere il suo intervento, ma le sue dimissioni! Vincere non sarà una cosa facile: bisogna continuare la strada intrapresa con gli scioperi, i blocchi stradali, il coinvolgimento di tutta la città, ma anche fare un passo avanti.

· Eleggere Comitati di Lotta, basati sulle assemblee di reparto

· Collegarli a tutte le forze che vogliono sostenere la lotta dell’AST (Rsu, studenti, disoccupati)

· Eleggere delegati di trattativa, che rispondano in ogni fase della vertenza ai lavoratori

· Creare un coordinamento europeo dei lavoratori Thyssen Krupp

· Lanciare una grande campagna di solidarietà con casse di resistenza che permettano di sostenere lo sciopero fino alla vittoria

· Aprire una dibattito democratico che coinvolga tutti i lavoratori per discutere la parola d’ordine della nazionalizzazione

· Cacciamo il governo dei padroni!

 

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