Nigeria Vento di rivoluzione - Falcemartello

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Vento di rivoluzione

Ieri a Lagos ha preso il via una serie di manifestazioni di protesta organizzate dai sindacali e da gruppi della società civile che coinvolgerà altre regioni nigeriane con un gran finale previsto ad Abuja, la capitale.

Queste manifestazioni sono la prima risposta diretta dei lavoratori al programma del regime di Obasanjo, ossequioso delle volontà del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale. Recentemente, e per la nona volta da quando prese il potere nel 1999, Obasanjo ha decretato un aumento del prezzo della benzina da 50 a 65 Naira (100 Naira sono pari a 0,58 Euro NdT).

Sfortunatamente la burocrazia sindacale ha fatto di tutto per escludere i lavoratori di base dall’organizzazione delle proteste, come si è visto al quinto meeting tenutosi il 5 settembre. E’ qui infatti che, insieme alle organizzazioni non governative, ha avuto mano libera nella pianificazione delle manifestazioni. Senza il pungolo della base questa riunione è stata appena in grado di dichiarare che uno sciopero generale sarebbe inefficace nel costringere Obasanjo ad ascoltare le proteste della popolazione. Come se ci fossero scioperi generali privi di programmi chiari e audaci in grado di ottenere qualcosa!

Le conclusioni della riunione hanno portato ad un cambio di tattica. E’ stata appunto respinta l’ipotesi di proclamare l’ennesimo sciopero generale, precisamente il quinto dal 2000 ad oggi, che, esattamente come gli altri, non avrebbe potuto che ottenere vittorie parziali, sempre a causa del ruolo giocato dai dirigenti. Invece di soffermarsi ad analizzare le debolezze di questa leadership e la mancanza di chiare e combattive parole d’ordine, si è preferito sostenere un’azione di massa “potente e combattiva” con manifestazioni di piazza e presidi. Come se queste da sole, senza il coinvolgimento della base militante, potessero mai ottenere qualcosa!

Qualche lavoratore tuttavia c’era e la pressione dal basso sulla burocrazia sindacale era evidente: negli occhi dei suoi rappresentanti si poteva leggere la paura dell’ignoto. In pratica imploravano i gruppi della società civile di condurli fuori dello stato confusionale in cui gli agenti del capitalismo li hanno confinati.

Nonostante l’inefficienza dei rappresentanti sindacali, questo meeting ha in ogni caso segnato un punto di svolta nella storia del movimento operaio nigeriano, specialmente se si guarda al periodo più recente del “ritorno allo stato di diritto” (teoricamente sancito con l’ elezione, il 29 maggio 1999, dell’attuale presidente, in realtà un ex generale dell’esercito NdT). I leader sono stati costretti a svoltare a sinistra, almeno a parole. Hanno chiesto all’unanimità di fermare privatizzazioni e vendita dei beni di pubblica utilità, ma hanno chiesto soprattutto la fine di questo regime, composto di veri e propri agenti del capitalismo, e delle sue politiche economiche neo-liberali per preparare finalmente l’avvento al potere della classe lavoratrice nigeriana. Sempre all’unanimità hanno concordato sul fatto che la lotta è politica ed ha già trasceso i limiti di una semplice rivendicazione economica: in pratica siamo alla rivoluzione permanente!

Queste parole d’ordine espresse dai dirigenti sono filtrate attraverso gli apparati burocratici verso la grande massa dei lavoratori e si sono diffuse rapidamente. Tanti lavoratori le hanno fatte proprie costruendoci sopra grosse speranze. Sebbene i leader sindacali non abbiano fatto nulla per mobilitare le masse, è la miseria imposta dal capitalismo a spingere la gente nelle strade. La pochezza della vita quotidiana è sufficiente a mobilitarla.

In questo momento un’educazione per i propri figli è oltre la portata della gente comune, quel poco che rimaneva di assistenza sanitaria pubblica è definitivamente collassato, il senso di insicurezza ha toccato apici mai raggiunti, 150.000 posti di lavoro pubblici sono stati tagliati, oltre 51.000 ferrivieri sono stati licenziati senza risarcimento, 20.000 marittimi stanno aspettando la stessa sentenza per lettera e le Ferrovie Nigeriane sono state liquidate lasciando senza lavoro migliaia di persone. Tutto ciò in aggiunta agli oltre 30 milioni di nigeriani che già vagabondano per le strade. Sono queste condizioni ad aver mobilitato le masse alle spalle delle organizzazioni sindacali.

La dimostrazione di ieri a Lagos ha spaventato gli stessi organizzatori. I dirigenti sindacali non avevano chiesto ai lavoratori di non recarsi al lavoro per prendervi parte, e tuttavia essi sono comparsi numerosi sulla scena per chiedere a gran voce la fine del regime di Obasanjo e per incoraggiare i propri leader a prendere il potere. In quest’occasione noi, come marxisti del Workers’ Alternative, abbiamo prodotto un giornale speciale. Abbiamo esaurito le 974 copie a disposizione. Se ne avessimo avute 10.000, come ha giustamente osservato qualche compagno, le avremmo vendute tutte. La gente era affamata di notizie ed aveva una disperata esigenza di chiarezza su temi tanto cruciali.

Chi scrive è stato diretto protagonista di una scena curiosa: un poliziotto che stava origliando mentre discutevo nel mezzo di un gruppo di persone mi ha avvicinato con circospezione al momento di allontanarmi pregandomi di seguirlo; così mi sono ritrovato sotto un albero, al riparo dagli occhi indiscreti dei loro ufficiali, a discutere con sei poliziotti sulle possibilità di presa del potere e a rispondere alle loro domande. Alla fine hanno acquistato cinque copie dei nostri giornali e mi hanno infinitamente ringraziato per averli illuminati su questi argomenti

I poliziotti dispiegati a controllare la manifestazione stavano semplicemente seguendoci e si poteva leggere nei loro sguardi la totale solidarietà nei nostri confronti. Era anche evidente che molti militari erano rapidamente rientrati in caserma per togliersi le uniformi e mettersi in abiti civili e si erano uniti in gran numero alla dimostrazione.

Ci siamo spostati a Ikeja, la capitale dello stato di Lagos, dove Oshiomole (leader del Nigerian Labour Congress, la centrale sindacale nigeriana), il professor Wole Soyinka (vincitore del premio Nobel per la letteratura nel 1986, in esilio volontario durante il regime dittatoriale del generale Sani Abacha conclusosi nel 1998 NdT), dirigenti sindacali e di movimenti civili si erano uniti alla locale manifestazione. Tra la folla, assai pochi erano quelli senza drappi rossi. Un lavoratore ha sottolineato che rosso è il colore della rivoluzione, aggiungendo che aveva volentieri indumenti di questo colore per l’occasione. Lo slogan “Rivoluzione adesso!” echeggiava nelle orecchie dei partecipanti.

Persino i liberali invitati a parlare hanno evitato i discorsi vuoti che conosciamo bene. Temevano la folla e ci hanno messo molto poco a diventare “rivoluzionari”. Anche loro hanno chiesto la fine del regime e denunciato la condotta di FMI e Banca mondiale. Da bravi camaleonti, sanno cambiare colore da un momento all’altro. Possono prestare la bocca a qualunque discorso per rimangiarselo al momento opportuno.

La manifestazione di ieri a Lagos è solo la prima, altre ne sono previste in sei regioni del Paese, l’ultima delle quali ad Abuja. Il messaggio è comunque molto chiaro: potere operaio ora, stop alle privatizzazioni, sanità e educazione libere per tutti e, tanto per cominciare, Obasanjo se ne deve andare!

Queste rivendicazioni potrebbero trovare risposta, e troveranno risposta, solo se i dirigenti sindacali, con costanza, tenacia e coraggio sapranno renderle evidenti agli occhi di milioni di lavoratori e poveri nigeriani che sono affamati di ideali, ansiosi di trovare soluzioni e desiderano ardentemente un futuro migliore.

Giovedì 15 settembre 2005