Parma – Il 13 giugno la Cft, azienda di 354 dipendenti tra i leader nella produzione di impianti per il settore agroalimentare, sbatte in faccia a sindacati e lavoratori, con l’arroganza propria di un Marchionne all’emiliana, l’apertura di una procedura di licenziamento collettivo per 64 lavoratori.
Non 64 a caso su 354, bensì 64 lavoratori con nomi e cognomi precisi nascosti dietro la foglia di fico della chiusura e/o la ristrutturazione di alcuni reparti specifici.
Il padrone ha deciso di scaricare sui lavoratori la sua mala-gestione aziendale (80 milioni di euro di debiti su un fatturato di poco più di 100).
La vertenza è iniziata con lo schieramento di una squadra di body guards privati ai cancelli della fabbrica, con il chiaro intento di limitare l’agibilità sindacale e di impedire forme di lotta radicali all’interno del perimetro aziendale.
In un primo momento la reazione della Fiom è stata pronta e si sono organizzati picchetti e più di 20 ore di sciopero cui i lavoratori hanno risposto in massa.
Al rientro dalle ferie, inspiegabilmente, azienda e sindacati hanno poi siglato un accordo che nei fatti dà all’azienda esattamente quello che voleva. Non solo 64 licenziamenti ma soprattutto quei 64 che il padrone voleva licenziare, senza alcun tentativo di imporre un altro piano industriale che preservasse l’occupazione. Recita infatti al punto 6 il testo siglato il 30 settembre in provincia da azienda e sindacati: “Resta espressemante convenuto che al termine della Cigs e della sua eventuale proroga, i lavoratori individuati come al precedente punto C (cioè l’elenco avanzato dall’azienda - Ndr) ove non ancora aderenti alle procedure di collocazione in mobilità volontaria (…), saranno licenziati e posti in mobilità senza necessità di attivare nuovamente la procedura (…)”.
L’accordo siglato in precedenza tra le parti (come ipotesi di accordo in data 13 settembre) al punto 5 prevede anche che “in caso di mancata approvazione in sede ministeriale del provvedimento di cassa, la mobilità dei lavoratori interessati al presente accordo decorrerà dalla data di mancata approvazione ministeriale del provvedimento di Cigs”.
Come può la Fiom, che ha fatto della difesa dell’occupazione una sua bandiera, firmare un accordo che preveda licenziamenti imposti dall’azienda? Soprattutto in una delle pochissime province in cui la Fiom ha una maggioranza della Rete28Aprile in cui anche il sottoscritto si riconosce? È giusto dare un parere critico sui pessimi accordi che anche la Fiom sigla in giro per il paese, ma come possiamo comportarci anche noi allo stesso modo? Perché alla Terim di Modena i compagni in una situazione ben più difficile e disperata di quella della Cft, riescono a impedire il diktat dei licenziamenti imposti e noi a Parma, in condizioni decisamente più favorevoli, no?
Perché, per esempio, non si è neanche provato ad avanzare la rivendicazione dei contratti di solidarietà al posto dei licenziamenti e si è di fatto accettato un piano industriale che ci riporterà presto a trovarci esattamente nelle stesse condizioni di oggi? È bene aprire una discussione molto seria nella Fiom di Parma per capire dove si ha intenzione di andare e se Landini e la linea della Fiom nazionale vengono criticate “da sinistra” solo a parole o anche con i fatti scritti nero su bianco!
*lavoratore CFT iscritto Fiom