Milano – Direct Line è una compagnia assicurativa economicamente florida che ha recentemente festeggiato il milione di polizze stipulate. Eppure, poco più di un mese fa le Rappresentanze sindacali aziendali (Rsa) hanno comunicato ai dipendenti che l’azienda chiede dimissioni volontarie incentivate con il versamento di 30 mensilità. A detta dell’azienda va migliorato il rendimento del lavoro e per questo comincerà cercando 49 “volontari” che andranno pescati su una lista di 132 dipendenti che, secondo i canoni di un pagellino semestrale, non corrispondono ai parametri di produttività. Tali parametri sono e vengono percepiti come del tutto discrezionali. A chi rifiutasse di dimettersi l’azienda applicherà un “monitoraggio più attento”. Già cinque lavoratrici impiegate nella vendita delle polizze in diversi centri commerciali sono state licenziate e ad altre due non è stato rinnovato il contratto.
A fronte di questo atteggiamento arrogante e minaccioso dell’azienda, le lavoratrici e i lavoratori, convocati in una prima assemblea dalle Rsa il 21 ottobre scorso, hanno spinto le organizzazioni sindacali a reagire chiedendo la convocazione di uno sciopero immediato. Nell’assemblea vengono decise 16 ore di sciopero a partire dal 23. Il primo giorno l’adesione è molto alta, pari all’85%. Serpeggia fra i dipendenti la preoccupazione su come condurre la battaglia, emerge la necessità di confrontarsi su come proseguire, intanto lo sciopero per il giorno successivo viene revocato e viene convocata una nuova assemblea per il 25 ottobre. Nel corso dell’assemblea sono state espresse alcune critiche alla Rsa in una normale dialettica che da sempre ha caratterizzato il confronto sindacale in Direct Line. Se esiste un Contratto integrativo aziendale (Cia) che è tra i migliori della nostra categoria, questo è stato grazie al conflitto e al dibattito costante che ha visto partecipi tutti. La democrazia sindacale e il rispetto della volontà delle lavoratrici e dei lavoratori rende più forte il sindacato in azienda. Il controllo dei rappresetati sui rappresentanti, lungi dal rappresentare una loro delegittimazione, è l’unico modo per costruire un solido rapporto di fiducia fra chi lotta e quell’unità che ci serve per vincere le battaglie. Purtroppo in assemblea alle critiche si è risposto da parte di alcune/i delegate/i in modo isterico, tanto che ad alcuni non è stato neppure consentito di parlare.
Nell’assemblea del 25 è stato deciso che le Rsa avrebbero chiesto un incontro all’azienda e che di fronte a una eventuale chiusura alle istanze sindacali, sarebbe stato convocato un altro sciopero.
Cosa è successo nel frattempo? Abbiamo verificato la totale chiusura dell’azienda, abbiamo fatto uno sciopero il 4 novembre scorso, peraltro anche questo ben riuscito, poi nulla… e l’azienda, come se nulla fosse ha iniziato i colloqui individuali, applicando la sua linea.
La Rsa ha inviato una sorta di vademecum su come comportarsi in questi colloqui, tuttavia ci domandiamo: ma per cosa abbiamo scioperato il 23 ottobre e il 4 novembre scorso? Noi avevamo discusso nelle assemblee che l’obiettivo era costringere l’azienda a rinunciare alla “riduzione” del personale. Peraltro sul suo sito ufficiale l’azienda ricerca posizioni lavorative, fra cui consulente di vendita, e dunque non esiste alcuna giustificazione ai licenziamenti, se non quella di liberarsi di figure a lei scomode, indebolire il nostro potere contrattuale e magari imporci, nei prossimi mesi, la rinuncia a tante delle nostre conquiste contenute nel Cia.
Altro che vertenze legali, dobbiamo confrontarci e definire la nostra controffensiva!
È necessario convocare un’assemblea in cui si faccia il punto della situazione: degli scioperi, dei licenziamenti, dei colloqui e del contratto in scadenza. Alla luce dell’esperienza di queste settimane esce rafforzata l’idea di costruire il massimo coinvolgimento di tutte e tutti, praticando la democrazia sindacale per non ritrovarci divisi e isolati nel confronto-scontro con l’azienda.
Il nostro passato lo ha dimostrato: la lotta unita di tutti paga!