MODENA. Che lottare fosse una condizione permanente per i lavoratori salariati, gli operai e le operaie della Terim lo avevano compreso da anni. Tuttavia, dopo l’ultima vittoria dello scorso aprile contro i 45 licenziamenti politici, nessuno immaginava che a distanza di così pochi mesi ci saremmo ritrovati nuovamente in trincea con l’asticella dello scontro spostata ancora più in alto. I sintomi che sarebbero arrivati nuovi problemi erano già manifesti nella reticenza dell’azienda ad internalizzare le produzioni garantite nello scorso accordo. Dal mese di settembre si era passati a quello di marzo e l’incontro che avrebbe dovuto sancire il raddoppio della produzione, di converso, ha decretato la situazione pre-fallimentare, che pare incombere sull’azienda.
A scanso di equivoci, la Terim è una azienda sana sia industrialmente che per quanto concerne il mercato. La crisi è puramente finanziaria ed è stata causata dalla cattiva gestione del padrone e delle sue scelte industriali. Le ristrutturazioni di questi ultimi sei anni hanno visto dilapidare quasi 50 miliardi di euro (questo è il passivo attuale contro un fatturato di 90 miliardi), sperperati dietro ai deliri di sei direttori industriali, tre amministratori delegati “illuminati” e schiere di consulenti pagati a peso d’oro. Tutto quello che questi capitani d’impresa hanno saputo produrre sono stati 45 mesi di cassa integrazione per i lavoratori ed il fallimento di un azienda leader a livello europeo nel settore dell’elettrodomestico, praticamente un naufragio. Ma la nostra fabbrica non farà la fine di una nave da crociera capitanata da un vile incapace! Noi siamo ammutinati da anni e, se nessun padrone vorrà intervenire salvando tutta la forza lavoro ed il patrimonio produttivo, siamo disposti a tutto, anche a prendere possesso della nave!
Dopo una prima comprensibile fase di sgomento, i lavoratori hanno prontamente reagito organizzando presidi davanti alle fabbriche (mentre scriviamo vanno avanti da 26 giorni consecutivi) con l’obiettivo di evitare che vengano trafugate attrezzature produttive. Questa ennesima lotta, per quanto dura ed esiziale, porta con sé un immenso pregio, quello di aver riunificato i lavoratori di entrambi gli stabilimenti.
Tutte le fandonie millantate dal padrone in questi anni, erano riuscite a dividere uno strato significativo dei lavoratori di Rubiera (Re) da quelli di Baggiovara (Mo). Quelle stesse menzogne hanno creato un Golem, che si è rivoltato contro il suo stesso creatore. Quando si verificano dinamiche di questo tipo l’epilogo ricorrente sono gli “spezzatini d’azienda” ed anche nel nostro caso ci stiamo già difendendo da queste ricette.
Dopo tre settimane si sono già profilate due proposte, una peggiore dell’altra. Entrambe hanno alla base la volontà di licenziare due terzi della forza lavoro (250 su 400) chiudendo definitivamente il sito storico di Baggiovara per metterlo in mano a banche ed assicurazioni. Per i pochi “sopravvissuti” l’unica certezza sarebbe lavorare durante l’esercizio straordinario del concordato preventivo, per poi ritrovarsi in un’azienda esautorata dei propri marchi, clienti e fette di mercato. Praticamente in una scatola vuota diretta verso un fallimento certo.
Il fatto che i lavoratori di Rubiera non si lascino più abbindolare dal concetto di “mors tua vita mea” è un punto di forza e di consapevolezza. Gli stessi impiegati, storicamente impermeabili alle lotte di questi ultimi dieci anni, hanno compreso che siamo tutti sulla stessa barca. Naturalmente tutta questa coscienza ancora non corrisponde ad un coinvolgimento attivo nella contesa. Ad ogni modo, bocciare in assemblea questi tranelli non era un esito predefinito fino a pochi mesi fa, anzi.
Questa vertenza potrà durare mesi ed occupare gli stabilimenti non è tanto una minaccia quanto parte di un percorso sostanzialmente obbligato. La discussione sull’occupazione ha caratterizzato i capannelli dei lavoratori sin dai primi giorni di presidio, ciònonostante ha ancora bisogno di essere approfondita politicamente, oltre che essere calata più concretamente in una fase diversa da questa, che ci vede ancora alle prime battute. Per adesso siamo impegnati in una massiccia operazione di propaganda e contro-informazione che aggreghi consenso attorno alla nostra lotta portandola oltre i confini dei cancelli. Volantinaggi davanti alle fabbriche più importanti, i centri commerciali, gli ospedali e nei centri cittadini di Modena, Rubiera e Soliera hanno contraddistinto gli ultimi giorni.
Nelle prossime ore daremo vita ad un comitato di sciopero, che esiste già da anni fattivamente nel “picchetto” della Terim. Tra le prime iniziative in cantiere ci sono una cena di gruppo di autofinanziamento e la proiezione notturna sui muri della fabbrica di filmati sulle fabbriche autogestite in America Latina. Sì, perché questa è la nostra rivendicazione finale. Se la Terim non sarà salvata con tutti i suoi dipendenti chiederemo che venga nazionalizzata sotto controllo operaio. Delle due l’una!
*Rsu Terim