Come di consueto governo e padroni approfittano della calura estiva per infilare nei loro decreti articoli e paragrafi che vanno a colpire la nostra già martoriata Università.
Anche il governo Letta infatti non ha deluso le aspettative in tal senso: ecco dunque che spuntano alcuni articoli del decreto riguardanti proprio il finanziamento universitario, in particolare il Ffo (Fondo di finanziamento ordinario) e le “borse di mobilità” (alias borse di studio).
Di facciata, il provvedimento dovrebbe portare ad un aumento dei fondi per l’istruzione universitaria, mentre nei fatti si tratterà solo di un rimescolamento di carte. Infatti, il denaro che dovrebbe andare a coprire il “nuovo” Programma nazionale per sostegno a studenti capaci e meritevoli, non sarà incrementato, ma semplicemente spostato dal Ffo, il quale a sua volta confluirà nel fondo di finanziamento unico per le università (comprendente fondi per ricerca, dottorati, ecc.) e che viene ulteriormente ridotto da 7 a 6,3 miliardi.
Di fatto poi i criteri per accedere alla borsa sono sempre gli stessi, in nome della tanto esaltata (anche in ambienti sinistroidi) meritocrazia: voti eccellenti alla maturità, media non al di sotto del 28 e nessun voto sotto il 26, obbligatorietà della sede universitaria lontano dalla città di residenza, insomma, la solita storia del “se vuoi una mano, devi essere un genio ed eccellere in tutto (anche se di tuo non hai il becco di un quattrino per formarti), mentre se sei semplicemente “normale”, non hai il diritto di studiare!”. Sempre a proposito del merito abbiamo anche altre chicche residuali del passato, precisamente dalla Gelmini, che ovviamente il caro Letta non può non sottoscrivere: si tratta della “Fondazione per il merito”, istituita dalla legge Gelmini, fondazione a carattere misto pubblico/privato che a quanto pare dovrebbe gestire i fondi per il merito (ossia quelli decisi in base alle classifiche dell’Anvur, un test a crocette sul modello dell’Invalsi, il quale con questo decreto entra ufficialmente come criterio di valutazione delle università), e che dovrebbe occuparsi di incentivare “percorsi formativi di eccellenza”. Il problema fondamentale è che, a quanto pare, il finanziamento dell’ente (240 milioni, per ora), che non ha mai funzionato fino ad oggi, dovrebbe venire dalle imprese, mentre invece verrà sottratto alla quota, 1,2 miliardi, stanziata come aumento (fittizio), del finanziamento alle Università meritevoli (definite tali sempre in base ai criteri Anvur).
Tutto sommato c’è di che congratularsi con il governo per l’ennesima operazione di equilibrismo mal riuscita, nel presentare come aumenti di fondi tagli e meri spostamenti di denaro fra un ente e l’altro.
Le Regioni, responsabili del finanziamento del Ffo, e la Crui si sono scagliate contro il decreto legge, in particolare la seconda, dichiarando che “invece di prevedere fondi specifici e additivi per la causa sacrosanta dei capaci e meritevoli, si tolgono all’intero sistema universitario”. Noi non possiamo essere d’accordo con proteste espresse in questa forma: qui non si tratta di meritevoli o non meritevoli, quella è solo una scusa per abbindolare gli ingenui; qui si tratta della difesa di un diritto, il diritto allo studio, che viene calpestato ogni giorno in nome del dio denaro! L’istruzione diviene merce e la meritocrazia viene valutata solo in base a quanto si può spendere per formarsi, a quanto sia prestigiosa l’università in cui ci si laurea o il master cui si può accedere. Questa situazione non è accettabile, ma per cambiarla non bastano le parole: ne sono state spese anche troppe negli anni e la situazione non fa che peggiorare, semplicemente perché si cerca sempre di evitare il nocciolo del problema, il sistema capitalistico! Contro questo bisogna organizzarsi e lottare, per riavere dei diritti che oggi non sono più tali, ma sono solo “servizi a pagamento”.