Crema – Da circa due anni il collettivo Csp-Sempre in lotta è impegnato in una campagna contro i contributi scolastici “volontari”.
Lo scorso anno a causa di questa campagna era stato contestato duramente il preside dell’istituto tecnico “L. Pacioli” che aveva adottato una serie di misure “persuasive” contro gli studenti non paganti: revoca di alcune assemblee studentesche, pressioni per il pagamento, annullamento di una serie di servizi scolastici ai non pagamenti, attacchi verbali al collettivo e ai suoi militanti durante i Consigli d’istituto.
Nonostante le sue misure, decine di studenti del Pacioli si rifiutarono di pagare, mentre la pratica del non pagamento si diffuse in tutte le scuole cremasche con centinaia di studenti che al grido “Contributo volontario? No grazie!” non versarono un solo euro alle scuole. A tale situazione, quasi tutti i presidi nonostante fossero allarmati non reagirono per non vedersi coinvolti nelle proteste e polemiche anche perché la “questione Pacioli” divenne così calda da arrivare in Parlamento attraverso un’interrogazione al ministro Carrozza.
E se l’anno scolastico si chiuse con il preside del Pacioli che disse “voi del Csp siete stati scorretti, mi avete attaccato con tutti i mezzi!”, l’apertura del nuovo anno scolastico ha visto l’espansione del “metodo Pacioli”.
Infatti, il preside del liceo “A. Racchetti”, scuola dove in alcune classi nessuno ha pagato il contributo, ha adottato una serie di provvedimenti che trasformano il contributo volontario quasi in un’imposta con tanto di “condono fiscale”: se non paghi non hai accesso a nessuna iniziativa (da quanto comunicato probabilmente si è esclusi anche dalle gite), se i 2/3 della classe non hanno pagato la discriminazione viene estesa a tutta la classe, i non paganti hanno tempo fino al 30 settembre per mettersi in regola pagando i contributi in modo da poter accedere ad alcune delle iniziative scolastiche. Nessuno è esonerato nemmeno per motivi di reddito.
Le misure arrivano a settembre momento di riorganizzazione del collettivo e del movimento studentesco. Tuttavia, nel giro di una settimana siamo stati in grado di mettere in piedi una campagna di difesa dei non paganti del Racchetti anche grazie all’esperienza accumulata con il “caso Pacioli” e alla rabbia degli studenti del liceo, rabbia che per alcuni di loro si è trasformata in organizzazione iniziando a partecipare al collettivo Csp.
Alla richiesta di andare a chiedere i soldi al ministero invece che alle famiglie il preside risponde tramite la stampa locale dicendo “anche la sanità è pubblica eppure si paga il ticket, non vedo il motivo di non dover far pagare qualcosa anche per la scuola pubblica”. Con questa affermazione l’intento sembra chiaro, si vuole trasformare la scuola pubblica e gratuita in una scuola a pagamento. Se da un lato il preside afferma questo, dall’altro inizia a scaricare le responsabilità: “non è stata una mia decisione, è una delibera del Consiglio d’istituto. L’Autonomia scolastica dice che i Consigli d’istituto devono reperire forme di finanziamento, come questa ad esempio”. È vero che secondo l’autonomia scolastica, che pure contestiamo, i Consigli d’istituto hanno il potere di chiedere un versamento alle famiglie e decidere a quanto farlo ammontare. è altrettanto vero però che tale versamento è volontario e pertanto consigliamo al preside, sperando che l’errore sia in buona fede, di andare a leggere meglio la normativa (legge 40/2007 all’art 13, circolare ministeriale del 20 marzo 2012).
Vogliono che l’istruzione torni ad essere riservata all’élite. Lo giustificano dicendo che mancano i soldi, bisogna pagare il debito. Dobbiamo rispondere che il debito non va pagato, ai loro attacchi la scuola deve reagire tutta insieme, lavoratori e studenti, perché solo insieme si può vincere. L’istruzione deve restare pubblica e deve tornare a essere di qualità!