Non mancano certo, in Piemonte, dei varchi importanti nei quali inserire l'attività politica dei comunisti. Tra le numerose strade da percorrere, la scelta di imbarcare il nostro partito nell'impresa di riconfermare la giunta Bresso alla guida della Regione non è sicuramente la più azzeccata.
Cinque anni di governo insieme al centro sinistra non hanno prodotto un avvenire radioso per le masse popolari piemontesi. Pur senza approfondire in questa sede, basta citare i casi del trasporto pubblico (grandi opere contro servizi per i pendolari) o dell’istruzione (soldi alle scuole private). La direzione del Prc, invece, si mostra di diverso avviso ed esalta in particolare il lavoro del nostro assessore alla sanità Artesio. Perciò, invoca pubblicamente la necessità di riproporre la giunta e la coalizione uscenti. Ora, ammettendo anche il lavoro alla sanità non sia stato negativo, poniamo un paio di domande: 1) Se questo è sufficiente per determinare una linea politica, perchè non chiudiamo il partito e lo trasformiamo nell’ufficio di staff della compagna assessore? 2) Per un partito comunista, è sufficiente una “buona amministrazione” e una gestione della sanità che abbia messo dei “paletti” all’entrata dei privati, vale a dire la solita riproposizione del “meno peggio”?
Ad ogni modo, la risposta a tali obiezioni ce l’hanno data i vertici del Pd quando, dopo mesi di trattative fittizie, hanno dichiarato: “L’epoca degli accordi con la sinistra è concluso”. Si è costituita pertanto una coalizione centrista che include l’Udc, accettata senza fiatare dall’Italia dei Valori. Assi portanti del programma: Tav e ingresso dei privati nella sanità. In caso di vittoria, il nuovo assessore alla sanità sarà proprio il leader locale dell’Udc. La risposta di Rifondazione? Un appoggio tecnico alla coalizione Bresso (inclusa la presenza nel listino del presidente, ma già appaltata al Pdci). Ovvero, regalare il nostro sostegno a chi con noi non ha niente a che fare, e che, per farcelo capire, ci ha pure sbattuto la porta in faccia. Da notare: ad oggi, non una parola sui siti web del partito in merito all’accordo. Forse qualcuno almeno un po’ di vergogna la prova...
Approfondiamo allora i motivi che hanno indotto i vertici del partito a tale scelta, accettata dal Cpr con 18 voti a favore contro 6. Innanzitutto, battere la coalizione avversa a guida leghista: sacrosanto, ma sono quindici anni che questo leitmotif ci conduce a sostenere blocchi sempre più moderati. Risultato: destra egemone nel Paese, forze nel movimento operaio disgregate ed allo stremo. Che sia il caso di provare a cambiare tattica? Poi, si argomenta con il risultato negativo delle scorse elezioni provinciali, nelle quali il Prc si presentò da solo. È già di per sé singolare che la tesi in oggetto sia sollevata dallo stesso gruppo dirigente dell’epoca, pertanto con qualche responsabilità in merito. Ma, soprattutto, la citata tornata elettorale seguiva nuovamente cinque anni di collaborazione con il centro sinistra. Dopo mesi di estenuanti trattative, la scelta fu di fatto imposta e subita all’ultimo momento; un risultato diverso era ben difficile. Infine, si sostiene la necessità di sfruttare il contributo economico che uno o più eletti in consiglio potrebbero fornire alle casse del partito. È chiaro come un forza comunista che stia in piedi solo grazie all’obolo delle istituzioni borghesi, e giustifichi su tale prospettiva i propri cedimenti di linea politica, non abbia molto futuro.
Per fortuna qui in Piemonte il partito, per quanto debole ed in difficoltà, è molto meglio di come lo dipingono i propri dirigenti. La sinistra del Prc ha presentato nelle scorse settimane un appello contro lo scempio di tale accordo. Abbiamo portato la nostra battaglia in tutte le istanze regionali del partito in cui siamo presenti. L’appello, pur nella limitata circolazione che siamo riusciti a dargli, ha raccolto adesioni ben oltre le nostre forze. Un bel segnale ed una battaglia che continua.