Le politiche di austerità e tagli imposte dai governi alle popolazioni di tutto il mondo imperversano ormai da alcuni anni, fino a far apparire quasi eterna la crisi economica. Ebbene, un rapporto degli economisti dell’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) ci dà finalmente un’idea della nostra situazione e prospetta una data in cui, grazie ai sacrifici dei lavoratori, i grandi padroni supereranno il ristagno economico: l’austerità durerà… fino al 2060!
L’Ocse prevede infatti una crescita economica destinata a rallentare fino ai 2/3 del suo tasso attuale, con un imponente aumento della disuguaglianza (+30%) per i prossimi 46 anni. Dopo questo allegro mezzo secolo di austerità, che nonostante sacrifici disumani porterà ad una crescita dell’economia globale solo del 3%, il nostro sistema economico dovrebbe tornare a condizioni più felici, ossia ad uno sfruttamento appena più blando della classe lavoratrice e, magari, alla concessione di qualche briciola in più per la popolazione.
Queste previsioni del rapporto Ocse – e qui sta la parte più interessante – sono le più ottimistiche e si verificheranno in circostanze “idilliache”: se, e solo se, ci sarà una rapida crescita nella produttività; se, e solo se, 50 milioni di persone si sposteranno negli Stati Uniti ed Europa per rifornire i padroni di manodopera sfruttata e a basso costo; se, e solo se, lo sfruttamento in regime di libero mercato delle risorse del nostro pianeta non avrà portato alla distruzione di vaste aree geografiche; se, e solo se, ci saranno più privatizzazioni e più austerità.
E qui casca l’asino. Le innumerevoli rivolte e processi rivoluzionari che si sono aperti in tutto il mondo a partire dal 2008 e dall’inizio della crisi economica ci mostrano come i giovani e i lavoratori siano fondamentalmente contrari a un regime di costante disoccupazione e impoverimento di massa già quando è protratto per sei anni consecutivi… Come possa l’Ocse aspettarsi che i lavoratori di tutto il mondo restino a braccia conserte per cinquant’anni è un mistero!
Soprattutto perché questo rapporto indica invece una cosa chiarissima: il capitalismo, come sistema economico storicamente necessario per lo sviluppo umano, ha definitivamente esaurito il suo ruolo. Già da tempo i marxisti erano in grado di affermarlo, è però assai notevole che i migliori economisti della classe dominante non abbiano stavolta dalla loro una difesa migliore di una scrollata di spalle e un tentativo di arroccarsi sul mantenimento dei propri privilegi in una stagnazione cinquantennale, auspicando che la popolazione capisca quale onore sia sacrificarsi per il mantenimento di una casta inutile, improduttiva, predatrice, guerrafondaia e senza scrupoli.
Siamo in una situazione per certi versi simili a quella che ha portato alla Rivoluzione Francese, con un sistema economico ormai sull’orlo della bancarotta, con una classe dominante non solo incapace di porre un freno alla crisi, ma nemmeno in grado di comprenderla, con un’immensa disparità sociale in grado di fomentare la rabbia popolare: è precisamente quella situazione in cui un solo evento, anche apparentemente insignificante, può portare allo scoppio di un processo rivoluzionario. Questa volta, tuttavia, non sarà una piccola parte della società ad andare al potere, la rivoluzione non sarà fatta per essere governata da una minoranza: il capitalismo potrà essere sostituito solo da un sistema diretto dalla classe lavoratrice, ossia la stragrande maggioranza della popolazione.
Ma il capitalismo, per quanto fallimentare, non si estinguerà da solo: è compito nostro abbatterlo. Occorre quindi costruire da subito l’organizzazione rivoluzionaria della classe lavoratrice, unica via per la trasformazione della nostra società in senso socialista.