Lacrime di coccodrillo dei soliti predoni
Negli ultimi mesi ha preso piede un movimento di opinione che chiede ai paesi avanzati di eliminare almeno una parte del debito dei paesi più poveri. Sebbene molti sostenitori di questo movimento siano in buona fede, occorre stare attenti, perché quando presidenti, pescecani della finanza e cardinali fanno finta di commuoversi e di mettere mano al portafoglio è perché hanno già calcolato che ci andranno a guadagnare, e molto.
Bisogna dunque spiegare che cosa si nasconde dietro questa inattesa generosità e cosa prepara. In particolare, cercheremo di soffermarci sul ruolo di Fondo monetario e Banca Mondiale, contro cui, giustamente, si scatena un particolare odio da parte del "popolo di Seattle".
L’indebitamento dei paesi arretrati è un carattere strutturale delle relazioni capitalistiche mondiali. In ultima analisi, esso deriva dal semplice fatto storico che i paesi arretrati si affacciano sull’arena della competizione mondiale quando il mondo è già diviso tra potenze imperialiste che li sovrastano tecnologicamente e militarmente.
Le multinazionali controllano i settori vitali dell’economia mondiale, non solo e non tanto grazie al puro potere politico e militare, che pure è presente, ma grazie alle leggi di funzionamento del libero scambio. Poiché ogni merce viene venduta sulla base dei suoi costi di produzione e poiché le multinazionali hanno le risorse per migliorare continuamente la tecnologia riducendo i costi, i produttori dei paesi arretrati si trovano costantemente tagliati fuori dal mercato.
L’eredità di secoli di colonizzazione ha poi lasciato molti di questi paesi del tutto legati a una sola merce (spesso una materia prima); così quando il prezzo di questa merce cala, questi paesi subiscono veri tracolli nel giro di pochi giorni. D’altra parte, quando i prezzi salgono, come è il caso del petrolio ultimamente, ad arricchirsi sono pochissime persone, sia nei paesi produttori che in quelli consumatori.
A ciò si aggiunge il peso crescente della finanza mondiale, che ha conquistato i mercati finanziari locali: si consideri che nel ’94 l’8% del settore bancario dell’Europa orientale era in mani estere, oggi è già il 60%, in America Latina il 50% e così via.
Gli aiuti occidentali
Una volta stabilita l’inevitabilità dei debiti dei paesi poveri, occorre però anche aggiungere che ci sono debitori e debitori. Non bisogna mai dimenticare che il più grande debitore del mondo è l’America. Gli Stati Uniti accumulano con il resto del mondo un debito al ritmo di 30 miliardi di dollari al mese. Ma non ci risulta il Fondo monetario faccia grandi pressioni su Washington. Non a caso.
Il ruolo del FMI è sostanzialmente di assicurare i profitti delle banche americane, e occidentali in genere, nei loro affari nel terzo mondo. Ha cioè lo stesso compito dell’esercito o della flotta americana, e opera con armi altrettanto micidiali. Con il crollo dell’Urss i paesi del terzo mondo non hanno avuto più alternative, per avere accesso ai prestiti non c’era che presentarsi dal Fondo col cappello in mano.
Il crollo delle materie prime, lo strapotere delle multinazionali sono fattori che hanno peggiorato enormemente le condizioni sociali e finanziarie di questi paesi. Inoltre i vari paesi imperialisti li usano come burattini per combattere tra loro guerre per procura. Ovviamente, dopo avergli venduto immani quantità di armi, i governi occidentali si lamentano che in quei paesi i soldi degli "aiuti" vanno sprecati in armamenti…; in generale bisogna ricordare che per ogni dollaro d’aiuto che va a questi paesi, ne tornano due sotto forma di commesse a ditte americane.
In cambio di uno sconto sul debito il parlamento americano ha varato il "Nafta for Africa", un accordo che apre le porte dei paesi africani alle aziende americane. Come al solito, in cambio di quattro soldi, un intero continente è stato venduto al miglior offerente.
I "piani di aggiustamento strutturale"
Quando un paese arriva alla bancarotta, Il Fondo monetario interviene per evitare che a rimetterci siano i creditori, cioè le banche occidentali e propone al paese un accordo capestro così concepito: per prima cosa si avviano le "riforme strutturali" dell’economia e cioè: si distrugge lo Stato sociale, si svaluta la propria moneta, si abbassano i salari, si svendono le aziende migliori alle multinazionali, insomma si rende il paese appetibile per il capitale occidentale. Dopo di che si passa a "rimodulare" il debito, cioè a suddividerlo in più rate. Chi osa ribellarsi viene punito (ad esempio, di recente la Moldavia non ha privatizzato le aziende del settore agricolo rapidamente come voleva il FMI e quello ha ritirato gli aiuti).
Dall’inizio degli anni ’80, oltre novanta paesi sono stati costretti a ricorrere ai famigerati piani di aggiustamento strutturale, grazie ai quali la finanza americana diviene il vero governo del paese.
La politica del Fondo ha enormemente impoverito i paesi arretrati, li ha ancor più resi dipendenti dalle multinazionali e ha tra l’altro ingigantito spaventosamente i loro debiti che erano di 75 miliardi di dollari nel 1970 e di 900 nell’1985. Tra il 1980 e il 1998 la sola America latina è passata da 205 a 706 miliardi di dollari di debito.
Il funzionamento di queste istituzioni è lo specchio fedele dei loro padroni. Così, i funzionari del Fondo, che già guadagnano centinaia di migliaia di dollari l’anno, si sono aumentati gli stipendi del 25% in tre anni. Il recente meeting di Okinawa che è costato 500 milioni di dollari (4 milioni solo per costruire la casa di Clinton), sarebbe bastato a pagare il debito di 3-4 paesi!
"Quando decide di assistere una nazione, il Fondo vi manda una "missione" di economisti cui manca in molti casi una conoscenza approfondita del Paese: tornano a casa con idee molto più chiare sulla qualità degli alberghi a cinque stelle che sulla realtà dei villaggi." (Joseph Stiglitz, vicepresidente della Banca Mondiale)
Un esempio istruttivo. La Guinea stava portando avanti il suo piano di aggiustamento strutturale in modo "magnifico". L’inflazione era scesa nel ’96 al 3,5%, i tagli allo Stato sociale erano stati colossali (per es. la sanità da 16 a 12 dollari di spesa pro capite); quando però il prezzo dell’alluminio, principale merce esportata dal paese, è crollato di un terzo, tutti gli equilibri sono saltati.
Che ha fatto allora la Banca Mondiale? Ha imposto: la totale fluttuazione della valuta, la totale apertura del sistema finanziario e la privatizzazione di oltre metà delle imprese pubbliche. E in cambio di tutto ciò, il debito del paese, che è ora di 2,5 miliardi di dollari, sarà di 5 miliardi nel 2010 anche se nel frattempo il paese ne pagherà altri 4 (documento preliminare del 10/12/1999).
Ma cosa interessa a questi organismi se i debiti conducono direttamente alla morte di milioni di persone? Se la penetrazione delle multinazionali ha annientato i piccoli contadini, spingendoli in città, creando bidonville spaventose, dove muoiono a grappoli per le malattie, la guerra?
Soluzioni vere e soluzioni farsa
Sotto il capitalismo debito dei paesi "poveri" non scomparirà mai; al contrario, va aumentando. Le ipocrite campagne per la riduzione del debito, che siano della Chiesa o di qualche governo, servono solo a rendere possibile la prosecuzione dello status quo e cioè la possibilità per le grandi banche internazionali di fare soldi in tutte le condizioni.
La famosa iniziativa di Colonia significa rinunciare al 2,5% del debito totale (il 12% dei paesi più indebitati). In cambio di queste briciole, gli Usa vogliono la resa senza condizioni. Proprio come lo strozzino si assicura che le sue vittime non si suicidino per evitare di rimetterci gli interessi, il Fondo monetario lascia i paesi "poveri" sempre sull’orlo della bancarotta, in modo che siano sempre costretti a obbedire in cambio di pochi spiccioli. Il senso della campagna per la riduzione del debito è stata molto ben sintetizzata dal reverendo Mofele Tsele, responsabile per il Giubileo del Sudafrica: "Vi sono campagne dei ricchi che servono solo l’interesse dei ricchi. Chiediamo a tutti i movimenti che si ispirano al Giubileo di distanziarsi da quelle campagne per il condono dei debiti in cui le decisioni sono prese dai governi creditori o dagli Stati per i loro interessi. Il sud afferma che il debito è già stato ampiamente pagato. Non dobbiamo più nulla. Infatti è il nord che deve restituire al sud" (intervista a Il Manifesto del 29/2/2000)
Non c’è nulla da aggiungere a queste parole se non una cosa. La lotta per la cancellazione unilaterale del debito del terzo mondo può essere ottenuta solo sulla base di una mobilitazione di massa che metta in crisi il dominio dell’imperialismo su questi paesi. I movimenti insurrezionali che hanno avuto luogo in Ecuador e in Bolivia, solo per fare gli esempi più recenti, indicano l’unica strada percorribile per questi popoli.
Affidarsi ai buoni uffici dei loro governi, che altro non sono che i fantocci locali di quelle stesse banche che li affamano, o alle promesse ipocrite come quelle di Clinton o D’Alema non può che portare a nuovi inganni e nuove sofferenze.