La Francia è sull’orlo di un’esplosione sociale. In un mese, per ben
tre volte, i lavoratori sono scesi in piazza a milioni contro la
riforma delle pensioni di Sarkozy, che prevede un innalzamento dell’età
minima da 60 a 62 anni e dell’età per maturare una pensione piena da 65
a 67 anni.
Dall’inizio della crisi economica, il debito pubblico è schizzato esponenzialmente a 1.535 miliardi di euro, circa l’80% del Prodotto Interno Lordo. Per salvare l’economia capitalista da un crollo generale, tra il 2008 ed il 2009 il governo ha iniettato miliardi nelle casseforti delle banche, consacrato 26 miliardi di euro ad un “piano di rilancio” a beneficio dei padroni, alleggerito di 20 miliardi di euro le tasse per le imprese. La corte dei Conti calcola che dal 2000 lo Stato francese ha virtualmente perso 100 miliardi di euro a causa degli sgravi fiscali concessi ai capitalisti. 100 miliardi di euro, tra l’altro, è proprio la cifra che il governo vuole tagliare in tre anni con attacchi alle pensioni, allo stato sociale e licenziamenti in massa dalla pubblica amministrazione. Tutto questo mentre le prime 40 società quotate alla Borsa di Parigi hanno realizzato nel 2009 profitti per 47 miliardi di euro.
L’ampiezza e la durezza del movimento sindacale sta impaurendo la borghesia. De Villepin, rivale a destra di Sarkozy, ha definito rischioso un indurimento del conflitto. Così ha fatto pure il capogruppo dell’Ump all’Assemblea Nazionale. Pure Le Monde, giornale della borghesia “illuminata” e spesso vicino alla destra del partito socialista, definisce imprudente la strategia di Sarkozy, felicitandosi però che “di fronte a Sarkozy i sindacati danno prova di un grande senso di responsabilità. Così Thibault [segretario della Cgt, primo sindacato in Francia, di tradizione comunista] resiste alle velleità di affondo della sua base e non chiede il ritiro puro e semplice della riforma.” (Le Monde, 25-9-2010).
Nel paese, la tensione sociale cresce di ora in ora in vista della prossima giornata d’azione nazionale del 12 ottobre. Molte strutture sindacali locali e di categoria, soprattutto della CGT, hanno già depositato preavvisi di sciopero a oltranza: dalle ferrovie (Cgt, Unsa, Sud, Cfdt, FO) al sistema di trasporto pubblico parigino, dalle Poste (Cgt e Sud) alla Total e all’ex vetreria Saint-Gobain. Nel dipartimento dell’Isère i metalmeccanici della Cgt si preparano a scioperi a oltranza. Così anche i portuali di Marsiglia e i lavoratori dell’energia a partire da Edf e Gdf Suez. La direzione confederale della Cgt, però, continua a stare in coda al movimento, con la scusa di non rompere con la Cfdt, centrale sindacale vicina al partito socialista pronta a “negoziare” col governo ritmi ed entità dei tagli (ammesso e non concesso che il governo voglia negoziare con la Cfdt). Anche Thibault, segretario della Cgt lamenta la chiusura del governo ad ogni confronto possibile. Ma su che cosa ci si dovrebbe confrontare?
La voce che sale dalla base della Cgt e dalla classe lavoratrice in generale sembra essere quella di un’azione di sciopero decisa, uno sciopero generale a oltranza fino al ritiro della riforma “Woerth” delle pensioni. Il 70% dei francesi è d’accordo con gli scioperi. Uno sciopero generale non è semplice da organizzare ma l’alternativa sembra essere la certezza della sconfitta. I giorni immediatamente successivi al 12 ottobre saranno decisivi, una lotta non può mantenersi a mezz’aria per troppo tempo. Se nelle assemblee generali del mattino del 13 ottobre i lavoratori prenderanno in mano fino in fondo questa lotta, all’Assemblea Nazionale e all’Eliseo avranno di che preoccuparsi seriamente. La paura delle direzioni sindacali di fare appello allo sciopero generale è radicata nel timore di scatenare un conflitto di classe simile per intensità a quello che bloccò la Francia per cinque settimane nel 1995. Allora i lavoratori francesi vinsero ma non aprirono una nuova stagione per la lotta di classe in Europa. Oggi potrebbe essere diverso.