Poco più di sei mesi dopo l’attentato a Charlie Hebdo, il barbaro assassinio commesso nell’Isère, venerdì 26 giugno, ha suscitato un’indignazione e una repulsione generale. Il giorno stesso, in una spiaggia in Tunisia, un terrorista ha ucciso 38 persone e ne ha ferite 39, mentre un kamikaze si è fatto esplodere in una moschea a Kuwait City, uccidendo 25 persone e ferendone più di 200.
Yassin Salhi, il principale sospetto dell’omicidio commesso in Isere, ha confessato di esserne l’autore. Da alcuni giorni, i media si concentrano su questo individuo – descritto dal suo entourage come “normale”, ”senza storie” – e speculano sulle sue motivazioni e i suoi legami con le organizzazioni fondamentaliste. Domenica mattina, il primo ministro Manuel Valls evocava uno “scontro di civiltà”, riprendendo alla destra francese una formula ch’essa stessa aveva preso in prestito all’estrema destra americana. Venerdì 26 giugno, l’ex-presidente Nicolas Sarkozy ha scritto che “l’autore o gli autori di questo attentato hanno dichiarato guerra non solo alla Repubblica e alla democrazia, ma anche alla civiltà.” Marine Le Pen, la dirigente del Front National, trae le sue proprie conclusioni su questa “guerra” e chiede che “l’insieme degli stranieri sospettati di fondamentalismo islamista siano al più presto espulsi dal territorio nazionale.”
Le conseguenze reazionarie dell’atto barbaro commesso in Francia venerdì sono evidenti. Questo crimine rende un immenso servizio a tutti coloro che hanno interesse a soffiare sul fuoco del razzismo, a dividere la classe operaia su linee religiose o etniche, a colpevolizzare i giovani e i lavoratori musulmani.
Il 14 gennaio scorso, sul canale radiofonico Europe1, il giornalista Philippe Tesson urlava in maniera brutale quello che suggeriscono più o meno finemente gli innumerevoli politici e “esperti” mediatici : “Non sono forse i musulmani che portano la merda in Francia oggi? Bisogna pur dirlo!” Facendo così, il giornalista formulava a modo suo la teoria dello “scontro di civiltà”. Il suo scopo è ovviamente quello di nascondere lo sfruttamento di classe e l’oppressione imperialista che costituiscono le fondamenta della “civiltà” caratteristica del capitalismo moderno.
Il movimento operaio francese deve rigettare questa propaganda nella maniera più ferma e chiara possibile. Quello che “porta la merda” in Francia, oggi, è la crisi del sistema capitalista, di cui Tesson e compagnia sono arditi difensori, e che condanna milioni di famiglie di tutte le confessioni alla miseria, alla disoccupazione e alla precarietà.
A questo si aggiungono, per i francesi o stranieri di origine araba, una discriminazione e stigmatizzazione permanente, da decenni, così come un’indignazione legittima fa parte di questi ultimi di fronte alla barbarie degli interventi imperialisti – soprattutto francesi – in Medio Oriente. È la radice del problema, ed è quello che spiega, in ultima analisi, perché alcuni giovani musulmani finiscano per dedicare anima e corpo alla follia omicida dello jihadismo. Ma di ciò, gli “esperti” che si succedono nei programmi televisivi da venerdì, non dicono niente o quasi.
I media speculano sugli “errori” dei servizi segreti francesi. Che ci sia stato l’errore, in questo caso, è una macabra evidenza. Gli agenti dei servizi coinvolti si lamentano di una mancanza di mezzi. Tuttavia, qui si tocca il limite dei servizi segreti: non può esistere un controllo totale su tutti i membri di una comunità, tanto più in un paese di 67 milioni di abitanti come la Francia. Il “modus operandi” di Yassin Salhi rivela dilettantismo e relativo isolamento. Il criminologo Alain Bauer parla di “lupi solitari” e di “terrorismo lumpen”, per opposizione alle operazioni terroriste che implicano dei lunghi preparativi, dei mezzi importanti e la collaborazione di numerosi individui. Quale stato potrebbe reperire a colpo sicuro degli individui che preparano discretamente e soli – o quasi – un atto che non necessita grandi mezzi logistici? Inoltre, di fronte a questo tipo di azioni, le migliaia di militari e poliziotti ingaggiati nel piano Vigipirate (piano antiterrorismo varato da Parigi nel 1978, ndt)– che pattugliano presso una serie di edifici pubblici e “pericolosi” in tutto il territorio – non servono però a niente.
Il crimine commesso da Yassin Salhi conferisce maggiore forza agli avvocati di un irrigidimento delle leggi sulla sicurezza. Gli attentati contro Charlie Hebdo sono già serviti come pretesto per l’adozione di una nuova legge sui servizi segreti che attacca la privacy, sul modello del famigerato “Patriot Act” americano. Con questa legge, la polizia godrà di una libertà totale sul controllo dei flussi di dati internet dei cittadini e sulle comunicazioni tramite telefonia mobile, senza passare attraverso alcun controllo della magistratura. Una tale legge non sarà di alcuna utilità di fronte al tipo di terrorismo che abbiamo descritto. Al contrario, questa legge è una minaccia palese ai nostri diritti democratici – e sarà utilizzata contro il movimento operaio.
Dobbiamo opporci fermamente a tutte queste leggi antidemocratiche. Inoltre, bisogna mobilitarsi per difendere i musulmani contro gli attacchi delle organizzazioni razziste o fasciste. Ma bisogna andare più lontano. È necessario andare alla radice del problema, in altre parole alle condizioni economiche e sociali che spingono degli individui a cercare un sentimento di dignità nel fondamentalismo. Il movimento operaio deve dare alla gioventù musulmana un programma, una bandiera, una causa rivoluzionaria; deve mobilitarla nella lotta contro il sistema capitalista decadente. Questo sistema – questa “civiltà” – genera la barbarie che ha colpito l’Isere. E questa barbarie non sarà definitivamente eliminata se non con il rovesciamento del capitalismo stesso.