Nella locomotiva tedesca, dove la disoccupazione è ferma al 6,9%, la primavera è diventata una primavera di lotte.
I lavoratori Lufthansa hanno bloccato per un giorno intero il traffico aereo, la compagnia aerea è corsa immediatamente ai ripari concedendo un aumento dei salari pari al 5,2%.
Il 14 maggio è stata la volta dei lavoratori della logistica, i dipendenti di Amazon a Lipsia e Bad Hersfeld sono scesi in sciopero tutto il giorno rivendicando un contratto unico di categoria e aumenti salariali.
La lotta che più ha destato sensazione è stata quella dei metalmeccanici e del più grosso sindacato europeo di categoria, la Ig Metall. Gli scioperi di “avvertimento”, concentrati in alcune grandi aziende, sono partiti la notte del Primo maggio e proseguiti nei giorni successivi. Così si sono fermate la Mercedes, la Bosch, la Bmw, la Siemens; circa 400mila lavoratori hanno incrociato le braccia a sostegno della richiesta di un aumento salariale pari al 5,5% annuale. “Ora basta con anni di moderazione e rinunce sul fronte retributivo, se l’economia del paese va ancora bene è giusto che anche chi produce prosperità ed export abbia la sua parte” proclamava Berthold Huber, leader della Ig Metall. Il padronato chiedeva l’appoggio della politica, esplicita richiesta è apparsa sulle pagine della Frankfurter Allgemeine dal presidente dell’associazione padronale Dieter Hundt, che chiedeva leggi per la definizione dei campi d’azione e competenze dei sindacati, “altrimenti questi scioperi ci costeranno sempre di più”. In effetti la controproposta dei padroni era solo del 2,3% d’aumento per 13 mesi.
Il 14 maggio Ig Metall e padroni hanno firmato l’accordo per la Baviera, che verrà poi esteso a tutta la Germania: 5,6% d’aumento salariale per 20 mesi. Come valutare un accordo che, con aumenti al triplo dell’inflazione prevista, appare fantascientifico se paragonato ai contratti a perdere che da anni si firmano in Italia? La disponibilità alla lotta mostrata negli scioperi e nelle manifestazioni dai metalmeccanici tedeschi, ha costretto ad un tavolo i padroni, ma purtroppo questo slancio è stato disperso dai vertici sindacali. La cifra dell’aumento, “spalmata” in due tranche, si discosta non poco dalla piattaforma, eppure le aziende hanno i margini, come dimostra l’esempio Lufthansa. La verità è che i padroni hanno firmato rapidamente per non concedere molto di più di fronte a una lotta che aveva ancora fiato.
Rimane il fatto che se i vertici sindacali hanno ancora una volta scelto la moderazione, la classe operaia tedesca dimostra di potere usare la sua forza senza cedere al ricatto dell’austerità.