Le numerose critiche emerse nel dibattito potevano fare ben poco sulla questione concreta, tuttavia era fondamentale mettere in discussione il metodo utilizzato perché questo non diventi il modus operandi della nostra organizzazione. Il concetto è semplice: come scritto nell’ordine del giorno sostenuto oltre a noi da compagni di Sinistra Comunista e Rigenerazioni, “La gravità di ciò consiste nel fatto che alcuni compagni sono stati riuniti informalmente senza nessuna delega dai propri territori per decidere, però, per tutta l’organizzazione nel suo complesso.” Così si svilisce il ruolo del coordinamento nazionale, massimo ambito democratico dei Gc tra una conferenza e l’altra, trasformandolo in un organo nei fatti consultivo dove al massimo far sfogare qualche critica, mentre le decisioni vengono prese altrove.
Ci pare si commenti da sola la “manovra” attuata dall’area Essere Comunisti che, dopo aver constatato di essere in minoranza, al momento della votazione dell’ordine del giorno sopracitato abbandona compattamente la sala facendo venire meno il numero legale ed evitando così la sua approvazione.
Una gestione tanto spregiudicata dell’organizzazione non casca però dal nulla. Ai compagni che alla conferenza sostennero questo gruppo dirigente e che ora sono giustamente indignati diciamo chiaramente: non è possibile contrastare questi metodi senza una battaglia che sia generale, dal chiaro profilo politico.
L’altra faccia della mancanza di democrazia all’interno è il moderatismo all’esterno. La contestazione di questa prospettiva fu al centro della nostra battaglia nella conferenza nazionale e ora quello che era un semplice rischio inizia a materializzarsi. Ci paiono ancor più chiare le ragioni per un’opposizione netta il cui compito sia costruire una prospettiva alternativa a quella di chi ora dirige i Gc, che si articoli nel concreto delle varie questioni.
La vicenda del Cnsu ci pare lo metta bene in risalto: accodarsi alle liste dell’Udu, liste di sinistra, liste democratiche (sic!) significa, nei fatti, rifiutare di caratterizzare i Gc come organizzazione alternativa a chi, negli scorsi anni, è stato accondiscendente alle politiche di privatizzazione portate avanti dal centro sinistra. Questo è il messaggio che queste candidature danno all’esterno e poco conta che alcuni programmi siano un po’ meno peggio rispetto alla piattaforma difesa dall’Udu in questi anni. Non sarà una “grande alleanza democratica” a fermare l’avanzata delle destre, tantomeno attraverso una campagna elettorale per un organismo burocratico e senza alcun potere reale come il Cnsu, Ricordiamo che quest’organo è meramente consultivo ed è stato fatto nascere nel 1997 e poi utilizzato come foglia di fico per legittimare politiche di attacco all’università pubblica dell’allora centro-sinistra e viene votato da una percentuale molto bassa di studenti.
Questo non significa che, a priori, la nostra posizione debba sempre essere quella astensionista. Il principio di fondo è che i Gc devono innanzitutto promuovere la conflittualità sociale, ponendo la propria collocazione “istituzionale” in armonia e al servizio di tale scopo.
Se in futuro ci fossero le condizioni per costruire una coalizione di movimento, dal chiaro profilo rivendicativo, all’interno della quale noi conserviamo la nostra più completa libertà di propaganda, potremmo prendere in considerazione quest’opportunità, utilizzando la campagna elettorale come un “megafono” per la lotta degli studenti.
Ma qui non stiamo parlando di un fronte unico di lotta contro la destra, tutt’altro. Quello che si è fatto è stato semplicemente mettersi al traino del carrozzone di centro-sinistra capeggiato dall’Udu. Questa scelta mette pesantemente in difficoltà la credibilità dei nostri compagni impegnati a costruire il nostro radicamento nelle facoltà e nelle lotte reali.
È necessario cambiare musica: la parola deve tornare ai nostri attivisti studenteschi. Per questo riteniamo imprescindibile, come scritto nell’ordine del giorno, la convocazione di “una conferenza nazionale (sulla scorta di quella effettuata dal partito sul lavoro) in cui tutti i compagni impegnati nell’università e tutti i coordinamenti provinciali in cui vi siano degli Atenei si possano scambiare esperienze ed informazioni, con l’obiettivo di ricostruire un nostro chiaro profilo strategico, conflittuale, e di classe.”
Una conferenza dove le varie proposte politiche in campo emergano chiaramente e vengano discusse nel merito. Solo attraverso la massima democrazia nella discussione potremo costruire la tanto citata, ma tanto poco praticata, unità nell’azione.