Abbandono scolastico: una questione di classe - Falcemartello

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È stato recentemente presentato il nuovo rapporto congiunto Eurydice/Cedefop dedicato all’abbandono scolastico nell’Unione europea, una panoramica del precoce allontanarsi dei giovani e giovanissimi dai percorsi di istruzione e formazione.
Il problema in questione è estremamente serio, sopratutto nel nostro paese: con il 17% (dati 2013) l’Italia primeggia infatti per percentuale di studenti che lasciano la scuola secondaria senza aver raggiunto il diploma e, come sottolinea il rapporto della Commissione europea, non esiste nel nostro paese una strategia per porre fine a questa drammatica questione.
Innanzitutto dobbiamo sottolineare come questi dati non ci stupiscano affatto: abbiamo sempre evidenziato come gli alti costi, sempre in aumento, di trasporti, libri, tasse d’iscrizione e contributi spacciati per obbligatori costituiscano una forte barriera economica al normale percorso scolastico. Tutto questo viene oggi reso pubblico ed evidente anche dal rapporto europeo che collega l’abbandono scolastico alla questione della classe sociale.
Statisticamente, gli studenti immigrati nel paese in questione (ciò vale in modo particolare, ma non solo, per l’Italia) hanno tassi di abbandono estremamente alti. Oltre alle condizioni economiche dei lavoratori immigrati, le politiche repressive dei governi europei giocano sicuramente un ruolo ulteriore, qui ricordiamo tutti il caso di “abbandono scolastico” dei due studenti che dalla loro scuola francese sono stati cacciati da Hollande nei paesi d’origine solo due anni fa per irregolarità burocratiche nel permesso di soggiorno!
Un altro dato sulle differenze di genere: gli studenti maschi abbandonano con qualifiche basse o addirittura con nessuna qualifica il percorso d’istruzione scolastica nel doppio dei casi delle ragazze.
Tuttavia, come il rapporto esplicita chiaramente, migliore è la condizione della famiglia, meno evidenti sono le differenze nei tassi di abbandono precoce tra studenti e studentesse. La cosa è piuttosto chiara: mentre alcune famiglie possono spendere migliaia di euro per far recuperare in scuole private gli anni scolastici ai loro pargoli, altre famiglie devono troncare di netto l’avvenire di studi dei propri figli e li mandano a lavorare per la sopravvivenza della famiglia stessa. Ed è nota a tutti la disparità di genere sul luogo di lavoro, dunque i ragazzi trovano lavoro più facilmente e con stipendi leggermente più alti rispetto alle ragazze.
Ma questa drammatica decisione nella maggior parte dei casi non porta reali benefici, perché fuori dalle nostre scuole c’è il deserto: solo il 19,7% dei giovani con al massimo un livello di istruzione secondaria inferiore (licenza media) trova lavoro e non c’è nemmeno una magra consolazione nel fatto che fra i diplomati e i laureati lavorino rispettivamente solo il 42,7% e il 54,6%.
Lo stesso rapporto Eurydice/Cedefop rileva anche l’effetto a catena dell’abbandono scolastico: il 60% dei bambini provenienti da famiglie con basso livello d’istruzione sono a rischio povertà, e questo vale per tutti i paesi membri dell’Unione europea, così come per tutti i paesi, aggiungiamo noi, in cui esiste il capitalismo e una società divisa in classi .
Se, come rileva il documento, l’Italia non ha un piano per impedire l’abbandono scolastico, ci permettiamo di dare qualche suggerimento: trasporti e mense gratis per gli studenti, libri in comodato d’uso, nessun contributo scolastico e la garanzia di un posto di lavoro alla fine del percorso. Se il diritto allo studio vuole realmente essere un diritto, che sia gratuito, di qualità e per tutti.