Il Ministero francese dell’educazione nazionale ha censito almeno duecento episodi di contestazione del minuto di silenzio imposto dallo Stato l’8 gennaio per commemorare in tutte le scuole elementari e medie il massacro della redazione di Charlie Hebdo. In quaranta di questi episodi insegnanti e presidi hanno segnalato degli studenti alla polizia o direttamente alle autorità giudiziarie.
Le zone più coinvolte sono state le periferie ed i quartieri popolari delle grandi città. Le contestazioni sono state di vario tipo, da chi ha gridato “Allah è grande” durante il minuto di silenzio a chi ha dichiarato la propria simpatia per i terroristi fondamentalisti, da chi semplicemente non si “sentiva Charlie” a chi si sentiva a disagio con l’imposizione statale del minuto di silenzio e avrebbe preferito porre dubbi e questioni; altri studenti hanno invocato, invano, la libertà d’opinione nel dissentire dalle scelte dello Stato. Il caso più grottesco di repressione è stata la denuncia di un maestro di Nizza contro un suo scolaro di otto anni, d’origine arabo-musulmana, colpevole di una frase in solidarietà coi terroristi ed in seguito interrogato assieme al padre dalla polizia. In quella stessa città, nel giugno 2014 il sindaco di destra aveva vietato di sfilare nel centro con bandiere straniere, per impedire che i benpensanti nizzardi vedessero sfilare ragazzi in festa per le vittorie dell’Algeria al mondiale di calcio...
Le pressioni “alla vigilanza” del Ministro dell’educazione nazionale Najat Vallaud-Belkacem hanno condotto presidi zelanti a sospendere e mandare davanti ai consigli di disciplina gli insegnanti che non hanno, in qualsiasi forma, eseguito gli ordini. In perfetto stile “repubblicano di sinistra”, il governo Hollande ha anche promesso che laddove i problemi persistano, non verranno lesinate alle scuole squadre speciali di pedagoghi.
L’unità nazionale seguita agli attentati è sfruttata dal governo e dallo Stato per creare un’atmosfera nella quale la gente inizi a fare attenzione a come si esprime, ovviamente se formula opinioni non coincidenti con la propaganda ufficiale.
La classe dominante nasconde, però, la sua relazione col fondamentalismo islamico. Lo Stato francese, dunque la Repubblica, è diplomaticamente amico della dinastia saudita, culla mondiale del fondamentalismo sunnita, o della Turchia di Erdogan, principale sostenitore dell’Isis.
L’imperialismo all’estero e il razzismo di Stato in casa spingono una parte, sinora del tutto minoritaria, della gioventù arabo-musulmana a provare quantomeno simpatia verso le idee reazionarie del fondamentalismo islamico. è certamente preoccupante la crescita di simpatie, nelle periferie a forte componente arabo-musulmana, per il movimento antisemita di estrema destra Riconciliazione nazionale di Soral, in rottura col corso “moderato” del Fronte nazionale, e del comico Dieudonné. Come contrastare questi fenomeni? In una società divisa su linee di classe, predicare i valori di una repubblica presuntamente basata su “Libertà, eguaglianza, fraternità” è una formula vuota destinata ad alienare ancor di più chi se la sente ripetere ma nella vita reale misura un futuro sempre più nero. Solo la prospettiva di una lotta per il rovesciamento del capitalismo può minare le basi del fondamentalismo.