Mercoledì 17 aprile la crème della borghesia britannica si è data appuntamento alla cattedrale di St. Paul di Londra per l’ultimo saluto a Margareth Thatcher, la “lady di ferro”. Nel contempo ad Easington, nell’ex distretto minerario di Durham, il fiore della classe lavoratrice si stava riunendo per celebrare la morte del Primo ministro più odiato dai proletari nella moderna storia della Gran Bretagna.
Mentre a Londra il funerale – ufficialmente non di Stato ma per il quale lo Stato ha speso 12 milioni di euro – si dispiegava tra 700 alti ranghi dell’esercito, la regina e l’insieme della classe dominante, a Durham l’ambiente era genuinamente festoso, si esibiva il comico di sinistra Mike Elliot, il cibo era offerto gratuitamente e la birra a una sterlina alla pinta dall’associazione dei minatori di Durham. Scene di questo tipo, magari meno organizzate, sono state assai frequenti in giro per il paese. La curva della squadra di calcio del Liverpool ha intonato cori contro la Thatcher. La celebrazione ufficiale di una morte che la borghesia voleva utilizzare per santificare il suo sistema, attraverso l’elogio di una delle sue più accanite e brutali servitrici, si è trasformata nel suo contrario, inasprendo la polarizzazione sociale e politica. Decisamente, l’epitaffio del Primo ministro conservatore David Cameron (“Oggi siamo tutti thatcheriani”) non ha convinto. Da notare che, dimostrando ancora la loro lontananza dalla classe, i vertici del Partito laburista si sono inchinati al ricordo ufficiale della Thatcher ed hanno addirittura dato indicazione di sospendere la campagna elettorale per una serie di elezioni amministrative locali. Blair, ex Primo ministro laburista, ha dato persino lezioni di buona educazione definendo “sgradevoli” i festeggiamenti. Chi era dunque la Thatcher?
Primo ministro tra il 1979 ed il ’90, la Thatcher conquistò alcuni anni prima il controllo del partito conservatore su una linea di lotta senza quartiere al movimento operaio organizzato, alle sue conquiste materiali ed ai suoi valori. Aveva alle spalle un’esperienza da ministra tra il ’70 ed il ’74: i lavoratori l’avevano soprannominata “Maggie che ruba il latte” perché aveva cancellato la gratuità del latte nelle scuole elementari.
Nella sua lotta contro il movimento operaio la Thatcher usò ogni mezzo, legale o meno che fosse. Nel ’78 appoggiò attivamente l’uso di crumiri per spezzare l’importante sciopero delle lavoratrici di Grunwick, tra il ’79 e l’81 distrusse buona parte dell’industria pesante britannica (la produzione industriale calò del 20%) con centinaia di migliaia di licenziamenti e intere zone del paese, soprattutto nel Nord, sprofondate nella miseria per decenni. è però nella battaglia contro i minatori del 1984-’85 che la Thatcher diede il “meglio” di sé: accumulò per anni carbone per rendere lo sciopero meno efficace, infiltrò gli scioperanti per mezzo dei servizi segreti, utilizzò la tanto citata Bbc (quella imparziale, ricordate?) per invertire il montaggio della cosiddetta battaglia di Orgreave, mostrando come aggressori i minatori piuttosto che la polizia. Qualche anno dopo, nel 1987, cercò di coprire la verità sulla tragedia dell’Heysel per gettare la colpa sui tifosi del Liverpool, un atto velenoso motivato da un cosciente odio di classe contro la resistenza militante della maggioranza del consiglio comunale di Liverpool ai tagli del governo centrale.
Negli ultimi anni molto è stato detto sulle apparenti credenziali “femministe” della Thatcher. Il recente film sulla sua biografia, interpretato dalla “democratica” Meryl Streep, la dipinge come una donna in lotta per avere successo in un mondo di uomini. In realtà, la sua battaglia interna per sostituire il vertice ossificato del partito conservatore esprimeva le necessità politiche e materiali dei capitalisti a quel tempo, bisognosi di un partito “di lotta” e dinamico. Il suo genere sessuale era un elemento del tutto accidentale. Il suo disprezzo anche per gli omosessuali, invece, è testimoniato da una sua legge discriminatoria (section 28).
Un ufficiale prussiano, von Clausewitz, scrisse che la politica estera è la continuazione della politica interna con altri mezzi. Questa osservazione generale trova piena conferma nella vicenda del thatcherismo. La Thatcher appoggiò regimi reazionari in tutti i continenti, dal Cile del massacratore Pinochet al Sud Africa dell’apartheid – definì Mandela un terrorista –, fino a sostenere il figlio, invischiato in un tentativo di colpo di Stato in Guinea Equatoriale. Nemica dei repubblicani irlandesi, nel 1981 lasciò morire 10 prigionieri politici repubblicani, tra cui Bobby Sands, e ben 217 giorni prima di concedere parzialmente ai detenuti repubblicani irlandesi lo status di prigionieri politici. L’anno seguente, per distrarre la società dai suoi attacchi ai lavoratori, si imbarcò nella guerra con l’Argentina dei colonnelli per il possesso delle isole Falkland/Malvine, un arcipelago al largo delle coste argentine.
La borghesia cerca di educare gli sfruttati al rispetto delle sue leggi e della sua morale. Negli anni ’80, però, il capitalismo britannico non aveva tempo da perdere con queste amenità. Il declino di lungo periodo dell’imperialismo britannico richiedeva un “campione” violento e rozzo nella difesa di questo sistema, animato da un profondo disprezzo per la classe lavoratrice. Quel “campione” la classe dominante lo ebbe nella forma di Margareth Thatcher. Servivano privatizzazioni, esaltazione permanente dell’individualismo e dell’avidità, attacchi al diritto di sciopero e ogni forma di terrore possibile contro chi si opponesse. Questo fece la Thatcher. Questo spiega le ragioni di chi si è rallegrato alla notizia della sua morte.
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“Noi non pagheremo” la Poll tax
ovvero come la Thatcher fu sconfitta
Ai capitalisti non piace ricordare le loro sconfitte. Non è bene, per i loro interessi di classe, che gli sfruttati pensino neanche lontanamente di poter ottenere alcunché con l’azione di massa. Questo spiega perché i fiumi di inchiostro dedicati alla Thatcher in queste settimane non abbiano nemmeno citato la lotta contro la Poll tax del 1990, causa delle sue dimissioni da Primo ministro.
La Poll tax era un’imposta basata sul numero di persone residenti in un alloggio e non sul valore catastale di quell’appartamento combinato col reddito familiare. Nei fatti, il duca di Westminster avrebbe dovuto pagare quasi la stessa cifra di una famiglia di disoccupati. Ebbra delle sue vittorie contro i minatori e nella guerra con l’Argentina, la Thatcher nel 1989 passò all’attacco iniziando ad applicare la nuova tassa in Scozia. La resistenza degli scozzesi fu accanita ed organizzata nei comitati anti-Poll tax. In breve, un milione e mezzo di scozzesi aderì all’appello al non pagamento lanciato dalla federazione dei comitati. I tribunali erano impantanati con centinaia di migliaia di procedimenti giudiziari. La destra laburista e del sindacato attaccò la campagna di non pagamento. Così, ad esempio, parlò il parlamentare John Maxton: “Tutti i politici responsabili hanno ora rifiutato di appoggiare la campagna per il non pagamento, lasciando il Partito nazionale scozzese (Snp), la tendenza del “Militant” e qualche politico laburista continuare su quella strada irresponsabile…”. I nazionalisti scozzesi erano saliti sul carro della mobilitazione che era stata organizzata principalmente dai marxisti del Partito laburista organizzati nel Militant.
Anche il governo sottovalutò la risposta di massa ed estese la tassa al resto del paese. La rivolta dilagò. I consigli comunali, incaricati di applicare il nuovo tributo per finanziare le proprie spese, erano assediati. La federazione britannica dei comitati anti-Poll tax convocò per il 31 marzo 1990 due gigantesche manifestazioni, a Londra e a Glasgow. Diciotto milioni di famiglie rifiutarono di pagare la Poll tax, tra loro anche i tre deputati del Militant. La Thatcher cadde così assieme alla “sua” Poll tax. E noi ce lo ricordiamo.