“Ora siamo più sereni”, dice Monti e la sua soddisfazione è condivisa da tutte le borghesie occidentali. Nuova democrazia, il partito tradizionale della classe dominante, ha vinto le elezioni in Grecia, con il 29,6% e proporrà al Pasok di formare un governo di unità nazionale per rispettare gli accordi presi con la Troika.
Lo spauracchio di Syriza è stato allontanato, i benpensanti possono tirare un sospiro di sollievo.
Un sospiro di sollievo?
Tuttavia questa è solo un’analisi superficiale delle elezioni di ieri. L’avanzata di Syriza è stata gigantesca. Raggiunge il 26,9%, il dieci per cento in più rispetto allo scorso 6 maggio. Tale percentuale equivale a un aumento di 600mila voti. Ma quello che è maggiormente significativo è il confronto con le elezioni di tre anni fa, all’inizio della crisi greca. Nel 2009, Syriza era una partito del 4,6%. In termini assoluti, la coalizione della Sinistra radicale ha più che quintuplicato i suoi consensi.
È diventato il punto di riferimento di tutti coloro che vogliono opporsi alle politiche di lacrime e sangue imposte dal capitalismo internazionale e pienamente condivise dalla borghesia greca. Opponendosi ai governi dell’austerità, del Pasok prima e di unità nazionale poi, e sviluppando la proposta del governo delle sinistre, ha catturato le aspettative e la speranza di tanti giovani e lavoratori. È infatti il partito più votato nei grandi conglomerati urbani, tra i giovani fino ai 34 anni e nella fascia di età tra i 35 e i 54 anni. Nello spazio di pochi mesi, sulla base dello sviluppo impetuoso della lotta di classe, è diventato il principale partito della classe lavoratrice.
Le immagini dei comizi finali di Tsipras e di Samaras (il leader di Nd) non potevano essere più contrastanti e rivelatrici. Da una parte un piazza piena di giovani entusiasti, dall’altra una platea di pensionati impauriti.
Su queste fasce della società greca la campagna di terrorismo psicologico messa in atto dalle classi dominanti di tutta Europa e dai principali canali televisivi ha avuto un effetto. Si tratta di tutte quelle fasce di piccola borghesia di dipendenti statali ancora in servizio o già in pensione sui quali ha prevalso il pericolo dell’incertezza e del caos conseguente a una vittoria di Syriza.
Il partito di Tsipras correttamente si è espresso e si esprime contro il memorandum della trojka e le misure di austerità, ma non è stato affatto chiaro sulle misure da adottare nel caso in cui il grande capitale avesse attaccato un eventuale governo delle sinistre, se quest’ultimo non avesse voluto applicare il memorandum.
I limiti del programma di Syriza
Syriza nelle ultime settimane ha cercato di rassicurare i mercati internazionali, spiegando che nel suo programma non era contemplata la nazionalizzazione del sistema bancario ma solo un controllo pubblico del sistema finanziario, senza intaccarne la proprietà. Ma come si può fermare la fuga di capitali, ad esempio, senza avere la gestione e il controllo totale del settore da parte della popolazione, che può avvenire solo attraverso l’esproprio dei grandi gruppi bancari e finanziari?
13 giugno, Atene - Il comizio conclusivo di Syriza |
Questo tentativo non ha tranquillizzato per nulla i capitalisti, che non avrebbero mai potuto accettare Tsipras primo ministro, anche dopo, non uno, ma cento articoli concilianti sul Financial Times, ma ha confuso i settori più arretrati della popolazione greca e ha aperto la strada alla propaganda della borghesia.
Non si può affrontare inoltre la questione dell’uscita dall’euro affermando semplicemente che “non accadrà”, quando invece è una prospettiva del tutto possibile, anche dopo la vittoria di Samaras. L’uscita dall’euro su basi capitaliste avrebbe certamente conseguenze drammatiche per le masse lavoratrici. La direzione di Syriza avrebbe dovuto rispondere alla domanda, “Euro o Dracma?” spiegando che non era quella giusta da fare, e rilanciandone un’altra, più appropriata ai tempi che viviamo: Barbarie del capitalismo o rivoluzione socialista? Domanda che deve essere affiancata da un programma rivoluzionario, di rovesciamento del sistema basato sul profitto.
Allo stesso tempo, la mancanza di un programma politico alternativo credibile non ha permesso di mobilitare tutti quei settori della società che avrebbero potuto votare a sinistra. In una elezione così polarizzata, l’astensionismo ha colpito soprattutto la sinistra e particolarmente la sua capacità di attirare il voto giovanile. Molto meno ha avuto effetto a destra, con Nd che molto probabilmente ha raggiunto quasi tutto il suo potenziale elettorale.
Una parte non secondaria nella mancata vittoria delle sinistre è stata giocata anche dagli altri partiti a sinistra del Pasok.
Da una parte Sinistra democratica (una scissione di destra di Syriza avvenuta nel 2009, che ha raccolto anche fuoriusciti dal Pasok) che ha condotto la campagna elettorale all’insegna dello slogan: “un voto a Syriza = ritorno alla dracma e disastro economico”. Il loro leader, Kouvelis, ha spiegato ripetutamente che “non si poteva ritornare alle urne una terza volta” e che la formazione di un governo era comunque necessaria, aprendo la strada così a una nuova stagione di unità nazionale.
Dall'altra il partito comunista greco è uscito dalle urne pesantemente ridimensionato. Ha perso quasi la metà dei voti nello spazio di 40 giorni. Paga il suo rifiuto della proposta di un governo delle sinistre. Le affermazioni del tipo “Syriza è il nuovo Pasok” e “Obama appoggia Syriza”, tradiscono una totale incomprensione dell’opportunità storica davanti al movimento comunista: quella di ritornare al governo in Grecia per la prima volta dal 1944.
Il crollo di consensi al Pasok e ad ogni altra formazione di “centro” non costituisce un semplice cambio di casacca da parte di qualche grande collettore di voti che sposta i consensi elettorali a piacimento da un partito all’altro, ma un gigantesco processo di radicalizzazione a sinistra caratteristico di ogni situazione rivoluzionaria che, nel contesto della Grecia, ha trovato una sua espressione in Syriza.
Se il Kke avesse risposto positivamente all’appello di Syriza, la proposta di un governo delle sinistre avrebbe acquisito una credibilità molto maggiore ed oggi ci saremmo svegliati con un risultato probabilmente ben diverso.
La radicalizzazione esiste a sinistra, ma è evidente anche a destra. Il partito neonazista “Alba dorata” conferma i voti del 6 maggio, sfiorando il 7%. La sua campagna è stata molto aggressiva, la sua proposta per uscire dalla crisi è reazionaria ma molto semplice: buttiamo a mare tutti gli immigrati. Sfonda così tra settori di sottoproletariato e piccola borghesia. È un pericolo per il presente, ma soprattutto un monito per il futuro. Alba dorata oggi attacca gli immigrati, domani potrebbe scegliere come obiettivo i militanti e le organizzazioni della sinistra. Il tutto nella sostanziale impunità da parte delle “forze dell’ordine”
A questo pericolo non si può rispondere invocando una “democratizzazione” della polizia (come auspicato più volte dai dirigenti di Syriza) ma organizzando una milizia popolare e operaia che difenda dagli attacchi fascisti i quartieri operai, i luoghi frequentati dai lavoratori immigrati, le scuole e le università.
Dalle urne alle piazze
Le elezioni del 17 giugno consegnano un quadro che è ben lungi dall’essere stabilizzato. Samaras faticherà a formare un governo, che una volta insediatosi sarà debole, non godendo della maggioranza reale nel paese e avendone una risicata nel parlamento.
Un governo che comunque dovrà “rispettare tutti gli accordi presi con l’Europa” hanno ripetuto quasi in coro sia Schäuble che Westerwelle, rispettivamente ministro dele finanze e degli esteri del governo di Angela Merkel.
Su questa strada dell’austerità permanente Il nuovo esecutivo si troverà di fronte milioni di lavoratori e di giovani a cui Tsipras ha promesso di fare da sponda, ponendosi all’opposizione di ogni governo che sarà formato da Samaras.
Per la classe dominante quindi c’è ben poco da festeggiare. Le elezioni del 17 giugno segnano una semplice tappa, importante, nel processo rivoluzionario in Grecia. Lo scontro al livello elettorale si è concluso per il momento con una vittoria, molto fragile, della borghesia. Da domani torna a spostarsi nelle piazze, nei luoghi di lavoro e di studio.
Le classi oppresse hanno oggi a disposizione un nuovo strumento, Syriza che, da coalizione elettorale, con un programma radicale ma confuso, si deve trasformare in vero partito rivoluzionario. La Grecia continua ad essere l’avanguardia della lotta di classe in Europa.
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