Era nell’aria. Il primo atto del Berlusconi IV si doveva inevitabilmente realizzare nell’ambito di quello che è stato, nel corso degli ultimi mesi, il principale collante ideologico che ha tenuto assieme la destra, i mass-media e i vari tirapiedi (sindaci, ma non solo) del Partito democratico. Stiamo parlando dell’odio di classe contro gli immigrati, moderna cortina fumogena che serve a distogliere l’attenzione dei lavoratori e dei ceti popolari dal violento attacco che si prepara sul terreno economico e sociale.
Un decreto legge, un disegno di legge ed alcuni altri decreti legislativi compongono il nuovo “pacchetto sicurezza”, espressione con la quale si intitolano ormai i vari provvedimenti xenofobi dei governi che si sono succeduti in questi anni. Se, infatti, si prende sul serio questa terminologia e si cerca di trovare nelle varie norme proposte qualcosa che possa concretamente rispondere ai bisogni di sicurezza di un lavoratore, di un giovane, di una donna, si rischia di restare profondamente delusi e sconcertati di fronte al drastico ridimensionamento dei diritti che il “pacchetto” prevede.
Clandestinità mito e realtà
Fiore all’occhiello dei provvedimenti proposti è certamente l’introduzione del reato di clandestinità. In pratica, una condizione giuridica (la clandestinità) prodotta da una legge restrittiva sull’immigrazione viene giudicata reato secondo un’altra legge. Una mostruosità. Se teniamo presenti le richieste di regolarizzazione avanzate nell’ultimo decreto flussi, su quasi un milione di immigrati irregolari presenti nel nostro paese, almeno 724mila sono quelli che vendono il proprio lavoro in forma non riconosciuta, senza diritti, senza una busta paga, senza contributi né alcuna sicurezza. Lavoratori costretti a questo da una legge che cerca di governare i flussi migratori stabilendo a priori un tetto massimo (quote) di lavoratori stranieri che possono essere riconosciuti nel nostro paese, trasformando in fantasmi tutti gli altri.
Come funziona il decreto flussi? Ogni anno il governo emana un decreto che stabilisce quanti immigrati possono fare il loro ingresso in Italia “reclutati” da un imprenditore. Il decreto flussi del 2007, per esempio, prevede una quota di 170mila posti disponibili. La misera ipocrisia della legge Bossi-Fini prevede che questi 170mila lavoratori debbano essere “chiamati” dai datori di lavoro direttamente dai loro paesi di origine. In realtà, essendo clandestino, il lavoratore che tenta di rientrare nel decreto flussi è nella quasi totalità dei casi l’operaio o la colf che il padrone decide di regolarizzare. Naturalmente, alle oltre 700mila richieste avanzate, andrebbe poi aggiunta quella schiera di lavoratori-schiavi che i padroni non intendono in alcun modo regolarizzare, come i tanti operai agricoli che lavorano nei campi del meridione, come testimoniato da numerosissime denunce. Ecco la realtà della condizione di clandestino! Altro che pericoloso criminale, stiamo parlando semmai di vittime di una politica e di una economia criminale. La consistenza di questa analisi, d’altra parte, possiamo leggerla in controluce anche nelle dichiarazioni contraddittorie del governo, quando per bocca di Maroni arriva a riconoscere la legittimità da parte delle badanti di rimanere nel territorio italiano anche senza documenti…
Non dimentichiamo infine che fra le 170mila disponibilità e le 740mila richieste, c’è uno scarto di quasi 600mila immigrati che saranno costretti ancora allo sfruttamento e all’invisibilità e che da oggi potranno anche essere accusati di essere pericolosi malviventi e quindi essere incarcerati!
Le meschinità del Pd e i precedenti di Prodi
Con la legge Bossi-Fini, qualsiasi immigrato regolare può diventare irregolare dopo sei mesi dal licenziamento o dalla scadenza del contratto se non trova un altro posto di lavoro. Una minaccia costante per tutti gli immigrati, esposti così alle forme più violente di sfruttamento: se pensi di alzare la testa nel tuo posto di lavoro, come effetto secondario rischi il carcere! Un salto indietro all’ottocento. Ma è sorprendente osservare quanto ha da dire a questo proposito l’opposizione parlamentare del Partito democratico. Non una parola sulla stretta repressiva e sull’offensiva portata ai diritti democratici! Meglio cavalcare la demagogica e falsa equazione “clandestino uguale criminale”, magari distinguendosi dal governo su argomenti riguardanti la fattibilità e la sostenibilità economica dei provvedimenti.
Come potrà il sistema carcerario accogliere oltre mezzo milione di nuovi condannati? Si chiedono dai banchi dal Pd. Non è un problema – ribadiscono da destra – sarà sufficiente peggiorare ulteriormente i Centri di Permanenza Temporanea trasformandoli in vere e proprie galere etniche, costruendone almeno uno per regione ed elevando la durata dell’internamento dell’immigrato irregolare dagli attuali 3 mesi fino ai 18 mesi. “E se tutto ciò non dovesse bastare – aggiunge il neo-ministro della difesa La Russa – possiamo mettere a disposizione le caserme dismesse”.
“Ma, in ogni caso – ci informa Fassino – se l’immigrazione irregolare diventa reato penale non potresti espellere l’immigrato fin quando non gli viene fatto un regolare processo. Quindi il reato di clandestinità non è funzionale all’obiettivo, ovvero la rapida cacciata dell’immigrato senza documenti”. Una gara nauesante a chi propone la via più rapida ed economica.
Alcune misure contenute nel “pacchetto” richiamano peraltro in larga misura quelle già predisposte dall’ex ministro dell’Interno Giuliano Amato. Infatti, il “pacchetto sicurezza” del precedente governo di centrosinistra assegnava ai prefetti la possibilità di allontanare l’immigrato per discrezionali ed arbitrari motivi di pubblica sicurezza. Proprio questa norma ha aperto la strada all’attuale esecutivo per introdurre tra questi motivi anche la mancata iscrizione anagrafica o comportamenti contrari al decoro urbano come l’accattonaggio.
“Ingenuità” e norme razziali
Ecco altri frammenti del “pacchetto sicurezza”: è prevista la confisca degli appartamenti affittati agli immigrati irregolari. Ingenuità o malafede? In ogni caso, per favore, qualcuno spieghi al ministro Maroni come gira il mondo! Naturalmente, noi rivendichiamo che tutti debbano avere diritto ad una casa come ad un permesso di soggiorno. Ma se consideriamo le intenzioni del ministro, questa norma, lungi dall’essere efficace, favorirà solamente l’emersione di una nuovo sistema di intermediatori: i “caporali della casa”, si potrebbero chiamare. Infatti, non si faranno certo attendere i prestanome disposti ad intitolarsi un contratto di locazione in cambio di generose ricompense per il servizio prestato. D’altra parte l’ “intermediario” è già una figura indispensabile nella vita di un immigrato: devi dare via tutti i tuoi risparmi perchè qualcuno organizzi un viaggio in cui rischi la vita, devi pagare una parte del tuo salario di merda per ottenere un lavoro di merda, perché non dovresti pagare per avere una casa in affitto (ovviamente un affitto da rapina)?
Altre norme, infine, sono esplicitamente razziste prefigurando un doppio binario nel sistema giudiziario italiano. Secondo il “pacchetto” infatti, lo stesso reato potrà essere sanzionato in modo diverso a seconda che il colpevole sia un immigrato irregolare o meno. La normativa prevede, infatti, l’aumento della sanzione fino ad un terzo della pena per la persona non in regola con il permesso di soggiorno. Vengono, infine, poste alcune restrizioni ai matrimoni misti. Come dire, sarà la legge a stabilire con chi è legittimo coniugarsi a seconda delle caratteristiche etniche dei promessi sposi.
Lavoratori, italiani e immigrati, uniti nella lotta!
Non sarà l’Europa, né la Corte costituzionale, né Napolitano a fermare questo provvedimento. Al massimo sarà stralciata questa o quell’altra singola norma, ma l’impianto razzista e classista del “pacchetto sicurezza” non verrà messo in discussione come d’altra parte è dimostrato dall’identica natura razzista di tutte le leggi europee sull’immigrazione.
Nel prossimo periodo, di fronte ai militanti ed alle organizzazioni operaie e di sinistra, si porrà una sfida cruciale: intervenire nel clima di xenofobia montante riuscendo a chiarire i comuni interessi di classe che legano i lavoratori italiani ai lavoratori immigrati. Il problema della sicurezza nei contesti urbani viene certamente esagerato dalla grancassa mediatica. Ma se questa percezione esiste, sono state proprio le politiche di smantellamento dei diritti sociali o di precarizzazione del lavoro e dell’esistenza (come la legge 30 o la legge Bossi-Fini) a gettare nella miseria tanti lavoratori, italiani ed immigrati. Se oggi le nostre città sono sempre più insicure è perché queste politiche hanno creato sacche di povertà e di disperazione. Il collante che tiene assieme l’odio verso gli immigrati nella società non durerà comunque a lungo. Il razzismo non è una risposta ai problemi dei ceti popolari. Una sinistra che torni nei quartieri popolari e nei posti di lavoro e che organizzi i lavoratori immigrati assieme ai lavoratori italiani, sarà in grado di indirizzare la rabbia che cova nella società verso la barbarie capitalista ed il profitto, veri responsabili della nostra insicurezza.
9 giugno 2008