È più comodo trovare un capo espiatorio che indagare più a fondo su questi fenomeni, così nelle ultime settimane abbiamo sentito le proposte più incredibili. Diversi sindaci del Veneto vogliono introdurre un reddito minimo che gli stranieri devono dichiarare per poter risiedere nei rispettivi comuni. Della serie: l’immigrato è bravo finché lavora, merce pronta ad essere sfruttata. A Caravaggio, in provincia di Bergamo, si vuole vietare a chi è senza permesso di soggiorno di sposarsi.
Alla richiesta dei sindaci del centrodestra (ma ce ne sono anche un paio del Pd) il ministero dell’Interno ha risposto che “comprendeva il problema”.
Ultima in ordine di tempo l’esternazione di un consigliere comunale leghista di Treviso, tal Giorgio Bettio, che ci ha spiegato candidamente che “per gestire l’immigrazione bisognerebbe usare metodi da SS”. Naturalmente questa dichiarazione è stata stigmatizzata da tutte le altre forze politiche, Bettio, si dice, ha esagerato. Tuttavia Roberto Castelli, ex ministro della giustizia, ha aggiunto anche che “bisogna comprendere l’esasperazione della gente del Nord”. Non sfugge a nessuno che la diga xenofoba è stata aperta dal nuovo segretario del Pd, Veltroni, e dal governo Prodi con i decreti d’emergenza in seguito ai fatti di Tor di Quinto a Roma, a pochi mesi dalle campagne estive contro i lavavetri, anch’esse sponsorizzate dai sindaci di centrosinistra.
Gli appelli alla “sicurezza” sono ormai “bipartisan” e le differenza tra i due schieramenti sono sempre meno distinguibili.
Pensiamo che sia necessario per i comunisti uscire fuori dal coro. Non solo è necessaria un’analisi che smonti i luoghi comuni più diffusi ma anche un programma che unifichi le lotte dei lavoratori italiani e di quelli immigrati partendo da alcuni esempi significativi degli ultimi anni. Tutto questo troverete nel nostro opuscolo, che potete richiedre alla redazione o ai nostri sostenitori, ai recapiti che potete vedere in ultima pagina.
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