Abbiamo intervistato Remo Di Legge, operaio comunista, originario dell’aquilano, prima emigrato in Germania e poi a Modena, oggi militante marxista e licenziato politico. Il racconto della sua vita è una storia esemplare di sfruttamento e repressione politica, ma anche di lotta di classe per i diritti e la dignità dei lavoratori.
Descrivici la tua terra di origine, come si viveva e come si lavorava nel secondo dopoguerra.
Io vengo dall’Abruzzo, dal Fucino, una zona povera, di sacrificio, interamente agricola e pastorale, senza prospettive per i giovani. Io sono figlio di un contadino. Nel mio paesino spadroneggiavano quattro-cinque grandi proprietari terrieri, legati alla Chiesa e ai Carabinieri. Studiai per diventare aggiustatore meccanico, ma imparato il mestiere, non c’erano fabbriche dove lavorare. Quindi, dopo un altro anno di formazione svolto a Pisa, partii, appena diciottenne, per andare a lavorare come metalmeccanico in Germania, alla Siemens. Erano i primi anni ‘60.
Come ti sei trovato in Germania, considerando che in quel paese la condizione operaia era migliore rispetto all’Italia?
Non era migliore per noi immigrati. Mi ricordo ancora le umilianti visite mediche obbligatorie svolte a Verona prima di partire. Il lavoro era duro, ma io ci sapevo fare, anche con la lingua tedesca. Si viveva ammassati in 50-60 in ex-caserme con un solo bagno e una sola cucina per tutti. I tedeschi mi davano sprezzantemente del “mangia-spaghetti”. Dopo 5 anni sono però dovuto tornare in Italia per aiutare mio padre che si era infortunato. Dovevo sostituirlo nel lavoro in campagna, considerato che possedevamo un macchinario che poteva permetterci di realizzare buoni guadagni.
Sei così riuscito a sistemarti?
Neanche per idea. Appena tornato a casa fui precettato per il servizio militare.
E poi accadde una cosa che cambiò la mia vita. Riportando ai Carabinieri del mio paese il congedo un anno più tardi, notai che su un loro registro avevano scritto a fianco al mio nome la parola “sovversivo”. Questo probabilmente per via di mio padre che aveva preso parte in passato a proteste contadine. Comunque, rimasi talmente colpito che decisi di fare il sovversivo per davvero.
è da quel giorno che hai cominciato a fare politica?
Proprio così. Mi sono diretto ad Avezzano e mi iscrissi al Pci, era il 1971. Tornato al mio paese tesserai altre 50 persone. Poco tempo dopo, assieme ad un gruppo di 80 donne, occupai il municipio del paese per quasi 2 giorni, per rivendicare che anche nella nostra zona fosse presente un medico ed una farmacia (!). La lotta vinse, ma ormai ero considerato un contestatore, quindi nessuno voleva darmi da lavorare. Decisi di emigrare per la seconda volta. Partii per Modena.
è stato più facile emigrare all’interno del proprio paese?
Per nulla. A Modena lavoravo come metalmeccanico, ma non ero considerato per le mie capacità: ero maltrattato perché venivo dall’Abruzzo. Mi ricordo che il primo giorno di lavoro il mio caporeparto mi diede il benvenuto dicendomi “taci marocchino!”. Inoltre, soltanto per un posto letto, spendevo un quinto dello stipendio.
Nel 1979 decisi di mettere in piedi una rosticceria per guadagnare di più, ma dopo 10 anni di intenso lavoro non ero riuscito a mettere da parte nulla. Tornai a fare l’operaio. Nella mia nuova ditta tutto andava bene, finché non cominciai a fare attività sindacale. Nel 2005 il padrone, dopo avermi offerto soldi per andarmene, inventò un pretesto e mi licenziò. Il giudice però mi diede ragione, ma il padrone, pur pagandomi lo stipendio, non vuole tuttora che rimetta piede in fabbrica.
Hai continuato a fare attività politica?
Ero militante del Pci e oggi lo sono del Prc. Ma ho avuto parecchie delusioni: sia nell’uno che nell’altro partito, in quanto semplice iscritto, non avevo voce in capitolo, le decisioni erano sempre calate dall’altro, mentre a me non spettava altro che il lavoro di “manovalanza”. Fortunatamente, le cose sono cambiate nel 2002, quando ho conosciuto Falcematello. Insieme a quei compagni ho ncominciato a fare formazione politica ed attività sindacale, a leggere molti libri ed organizzare le lotte in fabbrica. Voglio cambiare in senso rivoluzionario il Prc e la Cgil. Oggi non sono più un “sovversivo”, ma un “rivoluzionario”.