L’ondata di proteste e manifestazioni divampate negli Stati Uniti durante il mese di agosto ha riportato alla luce le contraddizioni interne al principale baluardo della reazione mondiale. Il 9 agosto Michael Brown, un giovane afroamericano, è stato ucciso dalla polizia con sei colpi di pistola. Il fatto è avvenuto a Ferguson, un quartiere operaio di St. Louis con 21mila abitanti, due terzi dei quali neri. Si tratta dell’ennesimo caso di violenza razzista da parte della polizia nei confronti della popolazione afroamericana (durante il mese di agosto sono state cinque le vittime come Michael Brown), ma la risposta questa volta è stata imponente e sono state migliaia le persone scese in strada per gridare “ora basta!”.
A Ferguson, dal giorno dopo l’uccisione di Michael, sono partiti picchetti di protesta contro la brutalità della polizia che chiedevano di rivelare le identità dell’assassino del giovane afroamericano. Le immagini che sono girate in tutto il mondo mostravano i manifestanti con le mani alzate e cartelli che dicevano “mani in alto! non sparate!”. Tutte le testimonianze (tranne quelle della polizia naturalmente), le indagini e i risultati dell’autopsia sostengono che Michael fosse disarmato e con le mani in alto quando l’ha raggiunto la raffica di proiettili.
Le proteste hanno assunto fin da subito un carattere pacifico ma quando la polizia ha attaccato i manifestanti sono scoppiati tumulti e saccheggi in tutto il sobborgo. Non è bastato l’invio della guardia nazionale, l’imposizione del coprifuoco e altre misure repressive per placare le rivolte, ma anzi queste hanno solo esasperato ulteriormente la rabbia dei giovani e dei lavoratori di Ferguson. Anche i tentativi di diffamare il giovane afroamericano hanno acceso ancor più la rabbia dei giovani e lavoratori di Ferguson. Infatti, secondo la polizia, Mike avrebbe rubato una manciata di sigari in un autogrill della multinazionale QuikTrip: quindi per difendere la proprietà privata è legittimo, secondo le autorità, ammazzare un giovane inerme. La diffusione da parte della polizia del video del furto avrebbe dovuto placare la rabbia ma l’effetto è stato esattamente l’opposto.
Le condizioni di vita negli Usa sono sempre più drammatiche, soprattutto per i giovani, e ancora peggiori per i giovani di colore. Nel 1970 il 13,9% dei giovani tra i 18 e i 24 anni vivevano in povertà, oggi sono il 20,4%. La crisi nei sobborghi operai come Ferguson è stata particolarmente dura, con il tasso di disoccupazione reale intorno al 14% e oltre il 20% per i residenti afroamericani, mentre le cifre per i giovani neri e latinos sono approssimativamente due volte queste cifre totali. Secondo l’U.S. Census Report, negli Usa ci sono 50 milioni di poveri. La classe dirigente ha tutti gli interessi a mantenere divisi questi poveri e i lavoratori sfruttati con ogni mezzo a disposizione: il razzismo, le divisioni religiose, lo sfruttamento di genere e le scandalose campagne di disinformazione servono alla classe dominante proprio per difendere i propri interessi di classe. Questa condizione ha portato alla situazione esplosiva che abbiamo visto nelle ultime settimane: ci tolgono tutto, il lavoro, il futuro e anche la vita… tanto vale ribellarsi!
Neanche le richieste moderate dei leader della comunità nera, sia del Partito democratico che del Naacp (la principale associazione per i diritti civili dei neri d’America) e delle diverse chiese della comunità nera, sono riuscite a impedire che la gente continuasse a scendere in strada, a fare picchetti e a discutere della situazione in ogni angolo di Ferguson. Le domande legalitarie, unite alle richieste di mantenere la calma, fatte da questi leader non rispecchiano minimamente l’umore delle piazze. La gente comune e soprattutto i giovani sono consapevoli che anche la richiesta di una maggiore rappresentanza nera nella polizia o un maggior controllo da parte della comunità non sono abbastanza.
In una lettera al Time la stella della pallacanestro Nba Kareem Abdul-Jabbar ha detto “dobbiamo affrontare la situazione non solo come un altro atto di sistematico razzismo, ma come ciò che è: guerra di classe.”
Al coro dei difensori della pace sociale si è naturalmente unito anche il presidente Obama: “Ora però torni la pace e la calma in Missouri” ha chiesto. “Ci deve essere il diritto di protestare ma allo stesso tempo si deve evitare ogni tipo di escalation della situazione. Posso assicurare che le autorità saranno trasparenti per chiarire le circostanze della morte di Michael Brown.” Come si può avere fiducia in un apparato statale che fa di tutto per difendere le proprietà dei ricchi mentre usa ogni mezzo per schiacciare ogni aspirazione di miglioramento delle condizioni di vita delle masse? Questo episodio non dimostra la fine del sogno post-razziale ma la dimostrazione che questo sogno non si è mai realizzato e che nel capitalismo non si può realizzare.
Non sono mancati presidi di solidarietà molto partecipati in molte altre città degli Usa. I fatti di Ferguson e la risposta dei giovani e dei lavoratori, infatti, hanno fatto emergere in superficie una rabbia che covava da molto tempo. Per l’ennesima volta la realtà smentisce gli scettici che pensano che gli Usa siano un unico blocco imperialista o che la reazione della polizia, dello spionaggio, ecc., sia troppo imponente per permettere un’opposizione interna alla società statunitense. I fatti di Ferguson stanno marcando un punto di svolta nella coscienza dei lavoratori e dei giovani americani. Ora le lotte contro la disoccupazione, contro gli attacchi ai lavoratori e contro le discriminazioni razziali e di genere devono trovare un’unità di interessi, gli interessi della classe sfruttata.
Malcolm X aveva capito che il capitalismo deve dividere la classe operaia per poter continuare a sfruttare e per questo aveva pronunciato la famosa frase “non si può avere il capitalismo senza razzismo.” Quello di cui c’è bisogno negli Usa è un partito della classe operaia con un programma rivoluzionario, un partito dei giovani e dei lavoratori sfruttati. I compagni di Socialist appeal negli Usa sono intervenuti nelle manifestazioni di Ferguson e nelle altre città portando questa necessità storica, unita a quella di una lotta generalizzata contro ogni sfruttamento capitalista. Unisciti alla Tendenza marxista internazionale e lotta per un futuro socialista!