Un mese dopo la prima guerra del golfo, nel 1991, l’allora segretario generale dell’Onu (sotto le cui bandiere era stata portata avanti Desert storm), Perez De Cuellar, riportava nella sua relazione al Consiglio di sicurezza che il conflitto aveva “inferto conseguenze quasi apocalittiche sull’infrastruttura economica di quella che, fino al gennaio del 1991, era una società dall’alto grado di urbanizzazione e meccanizzazione”. In una lettera al Consiglio del 20 marzo 1991 ribadiva: “L’Iraq, almeno per un certo periodo, è stato relegato ad un’era preindustriale, ma con tutte le conseguenze negative di una dipendenza post-industriale nell’uso intensivo di energia e tecnologia”.
La situazione economica del paese non è certo migliorata dal pesantissimo embargo in vigore ormai da oltre dodici anni, deciso dall’Onu il 6 agosto del 1990 dopo l’invasione del Kuwait da parte di Saddam Hussein.
In un documentato articolo (Running dry: Sanctions hit Iraq’s young the hardest), pubblicato dal Seattle Times il 4 agosto del 2002, Greg Barnett dimostra l’impatto devastante delle sanzioni sulla popolazione (embargo totale fino al 1997, poi parzialmente limitato dal programma Oil for food - Cibo in cambio di petrolio dell’Onu).
Un milione (UN MILIONE!) di morti su una popolazione di 22 milioni di persone in dodici anni, la metà (dodici per ogni giorno di embargo) bambini con meno di cinque anni, secondo i rapporti dell’Unicef. L’embargo “per impedire a Saddam il riarmo” ed “evitare una nuova guerra” è costato più vite della guerra stessa! Come si spiega questa cifra? La causa principale di questo genocidio è la diffusione di malattie legate all’ingestione di acqua infetta causata dalla distruzione sistematica durante la guerra degli acquedotti, degli impianti di bonifica, irrigazione e depurazione dell’acqua, la cui ricostruzione è stata impedita per anni dall’embargo e rallentata dopo il 1997 dai veti americani all’esportazione verso l’Iraq di pompe idrauliche e altre tecnologie ad uso civile nel quadro del programma “Oil for food”. Secondo Hans Von Sponeck, ex-assistente segretario generale delle Nazioni Unite dimessosi nell’estate del 2000 in protesta contro la continuazione delle sanzioni, gli Stati Uniti hanno bloccato “qualsiasi cosa sia dotata di un sofisticato meccanismo di pompaggio perché ritengono che potrebbe essere usato dai militari iracheni per fabbricare armi di distruzione di massa”.
Le cosiddette tecnologie di possibile uso “improprio” in campo militare sono praticamente tutte quelle che accompagnano la nostra vita quotidiana.
Solo per fare un esempio: oltre alle pompe idrauliche e affini, sono inclusi in questa categoria anche i generatori elettrici e il cloro (che può essere usato per produrre il cosiddetto Gas-mostarda). In altre parole all’Iraq è stato negato per anni di poter depurare e disinfettare l’acqua in una situazione in cui la principale causa di mortalità infantile è la diarrea o il colera.
Secondo il New England Journal of Medicine nei primi otto mesi del 1991 i tassi di mortalità neonatale ed infantile sono raddoppiati assestandosi rispettivamente sui livelli di 92,7 e 128,5 per mille nati vivi, dati confermati da uno studio del 1999 dell’Unicef (103 e 125 per mille). Le nascite sotto peso sono quadruplicate e riguardano il 25% dei neonati.
Per tutto questo tempo gli Stati Uniti sono stati ben coscienti dell’impatto delle proprie scelte sulla popolazione irachena. Nel 1996 M. Albright, allora ambasciatrice Usa all’Onu, rispose ad un allibito Lesley Stahl (conduttore del programma 60 minutes della CBS), che le chiedeva delle sanzioni e della morte di bambini iracheni, che era precisa responsabilità degli Stati Uniti assicurare che non si ripetesse una nuova guerra del Golfo. “Penso sia una dura scelta, ma noi pensiamo che valga questo prezzo da pagare”.
In uno studio della Defence Intelligence Agency intitolato Iraq Water Treatment Vulnerabilities (Punti deboli del sistema di depurazione dell’acqua iracheno) si legge: “A meno che l’acqua non sia purificata con il cloro, potrebbero verificarsi epidemie di colera, epatite e tifo”.
Più di 700 obiettivi furono bombardati nel 1991 per piegare Saddam - ponti, strade e linee elettriche che alimentavano 1410 impianti per la depurazione dell’acqua di 22 milioni di iracheni. La data del documento citato è del gennaio 1991. Immaginiamo cosa succederebbe se un documento dal titolo U.S. Water Treatment Vulnerabilities che descrive come diffondere epidemie tra la popolazione civile americana fosse rinvenuto in uno degli archivi di Saddam Hussein. “Terrorismo!” direbbe Rumsfeld. Noi diciamo genocidio.