L'Electrolux è sotto i riflettori nazionali da diversi giorni per le decisioni dell'azienda di delocalizzare la produzione in Polonia, con migliaia di posti di lavoro a rischio. La multinazionale in Italia è presente a Pordenone, Susegana, Solaro, Porcia e Forlì e dà lavoro a più di 6mila persone.
I lavoratori hanno intrapreso una dura lotta per difendere il loro posto di lavoro e la certezza di una stipendio dignitoso; l'azienda ha fatto sapere di essere disposta al mantenimento della produzione in Italia al solo patto che i lavoratori accettino una decurtazione al salario di 130 euro, una riduzione delle pause e dell'orario di lavoro da 8 a 6 ore con la cancellazione del premio di produttività.
Un vero e proprio dimezzamento del salario!
E' bene ricordare che per l'operazione di acquisizione della Zanussi, l'Electrolux, nel 1984, ha ricevuto dalla Regione Friuli 50 miliardi di lire e 25 miliardi di prestito agevolato.
Ora la stessa Regione ha messo sul piatto ben 98 Milioni di euro per una multinazionale che, è bene ricordarlo, non è affatto in crisi ma solo alla ricerca di abbattere il costo del lavoro. Tutto questo ci dimostra quanto sia sempre più urgente la nazionalizzazione di aziende che, nonostante vantino utili miliardari, non sanno garantire condizioni dignitose ai propri dipendenti.
Ne parliamo con Gabriele Santarossa, delegato RSU all'Electrolux di Porcia (Pn) da più di 20 anni.
Il ricatto di una drastica riduzione dello stipendio a cui vi ha sottoposto l'azienda, ha fatto precipitare una situazione già di per sé molto tesa. Sono anni che lottate per difendere il posto di lavoro; puoi spiegarci brevemente come siete giunti a questa situazione?
Un'assemblea davanti allo stabilimento di Porcia |
L'Electrolux comprò il gruppo Zanussi in Italia nel 1984 e ha continuato per anni ad acquisire grandi gruppi di elettrodomestici in tutta Europa, tra cui l’AEG.
A partire dagli anni '90 Electrolux ha iniziato a riorganizzare e ristrutturare le aziende, razionalizzando per diventare più efficiente e produttiva, arrivando a dimezzare i posti di lavoro a livello europeo.
Per molti anni la strategia dell'azienda si è concentrata su questa poderosa riorganizzazione per eliminare, dopo l'acquisizione dell' AEG e della Zanussi, veri e propri doppioni di stabilimenti. È quindi dagli anni '90 che Electrolux chiude stabilimenti, licenzia operai e fa azioni di "efficientamento" chiedendo sacrifici ai lavoratori.
Nel '97 Electrolux avviò quella che la stampa soprannominò “asta internazionale”, ossia il mantenimento unicamente di quei siti produttivi in grado di dare ottimi recuperi di redditività, tutto il resto venne chiuso. L'Italia venne scelta per gli investimenti perché il costo del lavoro era più basso rispetto ad altri paesi europei e perché qui c'è una lunga tradizione di professionalità, capacità tecnologica ed eccellenza nel design.
Maturano i tempi e ci troviamo di fronte ad un'altro momento critico agli inizi del 2000, quando l'azienda inizia a fare investimenti nei paesi dell'Est europeo; è qui che parte la teoria secondo la quale il costo del lavoro in Europa occidentale è troppo elevato, ci sono delle opportunità in quei paesi e si inizia a delocalizzare.
In quel periodo Electrolux apre stabilimenti in Polonia, Ungheria e in Romania e sposta settori di produzione dall'Italia all'est Europa, mantenendo per gli stabilimenti italiani l'alto di gamma e trasferendo tutto il basso di gamma.
La prima grossa partita persa dallo stabilimento di Porcia è stata la produzione degli essicatori, trasferita interamente in Polonia nel 2001/2002, a cui è seguito un piano di ristrutturazione.
Con l'inizio del 2007 arrivano i primi segnali della crisi con una riduzione di volumi di produzione a cui corrisponde il mancato rinnovo di molti lavoratori con contratto a termine e la dismissione di alcune lavorazioni che vengono esternalizzate.
La nostra più grande preoccupazione, il motivo che ci porta qui a manifestare, è che l'azienda decida di ridimensionare ulteriormente tutti gli stabilimenti italiani con una prospettiva a brevissimo termine di dismissione completa di tutte le produzioni in Italia e i primi a dover essere sacrificati secondo l'azienda siamo proprio noi di Porcia.
L'Electrolux ha dichiarato che il principale motivo che incoraggia ad abbandonare il nostro paese è l'alto costo del lavoro. Cosa ne pensi in proposito?
Voglio provare a dare un ordine di grandezza tra quanto costa produrre una nostra lavatrice e il prezzo del prodotto in vendita.
Facendo un confronto tecnico tra una lavatrice prodotta in uno stabilimento italiano, e lo stesso modello prodotto in Polonia, emerge che in Italia produrlo costa circa 170 euro mentre in Polonia costa 160 euro, 10 euro di differenza. Nel costo di 170 euro di una macchina ci sono circa 16 euro del costo del lavoro, 10 euro di materiali ausiliari e il rimanente è determinato dal costo del materiale. Non c'è un vero gap a livello produttivo. Sicuramente dietro c'è una convenienza a esportare la produzione in quei paesi dettata da ragioni di tassazione: sappiamo che l'UE premia con detassazione e incentivi coloro che vanno a produrre in aree economicamente depresse, ma questo è un altro discorso. La cosa importante è capire che il costo del lavoro non c'entra nulla.
Come vi state organizzando per difendere il vostro posto di lavoro qui a Porcia?
Vogliamo costringere l' Electrolux a continuare ad investire su Porcia. Non accettiamo il ricatto e non vogliamo abbassarci a prendere in considerazione la proposta di doverci tagliare il salario, rinunciando ai nostri diritti, purché la produzione rimanga qui.
I soliti benpensanti ci chiedono: quanto siete disposti a ridurre il vostro salario? Niente, rispondiamo noi.
Siamo certi che se si cede su questa linea la conseguenza sarebbe un cedimento a valanga che non riguarderebbe più solo noi di Electrolux ma anche altre aziende e altri settori.
L'esempio della Fiat è emblematico. Siamo consapevoli che la lotta sarà lunga e che dovremo affrontare fasi difficili; l'azienda ci sta già minacciando di denuncia se non togliamo subito il presidio, ci minaccia di mettere in libertà i lavoratori e ci sta provocando in diversi modi.
Il 17 febbraio è la data dell’incontro tra le parti sociali in cui l'azienda dovrà dichiarare quali saranno le sue intenzioni e i suoi piani per il futuro.
Il governo ha dato la sua parola e ha garantito il massimo impegno a tutti i livelli. Si stanno muovendo il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero del lavoro, le parole di Zanonato sono state di pieno supporto. Io non ho molta fiducia nel lavoro del Governo e delle istituzioni; credo molto di più in quello che stiamo facendo noi. Quello che ci viene dalla parte governativa ben venga, certo è che io chiederei al Governo una presa di posizione politica seria di condizionamento di queste multinazionali. In Europa noi lavoratori siamo messi gli uni contro gli altri e venduti alla mercé degli interessi delle multinazionali.
In realtà però l'azienda ha già fatto dei passi indietro rispetto ad alcune sue intenzioni, ad esempio sulla riduzione dell'orario di lavoro. Come lo interpreti questo arretramento?
Sì, c'è stata l'audizione al Senato in cui l'amministratore delegato di Electrolux Ferrario ha dichiarato che non faceva parte delle intenzioni dell'impresa ridurre l'orario di lavoro a 6 ore. Nella trattativa sindacale invece l'azienda aveva chiesto che l'orario venisse ridotto a 6 ore per motivi di efficienza.
L'azienda ha più volte manipolato l'informazione sul nostro caso, esempio lampante ne è la questione dei “soli” 130 euro: è diventato ormai uno slogan, l'azienda quando parla dei tagli al nostro stipendio usa sempre quel “soli” davanti. È la prima volta che l'azienda parla di soldi netti, cosa che non fa mai. Quando si tratta degli aumenti salariali vengono sempre annunciati lordi, in questo caso invece si parla di netto dal momento che parlare di 350/400 euro sembrava una cifra troppo alta. Inoltre in questi 130 euro non è conteggiato una parte di salario che però verrà eliminato nel giro di un paio d'anni, come il premio di produzione.
Quali sono le iniziative che avete in campo?
Due settimane fa, dopo l'annuncio di Electrolux di voler chiudere Porcia, abbiamo di fatto occupato la fabbrica e bloccato tutte le portinerie impedendo gli ingressi in fabbrica. Nel momento in cui dovessero arrivare da parte dell'azienda ulteriori aggressioni quella sarà l'azione più forte e definitiva. Sappiamo bene che è una soluzione a tolleranza zero e che la reazione dell'azienda potrebbe essere a tolleranza zero, perciò è uno strumento da utilizzare con molta cautela. Non credo si arriverà a questo il 17 febbraio, ma se le intenzioni non cambieranno e non lasceranno intravedere una soluzione per il nostro futuro non vedo molte alternative.