Meridiana, la seconda compagnia aerea italiana (del miliardario arabo Aga Khan o “Aga Cane” come dice una canzone popolare sarda) ha deciso di cacciare circa 1.634 lavoratori, con la motivazione dei buchi di bilancio e della crisi. I lavoratori, in gran parte in cassa integrazione dal 2011, non ci stanno e hanno reagito alla sconvolgente notizia con assemblee all’aeroporto di Olbia e Malpensa e presidi permanenti nei vari aeroporti, tra cui Olbia e Cagliari. Le proteste sono state così dure che i manager hanno innalzato in fretta e furia una barriera di lastre d’acciaio e filo spinato attorno al quartier generale di Olbia, per proteggersi dalla rabbia dei licenziati.
I lavoratori obbiettano che è una crisi costruita, perché la gran parte delle tratte sono state spostate dalla compagnia Meridiana a AirItaly, controllata dalla Meridiana stessa, che ha incrementato i debiti della società un paio d’anni fa e al contempo “ruba” il 47% dei profitti della compagnia principale. Inoltre i debiti della società ammontano a circa 352 milioni, che per una compagnia aerea di proprietà di una holding multimiliardaria non sarebbero una situazione disastrosa. In molti poi si domandano la sorte dei recenti 250 milioni iniettati nella compagnia dagli azionisti. Gli amministratori della compagnia dell’“Aga Cane” sostengono che i licenziamenti siano necessari e dolorosi, per evitare la chiusura tra due anni della compagnia. Di fatto, stando a quanto proposto, la massiccia riduzione di personale e dei vettori comporterebbe già ora la fine della compagnia: taluni suppongono che sia un modo per snellire la compagnia e venderla ai “cugini” del Qatar e farne una compagnia per vip.
La compagnia dopo pressioni governative e dei dipendenti ha deciso di rinviare al 21 ottobre l’avanzamento della procedura di mobilità dei lavoratori, pur ribadendo la necessità dei licenziamenti. Ovviamente il segretario sardo della Cgil Carrus si è presentato alla trattativa con le brache calate, non parlando minimamente di forme di lotta per contrastare l’azienda ma dicendosi disponibile a discutere un nuovo piano aziendale in cui si potrebbe discutere perfino di eventuali esuberi. Alla riunione del 30 settembre al Ministero dell’economia i sindacalisti di Uil e Anpav sono stati severamente contestati dai lavoratori, il che dimostra il risentimento e l’odio dei lavoratori per sindacati che firmano qualsiasi cosa e non mettono in campo nessuna forma di lotta per danneggiare e far “ragionare” l’azienda. I sindacati di base si son detti delusi dal presidente piddino sardo Pigliaru, che ha detto che “non vuole fare impresa” (come ente regionale, Ndr) e ha evitato di prendere posizione a favore dei lavoratori. D’altronde che attendersi da uomini politici che vedono nella volontà delle aziende il diritto divino a fare delle proprie maestranze ciò che meglio credono?
La mobilitazione dura, per respingere tutti i licenziamenti, è la sola via per non far ricadere sulle spalle dei lavoratori il costo dei giochi finanziari degli amministratori delegati. La paralisi di certi sindacalisti, pronti solo a discutere da una posizione già di partenza remissiva, è quanto di più sbagliato esista.
La soluzione definitiva, la salvezza per ogni posto di lavoro, consiste non nella richiesta di altri due anni di cig sperando in una soluzione data dai fantasmi del mercato, ma nell’esproprio senza indennizzo della società e delle sue controllate sotto il controllo dei lavoratori.