Con l’arrivo dell’estate è ormai normale attendersi, oltre alle ferie, la comparsa dei focolai che si trasformano in veri e propri inferni per abitanti del luogo, turisti e soccorritori. Ogni anno vanno in fumo migliaia di ettari di boschi e macchia mediterranea, danneggiando anche i pochi parchi nazionali esistenti. Su tutto ciò pesa il numero delle persone che muoiono a causa delle fiamme.
In questo periodo si sente solo un coro di voci che invocano leggi più repressive – addirittura c’è chi propone di sparare a vista sui presunti piromani – ma nessuno (e ci riferiamo soprattutto a sinistra) che si interroghi sulla reale natura del fenomeno.
A parte il vergognoso scarica barile al quale si assiste in presenza di ogni tipo di tragedia, nessuno si chiede quale sia la molla che spinge gli incendiari all’azione. La questione come sempre ha profonde radici materiali, che ovviamente in molti hanno interesse ad occultare.
Alla base di ogni tragedia collettiva ci sono, come sempre, gli spietati ingranaggi del sistema economico dominante: la continua, esasperata ricerca del profitto che calpesta dignità e condizioni materiali delle classi meno abbienti, senza alcun riguardo per la vita stessa.
C’è una bella legge che prevede l’impossibilità di sfruttare i terreni incendiati a fini edilizi e/o per il pascolo se non fosse che i comuni non aggiornano le mappe catastali; ce n’è un’altra che stabilisce, ai fini del ripristino dell’ecosistema, lo stanziamento di fondi destinati al rimboschimento delle aree, fondi che fanno gola a tanti.
C’è ancora la precarietà dei lavoratori della forestale e della protezione civile, che in alcuni casi – per fortuna pochissimi, ma comunque sintomatici di un disagio profondo – sono causa scatenante degli stessi roghi. Si è sentito qualche volta di lavoratori della forestale che alla scadenza del contratto (di pochi mesi) appiccavano gli incendi nella speranza di essere riassunti per far fronte all’emergenza.
Tutti ci siamo rattristati per la morte di quattro persone a Patti (Me), ma la tristezza si è trasformata in rabbia quando si è saputo che oltre il 70% del personale della protezione civile è in ferie forzate in quanto non godute durante il resto dell’anno a causa della carenza, ormai divenuta cronica, di personale.
Il corpo dei Vigili del Fuoco stima che il suo organico è carente di oltre 20.000 unità, ed il corpo è costituito da oltre 16.000 precari, ossia Vigili che lavorano 20 giorni ogni 4 mesi! In una città come Messina ci sono solo due presidi ed in questo periodo si arriva a lavorare per 48 ore di seguito!
Di fronte a questi dati sconcertanti, la rabbia sale alle stelle quando si considera che il governo nazionale ha aumentato del 13% le spese militari per le famose missioni di guerra “umanitarie” mentre, quando si tratta di emergenze realmente umanitarie, non esita a tagliare i fondi e ridurre il personale per esigenze di bilancio pubblico.
In tali condizioni parlare di protezione civile, di lotta agli incendi ed agli speculatori edili, se non ci fossero risvolti tragici, sarebbe comico.
Se si volesse veramente debellare – o almeno arginare – questo fenomeno, occorrerebbe intraprendere tutt’altra strada. Oltre all’abolizione del precariato nella protezione civile – come ovviamente in tutti gli altri settori –, occorrerebbe acquistare Canadair e non bombardieri, mezzi corazzati e portaerei (2.700 miliardi di vecchie lire solo per la “Cavour”), espropriare le grandi imprese di costruzioni ponendole sotto il controllo dei lavoratori, tagliando le gambe alla speculazione affidando a queste ultime la costruzione di abitazioni popolari e le “grandi opere” realmente necessarie. Con ciò si ridurrebbero drasticamente anche le migliaia di incidenti che ogni anno si verificano nei cantieri.
Fin quando, però, le leve economiche rimarranno in mano alla borghesia, questa è la prospettiva che ci attende.
Con questo articolo intendiamo, infine, esprimere il cordoglio dei compagni di FalceMartello di Messina al compagno della Cgil Matteo Cucinotta per la perdita della sua compagna nel rogo che ha colpito l’agriturismo di Patti. Ci auguriamo al tempo stesso la pronta guarigione sua e degli altri familiari ricoverati in ospedale.
Matteo è responsabile del Dipartimento Salute e sicurezza della Cgil e nell’agosto del ’99 fu accoltellato davanti ai cancelli della centrale Enel di Milazzo, presso la quale lavorava, durante una vertenza contro il piano di privatizzazione dell’impianto e per la sua messa a norma dal punto di vista ambientale. Il nostro auspicio è di rivederlo al più presto in prima linea nelle battaglie che ci attendono nel prossimo futuro anche nella nostra provincia.