Dall'assemblea Nazionale che la Fiom ha tenuto il 10 e 11 maggio a Montesilvano è emerso un primo dato inequivocabile: la Cgil su art.18 e contratto nazionale ha scaricato la sua categoria di riferimento.
L'assenza dei massimi vertici confederali alla due giorni dei meccanici è un messaggio che Camusso manda "al palazzo". In nome dell'unità nazionale, in nome dell'unità del Partito democratico e in nome dell'unità sindacale con Cisl e Uil siamo disposti a sacrificare sull'altare della patria la Fiom, lasciando che venga isolata e abbandonata a se stessa.
Un bilancio necessario
Non c'è dubbio che l'ennesimo voltafaccia inflitto dal vertice Cgil alla Fiom dovrebbe indurci a fare un bilancio sobrio ma non certo positivo della linea "distensiva" che, dall'assemblea di Cervia del settembre scorso in avanti, ha tentato di portare avanti la nostra categoria. Nonostante la Fiom ripetutamente abbia cercato di dialogare con la Cgil, anche facendo pesanti concessioni come per esempio sull'accordo del 28 giugno ( o su parti di esso), quest'ultima in tutti i momenti decisivi ci ha ringraziati chiudendoci la porta in faccia.
La capitolazione confederale sulla vicenda dell'art.18 rappresenta l'ennesimo schiaffo alla categoria che più di ogni altra ne subirà le conseguenze essendo la più radicata ed esposta alle future rappresaglie padronali. Per questo dall'assise pescarese ci si attendeva una reazione categorica, dura della Fiom nei confronti anche della Cgil. Ma le decisioni prese, anzi non prese, a Montesilvano hanno dimostrato che rettificare una linea sbagliata portata avanti per mesi con determinazione diventa molto, molto difficile.
Il contratto nazionale: nessuna linea chiara
La posizione della Cgil in merito al contratto dei meccanici è stata ben riassunta dal documento presentato dai camussiani: "nonostante la chiusura che permane da parte di Fim Uilm e Federmeccanica, la Fiom deve ricercare un terreno unitario che rappresenti la condizione necessaria per riconquistare il contratto nazionale". La Fiom, in sostanza, dovrebbe rivedere e modificare la propria piattaforma presentata a settembre per renderla "accettabile" a padroni e sindacati complici...vagli a spiegare che non solo quella piattaforma è stata a suo tempo condivisa pure dalla Cgil, ma soprattutto che è stata approvata da centinaia di migliaia di lavoratori tramite referendum e che, pertanto, non può esser modificata a meno che non si pensi di rifare la consultazione.
Altrettanto chiara è stata nei giorni scorsi Federmeccanica. Per i padroni o il prossimo Contratto nazionale prevede flessibilità selvaggia, salario legato alla produttività e deroghe "oppure Federmeccanica non riterrà utile concludere alcun accordo di rinnovo del contratto nazionale" [Il sole24ore 04/05/2012].
A questo si aggiungano le sibilline parole del vicepresidente di Federmeccanica Roberto Maglione: "Un altro accordo separato sarebbe peggio per tutti, si vince tutti e si perde tutti [...] Una possibile via d'uscita [per far rientrare la Fiom al tavolo di trattativa NDR] è quella di affrontare il tema della rappresentanza, facendo ripartire il tavolo dell'accordo del 28 giugno firmato dalla Cgil" [L'Unità 22/05/2012]. Per Confindustria quindi il prossimo contratto nazionale o sarà unitario e come dice lei, oppure niente. Senz'altro è un monito pure a Fim e Uilm. Tuttavia, non v'è dubbio che questa posizione metterà sotto pressione fortissima soprattutto la Fiom, specie se i padroni saranno davvero disposti a trattare sulla rappresentanza in base a quell'accordo del 28 giugno che la Fiom in prima istanza aveva bocciato, ma successivamente ha più volte evocato.
Questa situazione richiederebbe una posizione ed una linea strategica chiara da parte del nostro sindacato. Ma da Montesilvano non è emerso nulla di tutto questo. Da un lato nel documento finale presentato da Landini si sono ribadite condivisibili quanto generiche formulazioni sulla necessità della riconquista del contratto nazionale. Dall'altro si sono alternati interventi di peso, come quello del compagno Airaudo, che hanno invece affermato che il contratto nazionale non esiste più. Verrebbe da dire delle due l'una: o il contratto nazionale non esiste più e ci dobbiamo quindi rassegnare o lo dobbiamo riconquistare e quindi dobbiamo dare un segnale di mobilitazione, militante. Purtroppo grande è la confusione sotto al cielo.
Chi scrive si è permesso di avanzare alcune proposte su come tentar di riconquistare il contratto, senza negare le enormi difficoltà che la attuale situazione presenta, ma senza nemmeno lasciarsi abbandonare ad una rassegnazione che rischia di aprire la strada alla linea di resa proposta dai cgiellini.
Proposte a partire dallo stilare delle Linee Guida sulla contrattazione aziendale valide e vincolanti per tutte le Fiom territoriali e che abbiano al centro la rivendicazione dell'applicazione del CCNL unitario del 2008 ed il riconoscimento della sua ultrattività. Cercando così di costruire e generalizzare, a partire dai nostri punti di forza locali, quella conflittualità necessaria per riconquistare davvero il contratto. Tentando così di far leva sulle contraddizioni e le difficoltà che diverse Confindustrie territoriali stanno subendo a causa di lotte che, specie in Emilia, inducono diversi padroni a disconoscere le scelte politiche della propria associazione. A questo si dovrebbe aggiungere, là dove i rapporti di forza non lo consentono, la ripresa delle vertenza legali sul tema del contratto nazionale. Cause sospese a luglio dell'anno scorso nonostante le sonanti e generalizzate vittorie, ancora una volta nella speranza, puntualmente disattesa, che la Cgil intervenisse e ci desse la possibilità di aprire nuovamente il tavolo di trattativa.
A queste proposte senz'altro parziali ma, a nostro parere, non banali purtroppo non è stata data risposta alcuna.
Sulla cancellazione dell'art.18 la Fiom non proclama lo sciopero generale
L'altro punto in discussione era la questione dell'art.18 e l'inaccettabile mediazione sulla famosa "manifesta insussistenza" avallata dalla Cgil. Tutti si aspettavano che la Fiom, qualora non lo facesse la Cgil (cosa ormai altamente improbabile), proclamasse comunque lo sciopero generale di categoria. Lo aveva lasciato intendere lo stesso compagno Landini nella riunione di Direzione del 9 maggio in cui aveva subito persino attacchi personali da parte dei camussiani. Era emerso in molti interventi, anche importanti, tra cui i segretari generali di Emilia e Lombardia. Chi scrive aveva anche proposto che alla proclamazione dello sciopero generale dei meccanici con presidio/assedio del parlamento seguisse un appello alle Rsu delle altre categorie perché aderissero alla mobilitazione della Fiom ed imponessero lo sciopero generale dal basso, nonostante i dettami dei vertici Cgil.
Invece, il veto allo sciopero generale posto esplicitamente da Airaudo nel suo intervento ha fatto cedere completamente l'ala landiniana. Il documento finale parla di "mobilitazioni necessarie a modificare la controriforma del Mercato del lavoro". Checché se ne dica, chi conosce il gergo sindacalese sa che questa formulazione esclude quasi sicuramente lo sciopero generale. Tant'è che si parla di presidio davanti al parlamento con "i movimenti" (ovvero nei fatti Casarini, i disobbedienti e poco altro) ma niente sciopero. Siamo convinti che se la Fiom avesse avuto più coraggio e avesse proclamato lo sciopero con determinazione avrebbe creato enormi contraddizioni e problemi di tenuta in Cgil della linea Camusso. In questo modo invece, si è dato il segnale che la Fiom, per quanto coraggiosa e coerente, non ha la forza di opporsi fino in fondo alla linea suicida e capitolazionista dei vertici confederali
Inutile ormai girarci intorno. La deriva moderata di questo gruppo dirigente Cgil è senza freni. Non vi è alcuno spazio per dialogare o trattare, l'unica soluzione possibile ed efficace è opporvisi con fermezza intraprendendo una battaglia senza quartiere per difendere la Cgil, il suo patrimonio politico e sindacale, dal suo attuale gruppo dirigente.