Intervista ad Antonio Santorelli, responsabile Fiom cantieristica Castellamare di Stabia
Nell’ultima settimana la mobilitazione dei lavoratori di Fincantieri in risposta al piano di ristrutturazione presentato dal gruppo ha acceso i riflettori sulle prospettive di un settore che dovrebbe essere strategico, come quello della cantieristica navale.
Intervistiamo Antonio Santorelli, segretario della Fiom di Napoli e responsabile della cantieristica di Castellammare, che coinvolge tra Fincantieri e indotto più di 2000 lavoratori.
Cominciamo dall’incontro tra l’amministratore delegato e le organizzazioni sindacali; cosa è successo?
Il 23 maggio scorso, in una riunione del comitato strategico, l’amministratore delegato di Fincantieri, Bono, comunica il piano industriale.
Dal piano sulle scelte strategiche del gruppo emerge la chiusura dei cantieri di Castellammare e Sestri Ponente e il ridimensionamento di Riva Trigoso, di cui una parte della produzione viene spostata a Muggiano.
Anche per i cantieri che rimangono aperti non vi è certezza rispetto al futuro: per l’a.d. sono sul mercato, per cui anche loro possono essere a rischio di chiusura se il mercato non risponde.
I lavoratori come hanno risposto alla presentazione del piano Bono?
La reazione dei lavoratori è stata di indignazione perché venivamo da una decina di giorni di iniziative di lotte fatte a Castellammare. Nel cuore di ogni lavoratore non c’era posto per una notizia del genere: dopo 231 anni il cantiere chiudeva.
Questo ha fatto si che i lavoratori esprimessero la loro frustrazione nei confronti delle organizzazioni sindacali, perché solo la Fiom ha parlato direttamente con i lavoratori dopo la riunione.
Quella indignazione strada facendo, già nel breve tragitto per raggiungere il pullman, è diventata rabbia. E arrivati a Castellammare i lavoratori hanno trovato la piazza antistante al comune piena di gente ad aspettarli.
E hanno occupato la casa comunale con un presidio permanente che dura fino ad oggi.
Stizza e rabbia hanno portato a compiere gesti non premeditati. Ciascuno si è attivato per mettere in piedi iniziative di lotta quotidiane (presidi nelle principali strade della città, occupazione della stazione, blocco della statale Sorrentina ecc).
Come commenti le dichiarazioni del Sindaco di Castellammare che ha parlato di infiltrazioni camorristiche, invocando addirittura l’intervento dell’esercito?
Non penso assolutamente che la camorra abbia trovato spazio tra le azioni dei lavoratori. Se fosse altrimenti il sindaco, oltretutto come ex magistrato, avrebbe il dovere di denunciare quello che sa alle autorità competenti.
Proprio per questo a niente serve l’esercito, il conflitto non può essere ridotto ad una questione di ordine pubblico. Si sta lottando per la sopravvivenza, per riprendersi il proprio lavoro e la dignità di una città di oltre 70mila abitanti.
Anche dal punto di vista culturale e storico è palpabile l’osmosi che c’è tra lo stabiese e il cantiere navale. Non a caso, per come è ubicato il cantiere si può notare che la città lo abbraccia ed io in questi giorni ho notato che ogni cittadino di Castellammare è toccato profondamente: a fianco dei lavoratori sono scesi in campo tutti i ceti sociali della città, come dimostra la serrata decisa autonomamente dall’Ascom, l’associazione dei commercianti.
Qual è il ruolo della Fiom in queste mobilitazioni?
C’è un grande interesse nei confronti della Fiom da parte dei lavoratori.
Questo perché molti lavoratori dell’indotto di Fincantieri hanno compreso che la Fiom ha sempre detto loro la verità sui destini e sulle prospettive del cantiere di Castellammare.
Il 23, non è un caso, è stato il coordinatore nazionale della Fiom a spiegare ai lavoratori come stanno le cose. Qualcun altro è scappato.
Un po’ come era successo per Pomigliano, la volontà dì chiudere il cantire è accompagnata dalla propaganda che dipinge i lavoratori di Castellammare come improduttivi.
In questi giorni scorrendo i vari quotidiani emerge la posizione dei tanti cantori di Castellammare. Hanno in testa di adibire una parte del cantiere ad attracco crocieristico e l’altra parte come cantiere di riparazione, qualche cantore va oltre proponendo anche la costruzione di tronconi di navi.
Io a chiare lettere affermo che questi stanno fuori dal mondo. Il cantiere di Castellammare ha sempre espresso, pur non avendo tecnologie di infrastrutture al top, alte professionalità ed una eccezionale qualità del lavoro svolto.
Non è un caso che non avendo il bacino di costruzione l’ultima nave che abbiamo varato aveva una lunghezza di 230 metri.
Le navi a Castellammare si varano col metodo tradizionale dello scivolo a mare, ecco perché una delle rivendicazioni che le RSU fanno e mettono al centro è la costruzione del bacino di costruzione per poter essere, come dicono Bono e company, più competitivi.
Altro che metodo Marchionne per i lavoratori dei cantieri italiani!
I piccoli mandarini non hanno assolutamente idea di che tipologia di lavoro svolgano gli operai e quanta intellettualità e manualità c’è nel lavoro dei cantierini.
Molte volte sono costretti anche a mettere da parte da parte il disegno e grazie alla loro esperienza e professionalità riescono a portare positivamente avanti il lavoro da svolgere.
Come si inserisce la necessità di salvare il cantiere di Castellammare nella prospettiva generale del gruppo a livello nazionale?
Rimaniamo convinti che è necessario da parte della proprietà, in questo caso il Ministero del Tesoro che controlla attraverso Fintecna la società, un intervento risolutivo sulla cantieristica nazionale, perché è dal progetto nazionale che noi possiamo dare corpo e gambe al cantiere di Castellammare. Il nostro cantiere ha una missione specifica, e nello stesso tempo una capacità di adattamento ad una ipotetica nuova tipologia di costruzione.
Rimettiamo al centro il fatto che Fincantieri, per avere la possibilità di rimanere sul mercato mondiale, abbia una filiera completa e venendo a mancare uno dei suoi pezzi o più pezzi della filiera il gruppo nel giro di pochi anni è destinato ad essere travolto.
Proprio per questo la nostra è una lotta che va combattuta insieme da tutti gli stabilimenti e da tutto l’indotto, affinché non si perda nemmeno un posto di lavoro.
Innovazione e ricerca, progettazione e qualità del lavoro sono le leve per rimettere in corsa Fincantieri.
Il governo per bocca del suo ministro Scajola disse nel 2009 che la cantieristica è un settore strategico per il nostro paese.
È opportuno che si faccia un piano industriale che attraverso investimenti reali, a partire dalle infrastrutture per i cantieri, possa dare prospettive e sviluppo occupazionale.
È da alcuni anni che questo management ha abbandonato completamente la progettazione; non a caso i nostri migliori progettisti stanno lavorando in Russia, in Corea, in Norvegia, in Germania: hanno abbandonato Fincantieri.
Bono e il suo codazzo devono uscire fuori da questo gruppo. In poco più di 8 anni, da quando Bono è amministratore delegato, il gruppo ha solo perso manodopera.
Bisogna rivitalizzare Fincantieri con strumenti economici e finanziari affinché vengano commissionate nuove navi. Fincantieri detiene la leadership per quel che riguarda le produzioni ecocompatibili da potenziare nel più generale disegno dell’autostrada del mare di cui tanto si parla da un po’ di anni a questa parte.
Con quale proposta andrete all’incontro previsto per il 3 giugno?
Andremo a Roma con la richiesta del ritiro del piano Bono, non potendo esserci su quel piano nessuna base per la trattativa.
Andremo, ancora una volta, mettendo in campo il coinvolgimento della città di Castellammare e spingendo affinché vi sia la coesione di tutti i cantieri a livello nazionale.
Bisogna mettere al centro la necessità di un piano strategico per la cantieristica; dare tutto in mano al mercato, come ha fatto la politica negli ultimi anni, non ha dato alcun risultato positivo; così si perdono solo pezzi d’industria che un tempo erano leader del settore a livello mondiale.
* Prc Napoli
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