La storia della Badoni Costameccanica di Costa Masnaga (Lecco) inizia quando il signor Renato Bonfanti acquisisce l’azienda nel 2003 da un procedimento fallimentare grazie alla legge Prodi-bis. Presentando un imponente piano industriale di investimenti Bonfanti diventa proprietario di un’area industriale di più di 30mila metri quadri, di cui 4mila di capannoni attrezzati.
Le prime avvisaglie di qualcosa di anomalo sono del Maggio 2007 quando, in gran segreto, Bonfanti vende l’immobile e il terreno alla Badoni Spa, intestata al figlio.
I sospetti dei lavoratori trovano una prima conferma nell’ottobre 2009 quando l’azienda viene messa in liquidazione in modo del tutto unilaterale; la procedura viene ritirata dopo poche settimane ma di lì a qualche mese il direttore generale comincia una lunga malattia, che perdura tutt’oggi.
La storia recente della Badoni vede il signor Bonfanti ritentare il solito trucco il 17 gennaio 2010 quando, senza darne comunicazione ai dipendenti e alle parti sociali, l’azienda viene posta in liquidazione. Di fronte alla richiesta di chiarimenti il proprietario dichiara di dover colmare un buco di bilancio di ben 800mila euro: la cifra risulta strana a fronte dell’enorme mole di commesse evase nel 2009. L’azienda ha infatti un ottimo mercato poichè produce riduttori, anche di enormi dimensioni, usati ad esempio per le pale delle centrali eoliche.
Nel frattempo i lavoratori hanno la sensazione che Bonfanti rifiuti le commesse; la goccia che fa traboccare il vaso è l’ordine, del 16 marzo scorso, di trasferire i due ultimi riduttori in fase di completamento in altro loco per ultimarne la finitura. I lavoratori della Badoni, vedendo questa direttiva come l’inizio dello smantellamento dell’azienda, si chiudono nella fabbrica in assemblea permanente.
Sotto la pressione dei lavoratori Bonfanti si dichiara disposto a trattare la cessione dell’attività ad una cordata di imprenditori locali disposti ad accettare le richieste economiche del proprietario (2 milioni di euro) e procedurali (affittare il sito produttivo senza alienare la proprietà del marchio e degli immobili).
I lavoratori della Badoni cessano l’assemblea permanente e tornano a lavorare.
Questi imprenditori, a garanzia di serietà, presentano un piano industriale di rilancio dell’azienda in nuovi settori e un pacchetto di commesse del valore di 1milione e 300mila euro. La loro unica richesta è di visionare i bilanci della Badoni. Ed ecco il colpo di scena; si scopre che Bonfanti da anni non presenta in camera di commercio i libri contabili dell’azienda preferendo pagare una penale.
A questo punto la cordata di imprenditori chiede di nominare dei periti che visionino i conti dell’azienda per stabilirne le condizioni ma, il 13 aprile, Bonfanti dichiara che non mostrerà i conti dell’azienda; la trattativa si interrompe. Nel frattempo la lotta dei lavoratori continua attraverso la stampa, mediante iniziative come concerti e presidi.
Emblematica è l’intervista telefonica del legale di Bonfanti che al Tg3 Lombardia dichiara che esistono molti modi per vendere un’azienda, intera o a pezzi vendendo “…le singole macchine, o le singole attrezzature”. Il 19 aprile comincia la mobilità per i 36 dipendenti che continuano la lotta e riescono ad organizzare, lo scorso 20 maggio, un tavolo di trattativa presso la prefettura alla presenza delle parti sociali e del Ministero del Lavoro. Gli esiti di questa ultima trattativa, che dovrebbe garantire un ulteriore periodo di cassaintegrazione durante il quale trovare un accordo per la cessione della Badoni a chi davvero voglia continuare a farla crescere, negli ultimi giorni di Maggio.
In questi mesi abbiamo assistito al solito copione, come alla Innse, sciacalli che protetti dall’alibi della crisi speculano sulla pelle dei lavoratori comprando per due lire aziende da far fallire e vendere pezzo per pezzo. L’unica speranza è nella capacità dei lavoratori di lottare e dalla capacità delle organizzazioni della classe lavoratrice di collegare le vertenze dandogli una strategia vincente.
* Prc Lecco