Rifondazione Comunista di fronte alle elezioni amministrative
Nel primo turno Rifondazione ha presentato candidati propri alternativi a quelli del centro sinistra in 9 comuni capoluogo su 15. La scelta di non appoggiare candidati dell’Ulivo, molto simili ai loro avversari più che una scelta cosciente da parte del partito è stata imposta dagli stessi candidati sindaco che hanno tentato di vincere facendo a meno di Rifondazione.I dati del voto hanno dimostrato le potenzialità del partito. A Milano di fronte a candidati come Albertini e Fumagalli, rispettivamente candidati del Polo e dell’Ulivo, che arrivano entrambi dai salotti della Confindustria, ha ottenuto oltre il 9% dei voti a fronte dei primi sondaggi che attribuivano al partito non più del 4-5%.
Al secondo turno si è arrivati ad un apparentamento in diverse città tra cui la più importante è sicuramente Torino, dove il candidato sindaco dell’Ulivo Castellani è stato costretto ad accettare l’apparentamento con il Prc, anche se in questi anni ha amministrato la città con Rifondazione nei banchi dell’opposizione.
Cosa spinge l’Ulivo ad un accordo con il Prc?
Per garantirsi il governo delle città l’Ulivo è stato disposto in più casi ad accettare i voti del Prc, ma ha anche dimostrato di volerne fare a meno dove questo era possibile. Così a Vimercate (in provincia di Milano) dove Rifondazione aveva un proprio candidato ma c’era già un accordo tra le diverse forze per arrivare ad un apparentamento al secondo turno questo accordo è venuto meno quando il candidato dell’Ulivo ha ottenuto il 45% dei voti: i comunisti non sono necessari quindi che senso ha accettare i loro voti?
Allo stesso tempo rimane una divisione tattica nella borghesia fra chi pensa che si dovrebbe scaricare da subito il Prc e chi invece pensa di poter usare i comunisti per la propria politica, che si possa arrivare ad un accordo ragionevole perché in fondo si ha a che fare con gentiluomini che hanno a cuore le sorti del paese.
Il caso Milano
A Milano di fronte a due candidati "indistinguibili", così erano stati definiti qualche giorno prima del voto dal candidato sindaco comunista Umberto Gay, il Prc non si è apparentato al secondo turno.
Anche in questo caso però la posizione non è stata frutto di una scelta del partito ma è stato il risultato di una imposizione ed un rifiuto da parte di Fumagalli.
La segreteria milanese ha lavorato per una intesa, un accordo esplicito, in modo da portare il Prc in una posizione di pari dignità con le altre forze che sostenevano il candidato sindaco dell’Ulivo (cioè in altre parole ha chiesto un apparentamento che avrebbe permesso di usufruire del premio di maggioranza in caso di vittoria).
Dopo il rifiuto da parte dell’Ulivo, Fumagalli è diventato indistinguibile dal suo avversario e si è scelta un’altra strada.
Resta incomprensibile l’ostinato tentativo di arrivare ad un accordo politico in mancanza di qualsiasi tipo di presupposto visto che sui temi fondamentali su cui Rifondazione ha incentrato la sua campagna elettorale (la contrarietà della privatizzazione dell’Azienda Energetica Municipale e il riutilizzo delle aree dismesse) non c’era nessun tipo di mediazione possibile poiché si partiva da posizioni diametralmente opposte.
Il partito quindi non si sarebbe impegnato nella campagna elettorale per il ballottaggio rendendo chiaro che non ci si deve chiedere di votare contro i fascisti e per il meno peggio... per questa volta, vista la non disponibilità alla trattativa da parte di Fumagalli.
Alla fine la strada è stata quella del non impegno del partito cioè che la campagna elettorale di Rifondazione è finita col 27 aprile. Cosa dice il partito ai suoi elettori? Se i due candidati sono indistinguibili, confindustriali, ecc. chiederà una astensione, la scheda bianca o qualche cosa di simile... e invece no.
Mentre ad una settimana prima del voto la posizione era effettivamente quella della scheda bianca, Gay il 9 maggio ha dichiarato al Corriere della Sera (cioè l’ultimo giorno disponibile di campagna elettorale) che certo i candidati sono uguali ma che "sono molto diversi gli schieramenti che li sostengono. Da una parte il neofascismo rampante e il partito degli affari, dall’altra forze democratiche criticabili ma culturalmente e idealmente sane" e ancora "il giudizio sulla persona non può cancellare il giudizio politico e culturale". Qual è la linea finale? "Noi diciamo di votare, ma scegliete voi, in tutta libertà".
Purtroppo la posizione non è stata affatto chiara, è stata contraddittoria sin dall’inizio e incerta fino alla fine, non si è fatta campagna elettorale per il centro sinistra ma neanche contro gli esponenti dichiaratamente borghesi presenti al suo interno, si è preferito congelare i militanti per 15 giorni e non impegnare l’intero corpo del partito per non creare troppo fastidio ed impiccio al candidato dell’Ulivo.
Il fatto che lo stesso Bertinotti ha dato indicazione di voto per Fumagalli scavalcando e contraddicendo la posizione assunta dalla federazione milanese ha contribuito a rendere ancora meno chiara la situazione lasciando i militanti e gli elettori del partito nella confusione più completa.
L’analisi della situazione politica
Secondo l’analisi dei dirigenti milanesi del partito, vincere o il perdere le elezioni da parte del centrosinistra senza la presenza del Prc sono semplicemente due strade della stessa politica.
Se l’Ulivo vince dove non è apparentata con il Prc si dimostra a Prodi che ci si può sbarazzare del partito anche nel governo nazionale; se si perde si da il messaggio politico a Berlusconi di tagliare la sua ala estrema a destra così come è stato fatto a sinistra per arrivare ad un governo delle larghe intese. In ultima analisi non ci sarebbe prospettiva politica per il partito al di fuori dello schieramento dell’Ulivo!
Le elezioni dimostrano che il partito viene visto in maniera positiva da una fetta importante di lavoratori, riscuote le simpatie di larghi strati di giovani, ma non riesce a muovere le sue energie ed a dispiegare la sua forza per una mancanza di chiarezza sulla linea politica, sull’analisi della situazione e sulle prospettive.
Se c’è qualcosa che queste elezioni confermano è una crescente polarizzazione nella società che si riflette da un lato nella frantumazione del centro e del suo peso sempre minore (a Milano la lista di Rinnovamento italiano di Dini ha preso meno della Lega di azione meridionale di Cito!), dall’altro in una polarizzazione all’interno dei due schieramenti verso le ali estreme, diminuisce il distacco tra An e Forza Italia e il voto del Pds è oltre i 2/3 di quello dell’insieme dell’Ulivo (senza contare i voti di Rifondazione).
Qualcosa di simile dimostra anche il forte calo dell’affluenza al voto, non certo come vorrebbe far credere la segreteria milanese che vede in questo, unito alla presenza di un 15% di elettori che non ha dato indicazione di voto ad alcun partito, una preoccupante analogia con le città americane ma dimostra la crescente sfiducia sulle potenzialità riformatrici di questo governo.
Lavorare chiaramente per costruire una alternativa al governo Prodi è l’unica strada per superare l’impasse del partito e guadagnare non solo la simpatia ma l’appoggio attivo di migliaia di giovani e lavoratori ormai disillusi dalla politica antipopolare di questo governo