Scomposizioni a sinistra - Falcemartello

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Il relativo successo della Lista Tsipras alle elezioni europee ha aperto nuovi processi di scomposizione. Immediatamente dopo il voto c’è stata una prima divisione sulla ripartizione dei seggi, quando Barbara Spinelli ha deciso, contrariamente a quanto annunciato in campagna elettorale, di tenersi il seggio e di andare a Strasburgo lasciando a casa Marco Furfaro di Sel.

Si apre il consueto diluvio di proclami, anatemi, polemiche, minacce, appelli all’unità, ma l’esplicito appello di Tsipras in favore di Spinelli chiude la vicenda.
Assorbito in qualche modo lo scossone, riesplode la crisi di Sel dove la divisione già manifestatasi al congresso di gennaio e poi “congelata” diventa virulenta. Gennaro Migliore guida una scissione del gruppo parlamentare e di diversi cacicchi locali che fanno rotta verso i lidi democratici. Argomento forte: il 41 per cento di Renzi conta molto di più del 4 per cento della lista Tsipras, chi non lo capisce è un settario e vuole ricostruire Rifondazione comunista.
Tra una puntata e l’altra dello psicodramma di Sel non manca lo spazio per una scissione nei Comunisti italiani, ormai in piena dissoluzione. Una pattuglia si dirige verso la Lista Tsipras, sotto i buoni auspici della segreteria di Rifondazione che ritiene si tratti di “operazione egemonica”.
Il silenzio della segreteria di Rifondazione è più sintomatico che mai. Il Comitato politico nazionale riunito subito dopo il voto europeo ha rappresentato il trionfo dell’attendismo, nonostante il doppio successo incassato da Ferrero, prima con il raggiungimento del quorum e poi con l’elezione di Eleonora Forenza, grazie all’opzione esercitata da Barbara Spinelli in favore del collegio del centro Italia.
Sempre fedele a se stesso, Ferrero ha illustrato il concetto del “si dovrebbe ma non si può”: si dovrebbe costruire la famosa Syriza italiana come forza contrapposta al Pd (almeno a parole) e con funzionamento democratico in base al principio “una testa, un voto”. Tuttavia se si avanzano proposte tanto audaci “si sfascia tutto”, per cui la parola d’ordine è come sempre quella di attendere. Nell’attesa si approfondisce la divisione con l’area di Essere comunisti, colta in pieno fuorigioco durante la campagna elettorale, quando diverse strutture locali del Prc da essa egemonizzate hanno fatto campagna elettorale per i candidati di Sel anziché per quelli del Prc.
Su queste basi malferme si viene edificando la “ricostruzione della sinistra” in Italia. Nonostante le innumerevoli contraddizioni, l’operazione resterà in campo, se non altro per la forza di Renzi, attualmente soverchiante, che costringe Vendola e Fratoianni a coltivare lo spazio a sinistra (“per fare il centrosinistra ci vuole la sinistra”, è stata la banale osservazione del governatore pugliese), sia per non lasciarlo ad altri, sia con la prospettiva di ricostruire quella minima forza contrattuale che li possa rimettere gioco da qui alle prossime elezioni.
In questo apparente “ritorno del sempre uguale” finiscono di consumarsi i gruppi dirigenti eredi della sconfitta del 2008, ma non per questo si riparte su basi nuove. Ideologicamente e politicamente le basi della nuova aggregazione sono ulteriormente arretrate rispetto a quelle della Rifondazione di Bertinotti, ed è dire molto. Il ruolo sproporzionato di una figura come Barbara Spinelli, l’insistenza sul carattere di lista “di cittadinanza” (priva quindi di chiari riferimenti di classe), il riferimento ormai obbligatorio all’europeismo borghese e alla cosiddetta “ispirazione originaria” del progetto europeo, sono la testimonianza più palpabile di questo arretramento, e non potrebbe essere altrimenti, trattandosi di un progetto che si sviluppa “a freddo”, fuori da qualsiasi connessione significativa col conflitto sociale (e in una fase di stallo della lotta di classe nel nostro paese), guidato esclusivamente da considerazioni di tipo elettoralistico.
Più che a un nuovo inizio, quindi, siamo di fronte a un ulteriore passaggio, forse conclusivo, della crisi della sinistra nel nostro paese; dicendo conclusivo non intendiamo dire che dopo di esso non resterà nulla, ma che si sta sgombrando il terreno sul quale si combatterà la reale battaglia del futuro, quella della costruzione della sinistra di classe nel nostro paese.

 


*direzione nazionale Prc