Si è svolta a Roma sabato 8 luglio l’assemblea nazionale contro la precarietà (vedi appello nel riquadro) promossa da un largo settore della sinistra, da sindacati di base e dirigenti Cgil fra i quali Gianni Rinaldini (segretario generale Fiom) e Carlo Podda (segretario generale Funzione pubblica-Cgil)
Il successo dell’iniziativa, organizzata in poco tempo, è solo uno dei tanti elementi che dimostrano quanto ormai la percezione che una lotta decisa contro la precarietà non è più rinviabile.
Da tempo ormai la propaganda padronale, alla quale troppo spesso i dirigenti della sinistra e del Prc hanno fatto da sponda, sulle tante opportunità che la flessibilità offre, non hanno più una presa. I dati sono li a dimostrarlo ormai in Italia si è superata la soglia dei 5 milioni di precari. Ma c’è un dato che a causa dell’acuirsi degli incidenti mortali di queste ultime settimane rende ancora più insopportabile questa infinita situazione di sfruttamento, il lavoro nero. Che al contrario di quanto hanno sempre sostenuto i padroni non solo in questi anni non è diminuito ma anzi si è esteso. Una ricerca dell’Istat del 2005 ha quantificato in 4 milioni i lavoratori costretti a lavorare in nero.
L’appello lanciato all’assemblea collega la lotta alla precarietà, quindi contro la legge 30 e il pacchetto Treu, alla lotta contro la Bossi-Fini, per la chiusura dei Cpt e l’abolizione del permesso di soggiorno, quindi contro anche la legge Turco-Napolitano, un altro regalo dello scorso governo di centro sinistra. Contro la legge Moratti su scuola e università, e propone di rilanciare l’estensione dei diritti sindacali, quindi anche dello Statuto dei lavoratori, a tutti. Cose sacrosante che richiedono, per vincere, il coinvolgimento della maggioranza dei lavoratori e degli studenti (che altro non sono che i precari di domani). È necessario quindi vedere l’appuntamento autunnale come una tappa, anticipata da assemblee nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nei quartieri per costruire comitati di sostegno che permettano la più larga partecipazione alla manifestazione. Manifestazione il cui obbiettivo deve essere preparare le condizioni per una lotta più avanzata che preveda tra le varie forme di lotta che si possono portare avanti quella decisiva degli scioperi. Il movimento francese conclusosi vittorioso pochi mesi fa contro la legge sul precariato (Cpe) del governo di destra ci dice che vincere è possibile.
Con questi propositi abbiamo aderito all’appello e partecipato all’assemblea dell’8 luglio, su queste basi facciamo appello ai giovani, ai lavoratori e alle lavoratrici di aderire alla mobilitazione e lottare insieme a noi.
APPELLO: Stop alla precarietà
Assemblea nazionale 8 luglio 2006
Noi, donne e uomini che in questi anni hanno lottato contro il liberismo e la guerra, per un altro mondo possibile, vogliamo impegnarci a suscitare e organizzare un grande movimento contro la precarietà. (…) Le donne sono le più colpite dai processi di precarizzazione del lavoro, dallo sgretolamento e dalla privatizzazione dei sistemi pubblici di servizio alla persona. La lotta contro la precarietà è parte della lotta per l’autodeterminazione.(…) La lotta per la parità dei diritti per i migranti, per la fine della persecuzione nei loro confronti, per la chiusura dei Cpt, per la fine della schiavitù dovuta al vincolo del permesso di soggiorno legato al posto di lavoro, fanno parte della lotta contro la precarietà e di quella per i diritti universali di cittadinanza. La lotta contro la precarietà oggi si svolge in tutto il mondo, dalla Francia agli Stati Uniti, al Nord come al Sud, e percorre la società (…). Per queste ragioni proponiamo come primi terreni e obiettivi comuni di mobilitazione, i seguenti punti:
1) L’abrogazione delle tre leggi simbolo della politica per la precarietà del governo delle destre, la Legge 30, la legge Bossi-Fini sui migranti, le leggi Moratti sulla scuola e l’università e di tutte le disposizioni e decreti ad esse collegati.
2) La fine del regime della precarietà a vita che oggi tocca milioni di lavoratrici e lavoratori. La riscrittura di tutta la legislazione sul lavoro e sull’occupazione, per mettere fine a tutte le forme di precarietà permanente e diffusa, per combattere il lavoro nero e sottopagato, per contrastare la caduta dei salari, la flessibilità selvaggia negli orari, il peggioramento delle condizioni di lavoro. Per questo bisogna mettere in discussione anche la Legge 196 del 1997 (…).
3) La redistribuzione delle ricchezza, per aumentare le retribuzioni e per conquistare la garanzia del reddito e della contribuzione pensionistica in ogni periodo della vita, anche attraverso il ripristino di una pensione pubblica adeguata e sufficiente. (…)
4) L’estensione a tutti i lavoratori dei diritti sindacali, del diritto ad essere reintegrati nel posto di lavoro a seguito di licenziamento senza giusta causa, del diritto di sciopero, della diritto alla rappresentanza sindacale. (…)
5) La messa in discussione delle politiche liberiste a livello europeo. In particolare occorre cancellare la direttiva Bolkestein e quella sugli orari di lavoro e contrastare alla radice ogni tentativo di mercificazione dei beni comuni, di privatizzazione dei servizi pubblici, di concorrenza al ribasso tra aree e paesi sui diritti sociali e del lavoro.
Proponiamo questi punti all’iniziativa, al confronto, alla discussione di tutte le forze sociali, politiche e culturali e ci diamo appuntamento per sabato 8 luglio a Roma, per una grande assemblea che sviluppi e approfondisca i contenuti di una piattaforma di lotta contro la precarietà. Questa assemblea avvierà un percorso di mobilitazione che sfocerà tra la fine di ottobre e i primi di novembre in una grande manifestazione nazionale a Roma.
(il testo integrale è reperibile su www.rete28aprile.it)
11-07-2006