La trattativa si è conclusa con un accordo negativo per i lavoratori. Questa non è un opinione solo di chi scrive o di qualche lavoratore o delegato di Wind ma la posizione che hanno preso anche il segretario dell’Slc-Cgil di Milano e il segretario della camera del lavoro di Milano. Dirigenti che in questi anni non hanno certo fatto parlare di loro perché sostenitori di posizioni estremiste.
Infatti se è vero che i numeri sono stati ridotti da 428 a 240, è anche vero che non cambia la sostanza. Entro settembre 2008 240 famiglie dovranno discutere se sconvolgere completamente la loro vita sociale e accettare il trasferimento o andare in mobilità.
I lavoratori Wind da tempo sapevano che si preparava una ristrutturazione mascherata sotto il falso nome di “riorganizzazione interna”. Per questo motivo avevano scioperato già lo scorso giugno. Ma il grido d’allarme lanciato dai lavoratori è rimasto lettera morta fino a ottobre, quando l’azienda ha formalizzato l’intenzione di trasferire i lavoratori.
Formalizzazione che ha visto da parte dei sindacati una risposta a dir poco inadeguata rispetto alla portata dello scontro. Se infatti fin da subito i lavoratori e una parte importante dei delegati hanno sostenuto la necessità di lanciare una mobilitazione, il vertice sindacale ha organizzato un solo sciopero, il 30 novembre, e ne ha convocato un altro per il 20 dicembre. Sciopero prontamente sospeso appena l’azienda si è detta disponibile a trattare.
I lavoratori non volevano i trasferimenti, se non su basi volontarie, e l’hanno ribadito più volte in assemblea e messo per iscritto in un ordine del giorno approvato due giorni prima che partisse la trattativa finale. Il mandato che avevano dato al sindacato era che non bisognava trattare sui trasferimenti e basta!
La verità è che il sindacato a livello nazionale non ha mai voluto realmente affrontare la vertenza con una mobilitazione adeguata, i pochi scioperi convocati avevano come obbiettivo solo quello di aprire una trattativa, ovviamente al ribasso, e far sfogare la rabbia e la preoccupazione crescente dei lavoratori.
Poco importa se sono state strappate migliori condizioni per essere trasferiti, alcuni viaggi Milano Roma e ritorno pagati, un indennità di “disagio”, un contributo per chi ha famiglia, o quant’altro. Sempre di trasferimento si tratta, ovvero chiedere a 240 persone che in questi anni si sono fatti una famiglia, un mutuo, e ora devono spostarsi di 600 km pena il licenziamento, dopo che in questi anni hanno reso possibile la crescita di Wind e dei suoi lauti profitti. Poco importa anche che sono quasi la metà di quanti minacciati inizialmente, sia perché per le poche per non dire insignificanti informazioni che l’azienda ha dato fin dall’inizio i 428 trasferimenti potevano essere una cifra gonfiata proprio perché consapevoli che poi ci sarebbe stata una trattativa, sia perché comunque anche se fossero “solo” 100 o 50, sempre di persone che dovranno decidere di stravolgere completamente la propria vita si tratta.
Così nei prossimi giorni i lavoratori Wind, a livello nazionale, saranno chiamati ad esprimere un parere. Saranno chiamati a esprimere un parere tutti i lavoratori Wind perché un’altra perla di questo accordo, tolta la solita sviolinata che infarcisce questi accordi su futuri incontri tra le parti per discutere piani industriali, piani di investimento, piani per il rilancio dell’azienda, è che l’azienda si impegna a portare un certo numero di contratti part time del costumer care a livello nazionale a full time entro il 2010 (che per la velocità con cui si sviluppano le tecnologie nel settore è un eternità). Cosa che non centra nulla col trasferimento dei lavoratori di Milano a Roma, ma che in compenso permette ai vertici sindacali di avere la scusa per poterlo presentare come un accordo nazionale e quindi da dover sottoporre a tutti. Risultato: isolare i lavoratori di Milano sapendo che la stragrande maggioranza sarà contro.
La volontà di lottare da parte dei lavoratori di Milano per difendere il proprio posto di lavoro c’è sempre stata. I delegati sono stati portati a spasso dai vertici sindacali per settimane, incontri con la provincia, estenuanti coordinamenti nazionali, discussioni infinite con azienda e rappresentanti del Governo e la promessa di uno sciopero rimandato alle calende greche, appunto quello svoltosi il 20 dicembre, con l’obbiettivo intanto di puntare a chiudere alla meno peggio. Se l’azienda in questi mesi ha beneficiato delle leggi antisciopero che non permettono ai lavoratori di Wind di sospendere il lavoro come, quando e quanto vogliono, il vertice ne ha approfittato per mantenere la vertenza sul piano del “dialogo”. Ma sappiamo come vanno queste cose, solo lo sciopero che danneggia i profitti dell’azienda è lo strumento che può portare i padroni a più miti consigli. Gli scioperi dimostrativi, i presidi fuori dall’orario di lavoro e gli incontri istituzionali possono essere un utile strumento per far conoscere la propria situazione, per attirare un minimo di visibilità ma non incidono sulle decisioni dei padroni.
Nei prossimi giorni ci saranno le assemblee nei luoghi di lavoro. Possiamo immaginare quale sarà la considerazione che avranno i lavoratori di Milano dell’operato del sindacato, non per nulla difficilmente si vedrà in assemblea qualche dirigente nazionale. Pesa sui lavoratori di Milano anche un’altra vertenza recentemente chiusa male, l’esternalizzazione di oltre 200 lavoratori di Sesto San Giovanni lo scorso marzo. È vero che in quel caso il sindacato non ha firmato nulla e che attualmente segue le cause individuali di questi lavoratori, ma anche in questo caso a una generosa dedizione dei lavoratori alla mobilitazione con scioperi e presidi non è corrisposto da parte dei vertici sindacali un adeguato sostegno.
Alcuni lavoratori hanno minacciato la disdetta della tessera sindacale, molti probabilmente l’hanno già fatto, altri parlano di costruire la Cub in azienda in contrapposizione a Cgil, Cisl e Uil. Posizioni comprensibili che però non risolvono alla radice il problema di cosa fare ora.
La Cub che è presente (anche se in piccolissime forze), non ha giocato nessun ruolo fino a questo momento, perché ora dovrebbe giocare quel ruolo che fin qui non ha saputo giocare?
Pochi lavoratori in questi mesi hanno mostrato l’illusione che i sindacati confederali potessero risolvere la vertenza a loro favore. Le ripetute risoluzioni votate in assemblea che dicevano ai sindacati che non dovevano aprire nessun genere di trattativa lo dimostrano.
Non è un fatto di tessere ma la questione è come continuare la lotta.
Certo, la provincia di Milano ha ribadito l’appoggio ai lavoratori Wind preoccupata per la continua emorragia di posti di lavoro qualificati nella città, i segretari della Camera del Lavoro e delle Telecomunicazione della Cgil milanese sono contro l’accordo, ma in ultima istanza l’unico modo di poter ribaltare la situazione è aprire una mobilitazione autoconvocata che faccia parlare di se, che arrivi ai colleghi delle altre città che al 90% ignorano la posta in gioco e cosa sta realmente accadendo.
Se non si blocca il lavoro, indipendentemente dalle regole che permettono o meno gli scioperi, nessuno riterrà mai necessario prendere in seria considerazione le istanze dei lavoratori Wind. Tanti, tantissimi sono gli episodi di questi ultimi anni che lo dimostrano. Vedi i lavoratori dell’Atm e il blocco dei mezzi nel dicembre del 2003 o i lavoratori delle imprese di pulizie della Stazione Centrale di Milano costretti nella primavera del 2002 a bloccare i treni per poter difendere il proprio posto di lavoro, solo per citare i due episodi più eclatanti di questa città.
È necessario indire un assemblea permanente che crei le condizioni per poter gestire questa nuova fase dove al centro ci sia da qui a fine mese una mobilitazione compatta e capillare di tutti i lavoratori. E se veramente il segretario dell’Slc, della Camera del lavoro e la provincia sostengono le posizioni dei lavoratori di Milano l’appoggio incondizionato a questa lotta è il modo per dimostrarlo.
Da qui al 31 gennaio una sola cosa si deve e si può fare, chiarire al padrone che non c’è accordo firmato coi vertici sindacali che tiene se i lavoratori non sono d’accordo.
Le assemblee dei prossimi giorni dovranno chiarire se i lavoratori se la sentono o meno di attrezzarsi per un conflitto più duro oppure se riporranno le loro speranze in qualche istituzione o in qualche dirigente sindacale.
Il mondo delle telecomunicazioni è fortemente sotto attacco, ancora una volta i padroni ci mostrano che avanzamento delle tecnologie non significa miglioramento della qualità della vita ma solo aumento della massa dei profitti. A marzo l’esternalizzazione della Wind, a ottobre quella di Vodafone, poi ancora Wind, domani? Telecom? Forse ancora Wind perché a tante cose si può credere ma non alla favola che questa è l’ultima riorganizzazione prima del grande rilancio. Poi toccherà a Ivrea, Torino, Napoli, Roma e poi ancora a Milano.
Le aziende hanno capito come portare a casa il loro tornaconto, i sindacati alla fine cedono cercando di ridurre il danno. In verità preparando il terreno per attacchi ancora più duri. La lotta par la difesa del proprio posto di lavoro deve per forza di cose marciare a fianco della lotta per avere dei sindacati che difendano realmente i nostri interessi. La battaglia per un sindacato combattivo e che difenda realmente i lavoratori oggi può passare anche dalla vertenza Wind.
Leggi anche: