Il capogruppo dell’Udc in Provincia Mauro Sorbi propone una sua interpretazione dei costi sanitari, dicendo che laddove la spending review impone il taglio del 20% dei posti letto e del 27% dei posti di guardia medica, non si possono spendere 2mila euro per ogni interruzione volontaria di gravidanza.
Per riequilibrare questa ingiustizia le donne che vogliono abortire dovrebbero pagare un ticket e compartecipare alle spese sostenute dall’ospedale. Sorbi tenta di rafforzare la sua proposta dicendo che anche le gestanti contribuiscono pagando il ticket per gli esami prenatali, cosa contro cui ci batteremmo se fosse vero… ma è falso!
Questa idea propone una valutazione morale delle prestazioni sanitarie e ci dice che l’aborto non è un diritto ma una specie di capriccio e come tale va pagato.
In realtà viviamo un’offensiva profonda contro i diritti per rendere quanti più servizi possibili a pagamento, e un’offensiva contro le donne in particolare per tornare a rinchiuderle in casa a svolgere il loro ruolo di supporto al fu welfare (nido, scuola, cura degli anziani, mensa).
In Italia il diritto all’aborto è minacciato continuamente dalle liste di attesa sterminate per i consultori e dai medici obiettori di coscienza che sono oltre l’80% del totale. Gli “aborti spontanei” erano 55mila negli anni ottanta, oggi sono 80mila: in pratica si torna agli aborti fai da te.
Forse l’innovativa idea di Sorbi è stata ispirata dal governo svizzero, che ha sottoposto alla popolazione un referendum in cui si chiedeva di ritirare le spese per l’aborto dalla copertura sanitaria di base, contro questa proposta scandalosa le donne si sono mobilitate organizzandosi in comitati e promuovendo manifestazioni a Ginevra e Losanna e il No ha vinto con il 70%.
Prendiamo appunti dalle lotte che vediamo dalla Spagna alla Svizzera, perché presto dovremmo passare alla pratica anche noi!