Il capitalismo non solo vuole farci pagare i costi della crisi, ma attraverso i suoi gendarmi ce lo vuole far capire con la forza bruta, caricando sulla folla, bastonando in massa singoli manifestanti, ferendone dodici, sparando lacrimogeni ad altezza d’uomo (un manifestante ha perso un occhio). All’Mps va tutta la nostra solidarietà militante. Chiediamo immediatamente la liberazione dei sette manifestanti fermati.
L’Mps, che se non altro ha lottato in tutti questi anni a prescindere dall’assessore regionale (sia esso di centro-sinistra che di centro-destra) su battaglie cruciali per il comparto come il prezzo del latte, a tutt’oggi eccessivamente basso (60 centesimi al litro), dichiara di “non avere alcuna caratterizzazione politico-partitica e si muove esclusivamente (sottolineatura nostra) nell’interesse dei pastori della Sardegna, andando a colmare il vuoto lasciato dalle organizzazioni di categoria e dalle istituzioni” dal sito dell'Mps. E' l’ulteriore dimostrazione di come in politica, come in natura, il vuoto non esiste, ma non attribuiamo loro la colpa di non aver citato le organizzazioni della sinistra, ormai viste come un tutt’uno con il resto della politica istituzionale.
Il Prc regionale, attraverso una nota, si è accodato a tutte le rivendicazioni dell’Mps, rifiutandosi di dare una risposta complessiva. Non è una critica sterile quella che muoviamo al gruppo dirigente e al segretario Fresu, semplicemente crediamo che così facendo non si fa un buon servizio alla loro lotta, né si contribuisce, come invece si vorrebbe, ad unificare questa alle lotte operaie e degli altri settori subalterni della società sarda e, se ci è consentito, italiana. Inoltre, accodarsi riduce il distacco dell’Mps dal nostro partito? in cosa potremmo esser loro utili se ci limitiamo a far si con la testa, invece di rafforzare la lotta con proposte unificanti che raccolgano sempre più sostegno nella popolazione e aumenti perciò la forza della mobilitazione e la possibilità di vittoria?
Occorre cambiare rotta partendo proprio da quelle che sono le loro rivendicazioni e quelle dei comunisti, col fine di contribuire alla necessità dell’alleanza strategica tra il mondo rurale e tutti gli altri lavoratori in una prospettiva anticapitalista. L’Mps non critica questo governo o altri di diverso colore, ma il “Sistema nel suo complesso”. Se questo gli va dato atto, ci sembra di scorgere un limite, credere che si possa rimanere nei limiti imposti dal mercato, che questo possa essere umanizzato attraverso un’iniezione di legalità e che le strutture pubbliche siano semplicemente carrozzoni. Tutto questo è fuorviante, tanto più in una crisi sempre più dura, in un mercato regolato da pochi cartelli industriali. Dove la legge suprema è massimizzare il profitto, non pagare il giusto prezzo ai pastori. Se il pubblico è stato sempre terra di conquista delle burocrazie partitiche attraverso le spartizioni, noi dobbiamo presentare il nostro “pubblico”, ovvero quello sotto il diretto controllo dei lavoratori.
Per questo per prima cosa occorre propagandare la nazionalizzazione senza indennizzo delle industrie che trasformano il latte (sono gli industriali che impongono il prezzo del latte, che lo importano da dove costa meno, che de localizzano in Romania…), la nazionalizzazione senza indennizzo delle industrie degli atri settori che inquinano, licenziano e delocalizzano per la riconversione funzionale alla modernizzazione dell’agricoltura, la nazionalizzazione del credito, sempre senza indennizzo (se non per i piccoli azionisti) per finanziare tali progetti e per eliminare i debiti contratti da tante piccole aziende agricole.
Proposte queste che, accompagnate dal controllo sociale dei lavoratori e delle comunità, non solo danno una nuova idea del pubblico, ma che sono la base per poter poi affrontare tutta una serie di problematiche relative alla differenziazione del prodotto (la monocoltura del pecorino romano è legata mani e piedi al mercato nordamericano), alla filiera delle carni nel rispetto dei produttori ma anche dei consumatori, alle produzioni biologiche per ridurre i costi di alimentazione del bestiame e l’utilizzo di mangimi, all’approvvigionamento energetico attraverso fonti alternative.
Ma sono proposte che coinvolgono tutti gli altri settori del mondo del lavoro (non solo dell’industria) e che, dispiegandosi nella piena sovranità, entrano appieno nel dibattito autonomia/indipendentismo smascherando opzioni parziali che non tengono conto di più complessi meccanismi di dipendenza.
I comunisti hanno tutto l’interesse di supportare la lotta dei pastori, ma devono svolgere appieno il loro ruolo presentando un’alternativa di società (quante volte queste parole sono state pronunciate senza essere conseguenti…). Amichevolmente, ogni articolazione territoriale di Rifondazione e della Federazione della Sinistra, deve intervenire e spiegare pazientemente la necessità del fronte unico con queste rivendicazioni chiare e ormai comprensibili da tutti, data la crisi irreversibile di questo sistema marcio.