Certo, non sempre tutto va come dovrebbe andare. Ogni tanto qualche figlio di operaio, studiando e lavorando, riesce ad arrivare alla laurea. Secondo la statistica succede 1 volta su 100, cioè su 100 figli di operai 1, a costo dei peggiori sacrifici, riesce a laurearsi. La Moratti sta lavorando perché una simile anomalia venga rimossa al più presto. Noi al contrario lottiamo perché questa smetta di essere un’eccezione e diventi la regola.
Il capitalismo dice di basarsi sulla concorrenza, ma di che concorrenza si tratta? Istruzione, cultura e strade spianate per chi ha già i soldi. Ignoranza e sfruttamento per il resto della popolazione.
Costi esorbitanti
Le statistiche ufficiali si ostinano a dare l’inflazione, l’aumento dei prezzi, al 2,8%. Chiunque può verificare nella propria esperienza quotidiana come non sia così. Nel campo dell’istruzione l’aumento dei prezzi è ancora più evidente. Secondo l’Intesa dei consumatori (Adoc, Adusbef, Codacons, Federconsumatori) “Ogni famiglia spenderà per la scuola in media 550 euro, il 10% in più rispetto allo scorso anno».
I libri di testo sono aumentati negli ultimi 5 anni ad un ritmo del 4% annuo. Va da sé che l’Aie (l’associazione degli editori) smentisca un simile dato, sostenendo che l’aumento dei prezzi dei libri sia al di sotto dell’inflazione programmata. Tanto valeva che ci raccontassero che gli asini volano. E’ un’ingiustizia risaputa da tutti: ogni anno le case editrici si limitano a cambiare l’indice, qualche titolo e la copertina dei libri di testo per giustificare aumenti esorbitanti e rendere più difficile il mercato dei libri usati. Così il prezzo dei libri, lo strumento fondamentale per ogni studente, è determinato dai pruriti di questi sciacalli. Tutti lo sanno, ma nessuno fa niente. La realtà è che l’unica soluzione sarebbe la creazione di una casa editrice statale che in collaborazione con i docenti selezioni e aggiorni i testi, distribuisca i libri alle scuole e permetta così la creazione di un sistema nazionale di comodato d’uso dei libri: ogni studente riceverebbe i libri gratuitamente all’inizio dell’anno scolastico e li pagherebbe al termine dell’anno solo se vuole (e può) tenerseli o se li ha rovinati.
Ad una simile misura va aggiunta l’immediata gratuità dell’iscrizione a scuole ed università. In particolare le spese universitarie sono ormai fuori controllo. La retta universitaria media era di 800mila lire nel 1994 e di 800 euro l’anno scorso. Ogni difensore del capitalismo ci riderà in faccia: “la vostra è demagogia, non si può avere nulla gratuitamente, se vuoi l’istruzione devi pagare”. Per l’appunto i lavoratori pagano l’istruzione per i propri figli. Il problema è che la pagano due volte! I lavoratori dipendenti pagano già le tasse in busta paga. Anzi, sono gli unici che le pagano sicuramente fino all’ultimo centesimo. Questi soldi dovrebbero essere trattenuti dallo stato per pagare (così si suppone!) istruzione, sanità e pensioni. Quando ci viene chiesta la tassa d’iscrizione a scuole ed università, ripaghiamo ciò che ci hanno già tolto.
I soldi che vengono prelevati dal reddito delle nostre famiglie finiscono in spese militari, interessi per il debito pubblico creato dai grandi evasori fiscali e dai regali fatti a Confindustria sotto forma di incentivi e sgravi fiscali. L’ultimo dato è che per l’attivazione dei contratti d’area (contratti in cui i lavoratori vengono pagati di meno, con meno diritti) siano finiti in sei mesi nelle tasche degli imprenditori 6 miliardi di euro a fondo perduto. Non facciamo demagogia: chiediamo istruzione, sanità e pensioni invece che armi e regali a Confindustria.
Per un’istruzione di qualità
“Il 12 per cento delle famiglie residenti in Italia, esattamente 7.828.000 cittadini, vive sotto la soglia di povertà. Un dato rimasto pressoché invariato negli ultimi 5 anni “ (Fonte Caritas e Fondazione Zancan). Per questo settore della popolazione studiare è un miraggio. Ma i costi dell’istruzione sono ormai inarrivabili anche per un reddito operaio medio.
Agli ostacoli economici si sommano poi gli sbarramenti didattici. La riforma Moratti costringe uno studente a scegliere a 14 anni se intraprendere una carriera universitaria o la formazione professionale. Non si tratta di una scelta basata sui gusti personali. Chi intraprende il percorso liceale e poi universitario deve poter mettere in conto di essere mantenuto dalla famiglia per dieci anni. E’ una certezza che poche famiglie operaie possono dare ai propri figli. Già oggi i figli dei lavoratori sono concentrati negli Istituti Tecnici o Professionali, cercando la via più breve per arrivare al mondo del lavoro. A questa ingiustizia contrapponiamo la richiesta dell’innalzamento dell’obbligo scolastico a 18 anni, con un percorso di studi uguale per tutti fino ai 18 anni: un’istruzione che introduca tutti alle materie umanistiche, scientifiche e tecniche. Solo a 18 anni la scelta per l’università potrà essere così consapevole, specializzando i nostri studi in vista del mondo del lavoro.
La mancanza di corsi di recupero degni di questo nome lascia, poi, gli studenti al mercato delle ripetizioni private. Anche qua è la stessa storia: chi può pagare, potrà recuperare. Contemporaneamente si abbassa la qualità dello studio in classe. La dequalificazione dell’istruzione pubblica è funzionale ad un doppio processo: stimola i redditi più alti ad iscriversi alle scuole private, mentre stimola i redditi più bassi a concludere gli studi il prima possibile. Ma mentre piovono milioni di Euro di soldi pubblici sulle scuole private (l’ultimo caso è la scandalosa legge votata dalla giunta di centro-sinistra dell’Emilia Romagna), per la scuola pubblica si risparmia su tutto. Le aule sono sovraffollate ma non c’è nessun piano per la creazione di nuovi istituti. Ogni anno assistiamo al balletto delle cattedre. Per risparmiare, infatti, si relegano alla disoccupazione, all’attesa snervante per una cattedra, 400.000 potenziali docenti. Da due anni l’anno scolastico si apre con 90.000 cattedre vacanti, ma le nomine di ruolo sono bloccate e vengono coperte con insegnanti precari. Secondo la Cgil scuola il 20% dei lavoratori dell’istruzione (bidelli e personale tecnico compreso) sono precari.
Per essere aperta a tutti, la scuola deve essere gratuita. Per essere data a tutti, l’istruzione deve essere obbligatoria almeno fino ai 18 anni. Per essere degna di chiamarsi istruzione, deve essere di qualità, con l’assunzione a tempo indeterminato di tutti i docenti e la creazione di nuovi istituti e nuove aule.
Organizzati e lotta: con il Csp, con il Csu!
Ciò che chiediamo è giusto. Ci spetta. Ma non per questo ci verrà regalato. Il centro-sinistra e la destra hanno avuto la stessa premura nell’attaccare l’istruzione pubblica. Se questo ha avuto un effetto di disorientamento su molti studenti di sinistra, oggi può costituire un elemento di chiarificazione. Non è l’urna la via principe per difendere i nostri diritti, ma la lotta. Solo la lotta unitaria di studenti e lavoratori potrà ottenere un reale diritto allo studio.
Ma una lotta presuppone misurarsi con la forza dell’avversario. Berlusconi e Confindustria hanno a loro disposizione un potente apparato mediatico. Questo è vero. La Moratti si basa sull’apparato ministeriale, sulla forza repressiva e capillare dei presidi. Anche questo è vero. Alla loro organizzazione centralizzata, dobbiamo rispondere con altrettanta organizzazione. Il movimento studentesco italiano ha bisogno di una struttura organizzata permanente di attivisti che in ogni scuola ed università sia il collettore di chiunque voglia impegnarsi nella nostra lotta. Ma la nostra organizzazione non può basarsi, come la loro, sulle menzogne, sulla gerarchia e sulla potenza economica. Su cosa allora?
In primo luogo deve basarsi sul numero, perché è la nostra forza principale. Cosa sarebbe infatti l’istruzione se incrociassero le braccia gli studenti ed i lavoratori della scuola? Un guscio vuoto e nient’altro. Abbiamo bisogno quindi di comitati e collettivi radicati in ogni singolo luogo di studio. In secondo luogo, però, la massa d’urto delle nostre lotte deve essere indirizzata verso obiettivi precisi, per evitare che i nostri sforzi siano deragliati su un binario morto. Abbiamo bisogno quindi che questi comitati e collettivi nascano sulla base di un programma di strenua difesa del diritto allo studio. In terzo luogo, questa struttura deve basarsi sull’adesione volontaria e sulla convinzione politica dei suoi aderenti. Ma tale convinzione può essere raggiunta solo con un continuo confronto democratico. Abbiamo bisogno quindi che questi comitati e collettivi eleggano i propri responsabili e siano collegati dall’elezione di un unico comitato nazionale. Infine non possiamo basarci su nient’altro che sulle nostre finanze, per essere realmente indipendenti. Abbiamo bisogno quindi di un’organizzazione che si basi sull’autofinanziamento, sulle offerte e sulle quote di adesione degli stessi studenti.
Una tale organizzazione, in embrione esiste già e la stiamo costruendo: si tratta del Csp (Comitato in difesa della Scuola Pubblica) nelle scuole superiori e del Csu (Coordinamento Studentesco Universitario) nelle università. A giugno entrambe queste strutture hanno tenuto la loro conferenza nazionale per votare democraticamente il proprio programma ed i propri comitati nazionali. Il risultato di quella conferenza è contenuto nei documenti programmatici del Csp e del Csu che puoi leggere e richiederci come indicato nei box a fianco. Unisciti al nostro sforzo! Crea comitati e collettivi in difesa della scuola pubblica! Unisciti al Csp ed al Csu! Il nostro simbolo è il pugno chiuso che stringe una matita ed una chiave inglese, simbolo dell’unità tra studenti e lavoratori! Alza questo pugno, organizzati e lotta!