"Scomunicati" dalla Curia, ma sempre a difesa della scuola pubblica
A conferire un senso politico forte alla tornata referendaria del 15 giugno, in Friuli Venezia Giulia, è stato il quesito che proponeva l’abrogazione dei finanziamenti che la Regione garantisce agli alunni frequentanti le scuole private.Sono tre, infatti, i miliardi che ogni anno il carrozzone (confessionale e non) dell’istruzione privata s’intasca grazie alla disinvoltura legislativa dimostrata dai politicanti locali nell’aggirare i principi costituzionali.
Nell’"autonomo" Friuli Venezia Giulia, in materia di formazione, detta legge la Curia: chiunque si ostini a schierarsi a favore di un’istruzione pubblica, laica e accessibile a tutti, viene prontamente scomunicato con l’accusa infame di "liberticida".
Ma il movimento studentesco degli ultimi anni non è mai riuscito a sopportare il mare di privilegi in cui sguazzano i diplomifici locali, a fronte soprattutto di una scuola pubblica periodicamente massacrata dalla scure selvaggia della razionalizzazione: gli studenti sono stati perciò fondamentali per la raccolta delle firme contro la famigerata "legge regionale 14/’91".
In campagna elettorale, tuttavia, il dispiegamento di forze è stato troppo sproporzionato: mentre, infatti, la destra (da An al Ppi, passando per i vescovi e la stampa locale) è scesa massicciamente in campo, dannandosi l’anima per tutelare la vergogna dei diplomifici privati, la gran parte della sinistra, ancora "narcotizzata" dalle "magnifiche sorti e progressive" del governo ulivista, ha assistito impotente a tanto scempio: a mettere in campo entusiasmo e militanti a Udine, oltre a Rifondazione Comunista (promotrice del referendum), è stato il Comitato Studentesco in difesa della Scuola Pubblica, che tramite assemblee e diffusione di materiale informativo, ha lavorato per far contare ancora la tensione militante che aveva caratterizzato la raccolta delle firme.
Fra i vari problemi che abbiamo dovuto affrontare il principale è stato senza dubbio la disillusione di numerosi studenti
e insegnanti, "traditi" da Berlinguer e quasi rassegnati al progressivo degrado delle nostre scuole. La recente vicenda del blocco dei pensionamenti dei professori, così come la sterzata autoritaria da parte dei presidi nella gestione di molti istituti locali, non hanno poi certamente creato il clima migliore per portare avanti la nostra lotta.
Il confronto, tuttavia, sulle nostre parole d’ordine c’è stato, e non ci è mancata la solidarietà di genitori e insegnanti, preoccupati quanto noi dalla demolizione dello stato sociale (che parte proprio dalla scuola) e dall’impotenza dimostrata dalla sinistra politica e sindacale nel fronteggiare l’arroganza padronale e clericale.
Il referendum alla fine non ha raggiunto il quorum (anche se fra i votanti ha prevalso nettamente la nostra posizione): ciononostante il disagio e la rabbia nelle scuole si allargano, e sono destinate a pesare molto più di una semplice percentuale elettorale.