di Paolo GRASSI
Ad aprile è circolato a Modena il volantino di un’agenzia interinale che offriva manodopera sottocosto. Il volantino recitava: “Vinci la crisi con lavoratori interinali a contratto rumeno. Risparmi il 40 per cento e benefici della massima flessibilità! Niente malattia, infortuni, tredicesima, liquidazione, contributi. Alla Tua Azienda non rimane che pagare 11 mensilità. Niente anticipo di Iva perché le nostre fatture sono comunitarie”.
Un esposto alla magistratura e all’ispettorato del lavoro da parte della Cgil e una circolare del Ministero del lavoro (chiamato in causa) che dichiara che queste cose non si possono fare sembrano aver chiuso il caso.
L’accaduto può sembrare clamoroso ma, come recita anche l’articolo di rassegna.it, non è che l’ultimo caso di un fenomeno in crescita anche nella ricca Emilia Romagna. Unioncamere, l’ente nazionale delle camere di commercio, recentemente ha denunciato che in tutta Italia la criminalità organizzata da tempo prospera creando imprese fittizie e cooperative fasulle impegnate al riciclaggio e allo sfruttamento di manodopera. Expo insegna.
Ma il problema è molto più serio. Al di là dell’odioso episodio locale c’è molto di più. Quel volantino altro non esprime che l’inconfessabile desiderio di ogni padrone di poter fare dei lavoratori quel che si vuole. Cosa che sta accadendo da decenni con le varie “riforme” del lavoro e a cui il Jobs act fa fare un significativo passo avanti. L’abolizione dell’articolo 18, la montagna di finanziamenti e sgravi per le imprese che assumono con contratti precari per tutta la vita (tutele crescenti) senza neanche la garanzia che i lavoratori continueranno a stare in aziende esauriti i finanziamenti, il demansionamento e il controllo sui lavoratori altro non sono che passi in quella direzione.
Un esempio è quanto sta accadendo in Fincantieri. Hanno disdettato il contratto e ora pretendono il taglio del salario, mezz’ora di lavoro gratis al giorno e un microchip nelle scarpe antinfortunistiche per controllare gli operai. Intanto qui, come ovunque ci sia un appalto, i padroni si preparano (col rinnovo delle gare) a riassumere con il contratto a tutele crescenti.
Questa è la linea padronale che non è così distante dall’agenzia interinale modenese, a renderli più audaci è in primo luogo la mancanza di iniziativa, per non dire sudditanza, del principale sindacato del paese, la Cgil. Quando in previsione di Expo si firmano accordi che danno la possibilità ai padroni di prendere lavoratori con contratti da stagisti o come volontari per un lavoro che dovrebbe essere retribuito, oppure quando si dice di voler contrastare il Jobs act e poi si firmano contratti come i bancari o del commercio, dove il Jobs act viene recepito in toto, non si stanno incentivando i padroni a voler sempre di più? Ma soprattutto, quale fiducia può avere un lavoratore nel fatto che il sindacato voglia veramente difenderlo se queste sono le cose che si firmano?
La soluzione non può che essere una, lottare! Ma come? Non vi è che un’unica via, quella di organizzare una campagna che abbia in primo luogo parole d’ordine adeguate che incalzino i sindacati ma che nello stesso tempo sappiano basarsi sulla forza dei lavoratori. Alla denuncia va affiancata una piattaforma generale che parli a tutti, precari e futuri precari, disoccupati e lavoratori in nero. Tornare oggi a discutere di redistribuzione del lavoro, riduzione d’orario, difesa dei posti di lavoro e dei salari significa rilanciare la partecipazione dei lavoratori alla mobilitazione e gettare le basi per la riconquista delle proprie organizzazioni sindacali.