Il 3, 4 e 5 marzo si terranno le elezioni per il rinnovo delle Rsu di tutti i comparti del Pubblico impiego, scuola compresa. Rappresentanze che erano state elette nel 2012. è una scadenza di straordinaria importanza che consentirà ai circa tre milioni di lavoratori pubblici di scegliere la propria rappresentanza per i prossimi tre anni.
In questi anni sono proseguite le politiche di macelleria sociale nei confronti dei lavoratori e dei servizi sociali, scolastici ed educativi. I tagli drastici ai finanziamenti a tutti i livelli e il blocco del turnover hanno prodotto una riduzione dei servizi e hanno ridotto gli organici all’osso. Si calcola che negli ultimi dieci anni si siano persi circa 300mila dipendenti pubblici pari a quasi il 10 per cento del totale dei lavoratori.
Con il blocco dei contratti e lo stop all’indennità di vacanza contrattuale, i dipendenti pubblici hanno perduto nel complesso oltre 6mila euro tra il 2010 e il 2014 secondo i calcoli rilevati dalla Fp-Cgil che ha valutato che, a fine 2014, a causa del blocco del recupero dell’inflazione, si sono persi 240 euro al mese di potere d’acquisto.
Cisl e Uil hanno dimostrato con sempre maggior chiarezza la loro complicità con i governi che si sono succeduti senza muovere un dito o facendolo solo formalmente, accettando di fatto tutte le scelte politiche.
Nell’immobilismo di questi anni del gruppo dirigente della Cgil e nel vuoto generale sono cresciuti sindacati autonomi con posizioni corporative e “professionali” che si sono inseriti nelle peggiori tradizioni clientelari.
I sindacati extraconfederali non sono mai riusciti a offrire a livello nazionale una reale alternativa ai sindacati confederali nonostante in alcuni casi hanno elaborato anche piattaforme rivendicative migliori. Il problema è che non basta avere rivendicazioni migliori, se poi non si riesce a sfidare le organizzazioni più rappresentative per avere tra i lavoratori del pubblico una mobilitazione comune. Del resto non è un mistero per nessuno che gli stessi sindacati extraconfederali spesso non riescono a trovare le basi per un’azione comune neanche tra di loro, da qui il pullulare di decine di sigle di base a volte autoreferenziali.
L’interruzione per legge della contrattazione integrativa ha visto tentativi, in alcuni casi riusciti, di azzeramento dei contratti aziendali, attraverso regolamenti aziendali che hanno decurtato parti significative di salario accessori e tolto diritti, come la vicenda del “contratto unilaterale” del Comune di Roma. Mentre scriviamo ci risulta che sia stato firmato un accordo che andrà valutato nel merito. Tuttavia quello che dimostra quella vertenza è, ancora una volta, la grande disponibilità dei lavoratori alla lotta.
Queste elezioni saranno un passaggio importante proprio di quel protagonismo che abbiamo visto quest’autunno nella mobilitazione contro il Jobs act, una lotta che non sta vedendo, colpevolmente, un suo rilancio. Una mobilitazione che, piuttosto, dovrebbe svilupparsi ulteriormente con una piattaforma più avanzata fino alla cacciata del governo Renzi.
La Cgil è l’organizzazione attraverso la quale si è espressa questa disponibilità al conflitto. è questo il sindacato a cui si rivolgono milioni di lavoratori, iscritti e non, quando sentono il bisogno di unirsi ed opporsi allo smantellamento dei servizi e della scuola pubblica, ai licenziamenti ed ai tagli. è attraverso il rafforzamento della Cgil a queste elezioni, e il voto ai candidati che meglio esprimono la combattività necessaria, che può trovare maggior vigore la nostra battaglia di opposizione alle timidezze, alla moderazione, alle posizioni ancora concertative dei gruppi dirigenti.