Mercoledì 22 marzo 2006, l’ETA ha rilasciato un comunicato in cui ha
annunciato il “cessate il fuoco” permanente. Questo annuncio è
stato preceduto da quasi tre anni di lotta armata, senza vittime, dell’ETA
e da ripetute manifestazioni pubbliche dei leader della Sinistra Abertzale
(Sinistra Nazionalista Basca) a favore di una “soluzione negoziata”
per la pacificazione di Euskal Herria (Paese Basco).
1. Mercoledì 22 marzo 2006, l’ETA ha rilasciato un comunicato in cui ha annunciato il “cessate il fuoco” permanente. Questo annuncio è stato preceduto da quasi tre anni di lotta armata, senza vittime, dell’ETA e da ripetute manifestazioni pubbliche dei leader della Sinistra Abertzale (Sinistra Nazionalista Basca) a favore di una “soluzione negoziata” per la pacificazione di Euskal Herria (Paese Basco). A questo proposito, l’elemento più significativo è stata la cosiddetta proposta Anoeta nella quale la sinistra Abertzale ha proposto la creazione di due comitati per risolvere il conflitto: uno composto dall’ETA e dal governo spagnolo per trattare esclusivamente delle questioni legate alle armi, ai prigionieri e alle vittime, e l’altro composto da tutte le organizzazioni politiche del Paese Basco che permetterebbe l’instaurarsi di una nuovo contesto politico nel quale ottenere il superamento della violenza. E’ ovvio che la dichiarazione dell’ETA costituisce un evento di enorme rilevanza che segnerà la situazione politica nei prossimi mesi e anni. Per i marxisti rivoluzionari del Paese Basco e della Spagna che si riconoscono in Ezker Marxista e nel Militante la rinuncia alla lotta armata da parte dell’ETA è una buona notizia che, senza dubbio, è stata determinata dal movimento di massa che ha percorso tutta la Spagna negli ultimi sei anni.
2. Il testo della dichiarazione dell’ETA, molto brevemente, probabilmente è stato approvato dopo lunghe e attente considerazioni, dalle quali possiamo pensare che si tratti di una proposta seria e credibile, nonostante la reazione isterica dei media del PP (Partito Popolare) consapevoli che lo sviluppo di questo processo rafforzerà dal punto di vista elettorale il PSOE (Partito Socialista Operaio Spagnolo) e la Sinistra Abertzale. L’annuncio del “cessate il fuoco” permanente è stato reso noto dopo settimane di enorme tensione dovuta alla morte di due prigionieri politici, alla tremenda repressione da parte della Ertzantza (Polizia Nazionale Basca) nei confronti delle ultime poche manifestazioni nel Paese Basco, alle misure giudiziarie assolutamente reazionarie contro i leader della Sinistra Abertzale, che potrebbero ancora mandare in galera Arnaldo Otegi (leader di Batasuna), e all’offensiva che la destra sta sferrando nelle strade, nel parlamento e su tutti i mass media, insistendo sulla presunta capitolazione del governo del PSOE di fronte al “terrorismo”.
Questi fatti dimostrano chiaramente l’esistenza di enormi pressioni da destra e da ampi settori dell’apparato statale per sabotare qualsiasi negoziato che possa avere una soluzione positiva. Allo stesso modo, come provano i fatti, la borghesia basca, attraverso il PNV (Partito Nazionale Basco) non ha intenzione di perdere il suo ruolo da protagonista, ruolo di cui ha goduto negli ultimi anni quando, nella maniera più demagogica, ha dichiarato di difendere i diritti democratici del Paese Basco mentre in realtà applicava ogni misura repressiva decisa dal PP e dall’apparato statale.
3. Nella sua dichiarazione l’ETA afferma che “il superamento del conflitto, qui e ora, è possibile”. Per ottenere ciò fa un “appello a tutte le parti in causa affinché si comportino responsabilmente in linea con i passi già intrapresi (…) E’ tempo di compromessi. Ognuno deve assumersi le proprie responsabilità al fine di costruire la soluzione democratica di cui il popolo ha bisogno.”
Il comunicato dell’ETA riproduce esattamente il linguaggio politico usato dall’IRA nel 1995, quando dichiarò la tregua che alla fine portò all’abbandono delle armi e al negoziato del trattato di Stormont.
Nelle due dichiarazioni rilasciate dall’ETA non c’è neppure il minimo riferimento esplicito al diritto all’auto-determinazione, ma al riconoscimento della necessità di “costruire la cornice democratica per il Paese Basco, riconoscendo i diritti che gli spettano e assicurando per il futuro la possibilità di sviluppare tutte le opzioni politiche.” Non c’è inoltre nessun riferimento al socialismo, ma un appello “a tutti i cittadini baschi in generale, e ai militanti della Sinistra Abertzale in particolare, ad essere coinvolti nel processo.”
La dichiarazione dell’ETA è stata accolta nel Paese Basco con un sentimento di aspettativa nei confronti di una situazione nuova a lungo attesa e con un sentimento di scetticismo sulla possibilità che gli obiettivi per i quali si è combattuto tanto a lungo, come il diritto all’auto-determinazione e all’unità territoriale, e che furono le chiavi per l’inizio del processo, possano davvero essere raggiunti.
Lo stesso ambiente contraddittorio sembra essere apparso fra i prigionieri politici baschi, tra i quali c’è euforia per un possibile ritorno a casa, insieme al sentimento di un ampio settore che sarà più cauto verso i possibili esiti. Tutto ciò dopo quattro decenni di lotta armata che ha provocato un profondo rifiuto nella maggioranza della società e un graduale indebolimento dell’ETA e della sua base d’appoggio.
In ogni caso questa dichiarazione di “cessate il fuoco” permanente ha anche scatenato illusioni e speranze, specialmente tra settori di militanti della Sinistra Abertzale che la considerano come una passo decisivo nella soluzione del problema dei prigionieri e dei rifugiati. Anche fra la classe operaia basca in generale e nella stessa Spagna la dichiarazione di “cessate il fuoco” permanente suscita, nonostante i dubbi iniziali, enormi aspettative.
4. La dichiarazione dell’ETA rappresenta un’ esplicita dimostrazione che solo l’azione delle masse, basata su politiche autenticamente socialiste, può ottenere la garanzia dei diritti democratici delle nazionalità storiche. Questa è una straordinaria lezione. Anni di lotta armata sono solo serviti a rafforzare l’apparato repressivo dello stato e sono diventati la scusa perfetta per attaccare massicciamente i diritti democratici; basandosi per anni sui metodi del terrorismo individuale hanno permesso al PP-UPN di crescere e di estendere l’ “españolismo” più reazionario (nazionalismo spagnolo e sostegno per il governo centrale di Madrid) tra ampi strati della popolazione.
L’esperienza degli ultimi 6 anni, durante i quali abbiamo visto il più grande movimento di massa contro la destra, dalle mobilitazioni degli studenti contro la LOU (Legge Organica sulle Università) e la LOCE (Legge Organica sulla Qualità dell’Educazione), alle massicce manifestazioni contro il disastro del Prestige e il Piano Nazionale Hydro, al vittorioso sciopero generale del 20 giugno 2002 e, soprattutto, al meraviglioso movimento di milioni di lavoratori e giovani contro la guerra imperialista, mostra la via da seguire. Di fatto, questo intero processo si è cristallizzato tra l’11 e il 14 marzo 2004, dopo gli attacchi fondamentalisti che tolsero la vita a 190 lavoratori e giovani dei quartieri operai di Madrid. Le politiche criminali del PP, il suo sostegno alla guerra imperialista in Iraq, le sue imbarazzanti bugie nel tentativo di incolpare l’ETA del massacro con lo scopo di ottenere un ritorno dal punto di vista elettorale, hanno esaurito la pazienza di milioni di persone. Il PP è stato spazzato via nelle elezioni del 14 marzo grazie alla più grande mobilitazione sociale dagli anni ’70, durante la lotta all’ultimo sangue contro la dittatura di Franco. E’ stato proprio il movimento delle masse a costringere Zapatero a ritirare le truppe dall’Iraq, nonostante le pressioni dell’imperialismo contro questa mossa. Questi sono i metodi che possono cambiare i rapporti di forza a favore dei diritti democratici del Paese Basco.
Sfortunatamente le politiche dei leader dell’ETA indicano che la sconfitta della lotta armata aprirà la strada ad altre strategie non meno negative: il raggiungimento, in un modo o nell’altro, di un fronte comune con la borghesia basca nel PNV-EA (Partito Nazionalista Basco- Eusko Alkartasuna). Chiunque pensi che la borghesia basca voglia risolvere i problemi che colpiscono i lavoratori e i giovani o che sia interessata ad intraprendere una lotta per i diritti nazionali nel Paese Basco, incluso il diritto all’auto-determinazione, non ha imparato nulla dalla storia degli ultimi 70 anni. Solo la classe operaia, adottando una posizione di classe indipendente socialista ed internazionalista, può soddisfare le aspirazioni democratiche del Paese Basco
I crimini della borghesia spagnola
5. La repressione dei diritti nazionali democratici del Paese Basco e delle altre nazionalità è stata una delle principali caratteristiche delle politiche della borghesia spagnola nel corso della storia. Basandosi sui pregiudizi più reazionari, usando la minaccia del “separatismo” nei confronti dell’ ”unità sacra della madrepatria” la classe dominante spagnola e il suo apparato statale hanno sistematicamente negato i più basilari diritti democratici ad una parte consistente della popolazione di queste nazionalità – dalla messa al bando dell’uso e l’insegnamento della madrelingua alla negazione del diritto all’autodeterminazione. I predecessori del PP sotto la dittatura di Franco – che ha dominato il paese per quasi 40 anni basandosi sulla repressione più selvaggia della classe lavoratrice – hanno schiacciato senza esitazione i diritti delle nazionalità. In questo modo la borghesia spagnola ha solo rimandato il problema, accumulando il materiale esplosivo dell’oppressione nazionale sotto le fondamenta della società. Per anni hanno usato i metodi più sanguinari per mettere fine alle aspirazioni democratiche nazionali del Paese Basco, incluso l’uso sistematico del terrorismo di stato durante gli anni ’70. In questo senso il coinvolgimento del PSOE sotto Felipe Gonzàlez nella sporca guerra (GAL – Gruppi Anti-terroristici di Liberazione), ha dimostrato fino a che punto questo fosse pronto ad appoggiare l’apparato statale e la borghesia spagnola nella liquidazione manu militari della questione nazionale basca.
6. Sotto il governo del PP l’offensiva contro i diritti democratici nazionali del Paese Basco in generale, e della Sinistra Abertzale in particolare, si è fortemente intensificata. La chiusura dei giornali e degli altri organi di espressione della Sinistra Abertzale, la persecuzione dei Baschi in Navarra, la messa al bando di Batasuna e l’esclusione dei candidati della Sinistra Abertzale dalle elezioni regionali e municipali, la violenza della polizia contro ogni tipo di manifestazione a favore dell’auto-determinazione, il mantenimento della politica di allontanmento dei prigionieri dalle proprie terre d'origine, l’uso dell’apparato giudiziario per inasprire le sentenze di incarcerazione e per violare lo stesso codice penale vigente, l’apertura di processi giudiziari per il “crimine” di manifestare a favore dell’indipendenza del Paese Basco ecc…, sono alcuni degli attacchi più significativi che fanno parte dell’arsenale usato per criminalizzare tutti i baschi, spargendo simultaneamente il veleno dello sciovinismo spagnolo attraverso ampi strati della popolazione. Tutti questi metodi messi in atto dalla destra, con il sostegno entusiastico del PSOE, sono stati giustificati come parte di una lotta generale contro il terrorismo.
7. Individui come Fraga Iridane, José María Aznar e tutti i leader del PP, non si sono mai stancati di appellarsi al “diritto alla vita” come argomento centrale per portare avanti le loro politiche repressive. Nondimeno, bisogna sottolineare che la difesa di questo “diritto”, nella bocca della destra, è ipocrita e demagogica. I leader del PP non hanno alcuna autorità morale per sventolare la bandiera del “diritto alla vita” o della “democrazia”. Per 40 anni questi reazionari hanno giustificato ogni singolo crimine della dittatura di Franco. Ogni volta che gli si ricorda il loro coinvolgimento e il loro appoggio ad un regime che tra il 1939 e il 1945 ha giustiziato più di 200,000 lavoratori e militanti di sinistra con la repressione politica in ogni angolo della Spagna, guardano dall’altra parte.
Non vi è mai stata una condanna del Franchismo dalle bocche dei leader più in vista del PP. Farlo vorrebbe dire auto-condannarsi, cosa che non faranno mai. Per anni il PP ha giustificato ogni singolo crimine dell’imperialismo americano. Questi “amanti della vita e della democrazia” hanno sostenuto senza riserve i colpi di stato di Pinochet in Cile e di Videla in Argentina che sono responsabili della morte, dopo crudeli torture ed umiliazioni, di decine di migliaia di attivisti sindacali e militanti di sinistra.
Hanno entusiasticamente sostenuto l’aggressione imperialista contro il popolo iracheno che ha significato la morte di centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini innocenti e la distruzione delle principali infrastrutture del paese, con immensa gioia delle grandi multinazionali degli Stati Uniti. Non hanno mai parlato del diritto alla vita di queste vittime. Allo stesso modo hanno sostenuto le criminali politiche dei governi sionisti di Israele e le loro politiche di sterminio contro gli attivisti palestinesi in lotta per i diritti democratici del loro popolo.
Questi “campioni del diritto alla vita e alla democrazia”, che si sono arricchiti grazie ai crimini della dittatura franchista, sono gli stessi che hanno approvato leggi “democratiche” a favore del massimo sfruttamento nelle fabbriche e nei posti di lavoro. Non hanno mai detto niente sugli oltre 14,000 lavoratori morti durante gli anni del governo del PP in “incidenti sul lavoro”, sempre conseguenza della mancanza di misure di sicurezza e dei ritmi di lavoro brutali. Il sangue dei lavoratori è stato ampiamente versato per riempire le tasche della borghesia e dei dirigenti del PP che lo giustificano nel nome della libera impresa e del libero mercato.
Le politiche della destra riguardo la questione nazionale non sono nient’altro che la continuazione delle politiche portate avanti in altri settori. Hanno sempre mantenuto un intransigente punto di vista di classe: difendere e proteggere i propri interessi economici e il proprio potere politico ad ogni costo.
L’ipocrisia della borghesia basca
8. La borghesia basca, e lo stesso vale per quella catalana, è da sempre in competizione con la borghesia spagnola per aumentare il tasso di sfruttamento della classe operaia della propria nazionalità. Il nazionalismo della borghesia basca è sempre stato carico di calcoli cinici ed egoismo per la difesa dei propri interessi di classe collettivi. Nel suo appello per il trasferimento alle regioni della raccolta delle imposte delle questioni riguardanti lavoro, casa, salute ed istruzione, la borghesia basca non ha mai difeso né ilavoratori baschi né le loro famiglie. Mentre utilizzava demagogicamente l’oppressione nazionale del Paese Basco e il sentimento di una buona parte della popolazione, non ha mai avuto problemi a fare affari con l’oligarchia spagnola. La storia ha dimostrato che il nazionalismo della borghesia basca arriva solo fino al punto in cui i suoi interessi vengono minacciati.
Durante la guerra civile e la rivoluzione degli anni ’30, hanno preferito sacrificare il territorio del Paese Basco e capitolare di fronte alle truppe di Franco con lo scopo di salvaguardare la proprietà delle fabbriche e delle imprese. La brutale repressione da parte di Franco di qualsiasi manifestazione dell’identità culturale basca e la negazione dei diritti elementari della classe operaia basca per loro erano meno importanti rispetto alla perdita delle miniere, delle fabbriche, delle terre, delle banche e degli affari che sarebbe avvenuta se la rivoluzione fosse stata vittoriosa in seguito alla formazione delle milizie operaie. Molti onesti “gudaris” (combattenti) morirono per mano del fascismo insieme a membri delle milizie socialiste, comuniste e anarchiche. Certamente alcuni esponenti politici del PNV dovettero prendere la strada dell’esilio, ma la maggioranza della borghesia basca è stata in grado di trarre benefici dalla dittatura di Franco grazie allo sfruttamento dei lavoratori baschi, sottoposti alle leggi eccezionali franchiste.
Durante la “transizione” la direzione del PNV ha rinunciato al diritto all’auto-determinazione e ha accettato la struttura dell’ ”autonomia” concessa dalla borghesia spagnola per pacificare la lotta in difesa dei diritti democratici delle nazionalità storiche che si stava sviluppando massiccia in tutto il paese.
Nel primo governo del Partito Popolare il PNV ha appoggiato Aznar sostenendo diverse iniziative parlamentari e leggi che attaccavano i diritti dei lavoratori.
9. Gli interessi della borghesia basca e della classe lavoratrice del Paese Basco non hanno nulla in comune, proprio come gli interessi dei lavoratori francesi e spagnoli non hanno nulla in comune con quelli dei borghesi francesi e spagnoli. Tutte le politiche dei governi autonomi del PNV sono state attentamente progettate per smantellare i diritti fondamentali della classe lavoratrice basca e allo stesso tempo garantire profitti alla borghesia basca attraverso ogni sorta di sussidi, tagli alle tasse e margini per la speculazione e la privatizzazione di imprese pubbliche e settori strategici dell’economia. Fondamentalmente non c’è nessuna differenza sostanziale nelle politiche sociali che le borghesie basca, spagnola o francese hanno attuato negli ultimi anni. Sono fatte con lo stampino.
Comunque la borghesia basca ha avuto per molto tempo un’eco nella difesa dei diritti democratici del Paese Basco. Ciò è stato dovuto fondamentalmente a due fattori: l’atteggiamento dei dirigenti riformisti della sinistra nei confronti della questione nazionale, particolare il PSOE e il PCE (Partito Comunista di Spagna) e la repressione da parte della borghesia spagnola. Questi elementi, insieme all’incapacità della Sinistra Abertzale di prendere le distanze dalla borghesia basca, hanno consentito a quest’ultima di giocare un ruolo da protagonista, un ruolo che non ha mai meritato e che gli ha permesso di oscurare i reali interessi di classe che rappresentavano la forza motrice delle sue decisioni più importanti.
Le responsabilità dei dirigenti riformisti della sinistra
10. A metà degli anni ’70 la classe operaia spagnola, e soprattutto i lavoratori del Paese Basco, hanno guidato un formidabile movimento contro la dittatura. All’epoca i rapporti di forza erano di gran lunga a favore dei lavoratori e la borghesia non ebbe altra scelta se non quella di fare concessioni democratiche con lo scopo di impedire al movimento rivoluzionario di rovesciare il capitalismo. La trasformazione socialista della società era all’ordine del giorno.
Al fine di assicurare lo smantellamento della dittatura senza epurare l’apparato statale e di evitare a qualsiasi esponente politico di essere processato per i suoi crimini, la borghesia guadagnò rapidamente l’appoggio dei dirigenti riformisti del movimento operaio - nel PCE, nel PSOE e nei sindacati – che accettarono il ruolo di uomini di stato “responsabili”. In questo modo fu accettata alla fine del processo una legge vergognosa, la più vergognosa che la storia ricordi. Questa legge non fu mai scritta o approvata dal parlamento ma fu esplicitamente accettata da tutti gli esponenti della sinistra riformista. La “Riconciliazione Nazionale” fu sigillata, oltraggiando con un colpo di penna e nel modo più vergognoso la memoria storica di centinaia di migliaia di vittime della dittatura e lasciando impunite le atrocità di 40 anni di regime franchista.
Di conseguenza, la monarchia imposta da Franco fu accettata e la borghesia guadagnò il consenso su altre questioni fondamentali dello stato, come il compromesso dei leader riformisti del PCE, del PSOE e dei sindacati per garantire l’economia di mercato, ovvero per permettere alla borghesia di mantenere un fermo controllo sulle principali leve dell’economia, e quindi sulle istituzioni politiche del nuovo regime “democratico”.
11. La classe dominante, sfruttando la sua veste “democratica”, riprese gradatamente il controllo della situazione politica grazie alle politiche di compromesso e di smobilitazione del movimento spalleggiate dai dirigenti della sinistra riformista, che sono state attuate in concomitanza con un’amara ritirata della classe lavoratrice e con lo svuotamento di militanti delle organizzazioni operaie. L’abbandono di posizioni socialista è accaduto in ogni ambito. Riguardo la questione nazionale, la direzione dei partiti tradizionali di sinistra è capitolata vergognosamente sotto le pressioni della borghesia, frustrando le aspirazioni di milioni di persone, lavoratori e giovani delle nazionalità storiche. La rinuncia al diritto all’auto-determinazione, un diritto democratico basilare, è stata sostituita dall’appoggio incondizionato al nazionalismo spagnolo che ha assicurato l’ “unità sacra della Spagna” per mezzo dell’esercito, così come affermato nell’articolo 8 della Costituzione.
In queste condizioni, la frustrazione di migliaia di lavoratori e di importanti settori della gioventù basca, che avevano speso enormi energie nella lotta contro la dittatura, ha trovato espressione sotto la bandiera dell’indipendenza e dei metodi del terrorismo individuale praticati dall’ETA. La Sinistra Abertzale ha ottenuto, a causa della crisi generale del capitalismo e della crescita esponenziale della disoccupazione, oltre all’assenza di un’alternativa di classe rivoluzionaria ed internazionalista, un’enorme influenza tra le masse nel Paese Basco.
Prospettive per i negoziati
12. Nella prima fase dei negoziati, i governo Zapatero, probabilmente si concentrerà sulla richiesta che l’ETA abbandoni definitivamente la lotta armata in cambio della legittimazione di Batasuna. In questo modo la Sinistra Abertzale potrà presentarsi alle elezioni del 2007 con il suo nome e fermare l’offensiva giudiziaria nel suoi confronti. In una seconda fase, nella misura in cui il “cessate il fuoco” dell’ETA rimarrà in vigore, il governo probabilmente provvederà ad adottare misure a favore dei prigionieri. Riguardo all’appello al dialogo tra i partiti politici – anche se la direzione del PSOE ha rotto con le politiche di appiattimento sulle posizioni del PP, che aveva seguito per anni – sarà assolutamente condizionato dall’ala destra e dagli elementi più reazionari dell’apparato statale che non vogliono alcuna soluzione della questione nazionale nel Paese Basco. Dal momento in cui i leader socialdemocratici del PSOE hanno abbandonato politiche socialiste e di classe, hanno sostenuto per anni il rifiuto di riconoscere il diritto all’auto-determinazione del Paese Basco, abbracciando la posizione del nazionalismo spagnolo. Ovviamente i dirigenti del PSOE, inclusi quelli del PSE (Partito Socialista Basco), non hanno accettato trattative sul diritto all’auto-determinazione o sull’unità territoriale del Paese Basco (l’unificazione col paese basco francese e con la Navarra, ndt).
13. Per quanto riguarda i borghesi baschi, non vogliono essere messi da parte. Approfittando di questa opportunità, il PNV cercherà probabilmente di rinegoziare lo Statuto Basco in termini più favorevoli per i suoi interessi, come fece CiU (Convergenza ed Unità – nazionalisti conservatori catalani) con lo Statuto Catalano – cioè per gli interessi della borghesia basca in cambio di qualche minima concessione alla Sinistra Abertzale. Questi fatti rendono ancora più chiaro che il PNV non condurrà mai una lotta per il diritto all’auto-determinazione. I suoi legami e affari con la borghesia spagnola e con il mercato spagnolo sono molto più importanti delle dichiarazioni che fa per accontentare i suoi sostenitori il giorno di Aberri Eguna (Giorno Nazionale Basco).
14. I leader del PP hanno reagito alla dichiarazione di “cessate il fuoco” con le solite provocazioni ed isteria. La loro posizione rappresenta in questo momento gli interessi dell’apparato del partito che vede allontanarsi la prospettiva di tornare al governo nel breve termine. La loro posizione rappresenta anche la voce del settore più reazionario dell’apparato statale, i cosiddetti poteri che contano tra i generali, della gerarchia ecclesiastica, del potere giudiziario e dei mezzi di comunicazione della destra più viscerale. Per questi settori la scomparsa dell’ETA non è auspicabile perché in passato gli ha fornito la scusa per criminalizzare tutto ciò che fosse basco e gli ha dato modo di rafforzarsi. Invece, per i settori decisivi della classe dominante la fine della lotta armata dell’ETA è una novità interessante di cui cercheranno di trarre profitto e questo si tradurrà in un aumento delle pressioni sul PP nel prossimo periodo perché si arrivi a qualche tipo di accordo col governo a riguardo.
15. Le paure del governo Zapatero, del PNV e della Sinistra Abertzale in relazione a questo processo riguardano la possibilità che un settore di giovani attivisti possa decidere di continuare la lotta armata. La repressione di massa, l’istruttoria 18/98 (un maxiprocesso che cercò di dimostrare che la Sinistra Abertzale e altre organizzazioni sociali e politiche lavoravano per l’ETA; accusati di terrorismo, giornali, imprese ed altre organizzazioni furono chiusi), la messa fuori legge delle organizzazioni nazionaliste, la mancanza di prospettive sotto il capitalismo, ecc., hanno suscitato tra settori della gioventù basca un odio crescente per le politiche avanzate dalla destra e un profondo scetticismo verso qualsiasi soluzione negoziata.
Comunque, un ritorno alla lotta armata, sebbene da non escludersi, sarebbe molto difficile. Il tentativo di rovesciare l’apparato statale capitalista per mezzo di Goma 2 (esplosivi) e autobombe è fallito dopo essere stato praticato per 40 anni. Se stessero pensando di tornare a questi metodi la repressione dell’apparato statale riemergerebbe con forza e allo stesso tempo si troverebbero più isolati dal punto di vista sociale e politico. Nuove azioni armate in futuro dovrebbero affrontare il più grande dei problemi: la reazione dell’intera popolazione che ha già dimostrato il suo rifiuto per questo metodo di lotta.
16. L’esperienza dell’Irlanda del Nord, che i dirigenti della Sinistra Abertzale prendono a modello, significherà impantanarsi nell’attività istituzionale e parlamentare.
I fatti sono testardi. In Irlanda del Nord, dopo decenni di intensa lotta armata da parte dell’IRA e di brutale repressione da parte dell’esercito inglese e della polizia nord-irlandese, non si è più vicini all’unificazione dell’isola ma più lontani. In realtà, all’interno del contesto del sistema capitalista, gli imperialisti inglesi continuano a decidere, in combutta con la borghesia irlandese, sul destino di milioni di lavoratori e delle loro famiglie. I pressanti problemi della disoccupazione, della mancanza di alloggi, della precarietà delle infrastrutture della sanità e dell’istruzione non sono stati risolti. I leader del Sinn Fein hanno scambiato la loro fiera retorica a favore della lotta armata per comodi uffici e conferenze stampa nelle quali sono apparsi accanto a Blair, ma non hanno un’alternativa da contrapporre al sistema capitalista che è in realtà il responsabile per i secoli di dominazione dell’imperialismo inglese sull’isola.
Nel caso del Paese Basco c’è un parallelismo lampante. Le borghesie spagnola e basca si sono già candidate a giocare il ruolo di Gerry Adams. Oteguì e Rafa Díaz Usabiaga (i leader del LAB – sindacato basco legato alla Sinistra Abertzale) si presentano come gli uomini più adatti a guidare il processo di negoziazione all’interno della Sinistra Abertzale.
La borghesia basca ha una strategia ben definita per il processo di pace: rafforzarsi a spese della Sinistra Abertzale. La presunta “costruzione della nazione” significa per la borghesia basca mettere da parte le sue promesse in cambio di accordi e pace sociale nelle fabbriche e nelle strade del Paese Basco al fine di aumentare i profitti attraverso ulteriori tagli allo stato sociale a discapito della classe lavoratrice e della gioventù. Hanno già lanciato degli avvertimenti a proposito. Da adesso in poi saranno più duri contro le lotte che inevitabilmente si svilupperanno per i diritti democratici, le precarie condizioni di lavoro, la mancanza di alloggi, ecc.
17. E’ vero che il processo che si è appena aperto può risolvere alcuni pressanti problemi che gravano pesantemente sul morale di migliaia di attivisti della Sinistra Abertzale. Il ritorno all’attività legale potrebbe essere un passo in avanti. Naturalmente la risoluzione dei problemi dei prigionieri e degli esiliati sarebbe una grande conquista che sarebbe accolta con entusiasmo da migliaia di famiglie basche che vedono i loro figli, fratelli, genitori marcire nelle prigioni spagnole e francesi, o essere costretti a trovare rifugio in paesi distanti migliaia di chilometri.
Tuttavia, tutte queste palesi conquiste non possono nascondere il fatto che le questioni fondamentali come il diritto all’auto-determinazione o all’unità territoriale del Paese Basco rimarrano senza soluzione. Questi diritti democratici non saranno mai conquistati all’interno della cornice del capitalismo. Le borghesie spagnola e francese non concederanno mai questi diritti a meno che la classe lavoratrice del Paese Basco, insieme con il movimento operaio di Spagna e Francia, li conquisti attraverso la lotta rivoluzionaria per stabilire le basi di una società socialista.
Imparare dal
passato per prepararsi al futuro!
Per un’alternativa socialista
rivoluzionaria nel Paese Basco!
18. Nonostante la destra affermi che il “cessate il fuoco” dell’ETA sia il risultato della messa fuori legge della Sinistra Abertzale, della legislazione repressiva e dell’efficienza della polizia, la realtà è che l’unica cosa che la repressione ha ottenuto è stata alimentare il conflitto per anni. Il governo del PP non è riuscito a risolvere i problemi e sebbene l’ETA non abbia sferrato attacchi mortali negli ultimi tre anni, ha potuto compiere oltre 100 azioni armate. Nelle ultime settimane sono esplose parecchie bombe, che mostrano chiaramente che le azioni poliziesche e la repressione non distruggeranno mai l’ETA e che questa spirale di violenza è semplicemente l’espressione di problemi politici non risolti. Ciò che potrebbe finalmente fermare l’ETA dopo anni di lotta armata senza risultati sarebbe la massiccia mobilitazione della classe operaia e della gioventù che, come mostrato dagli ultimi avvenimenti, non si sono lasciate manipolare dalla destra. Siamo stati forti nel cacciare il PP, siamo stati in grado di fermare l’ETA, e ora dobbiamo continuare la lotta per migliorare le nostre condizioni di vita e di lavoro, per rovesciare le leggi repressive del PP, cominciando dalle leggi reazionarie sui partiti politici e legando tutte le rivendicazioni di classe con la difesa del diritto all’auto-determinazione delle nazionalità storiche per unire tutti gli oppressi nella lotta per la trasformazione socialista della società.
19. I Marxisti Rivoluzionari si sono sempre opposti ai metodi del terrorismo individuale. E’ assolutamente impossibile sconfiggere il sistema capitalista, causa dell’oppressione nazionale, attraverso il metodo dell’azione armata individuale di pochi commandi, non importa la sofisticatezza del loro armamento.
Il capitalismo è un sistema socio-economico che possiede un sofisticato apparato statale che si basa su relazioni di proprietà. L’unica via per porre fine alla tirannia del capitalismo è l’azione rivoluzionaria della classe lavoratrice e degli oppressi, per mezzo di metodi di lotta che hanno provato la loro efficacia: scioperi, occupazioni di fabbriche, mobilitazioni di massa, scioperi generali e insurrezioni.
20. La nuova situazione susciterà un dibattito interno nella Sinistra Abertzale lungo linee di classe. Ora più che mai è necessario fare un bilancio di 40 anni di attività armata dell’ETA e della questione nazionale basca in generale dal punto di vista degli interessi dei lavoratori.
La questione nazionale ha polarizzato quasi completamente la vita politica per anni. In molte occasioni le questioni di classe sono svanite dietro una cascata di demagogia reazionaria. Dietro l’agitazione sciovinista del nazionalismo spagnolo, o la cinica propaganda della borghesia basca, erano nascosti i disegni reazionari della classe dominante per l’aggressione permanente ai diritti dei lavoratori e alle loro condizioni di vita. Lo sfruttamento nelle fabbriche è aumentato scandalosamente, la giornata lavorativa è stata allungata, la precarietà si è estesa, ecc., mentre i salari e il potere d’acquisto dei lavoratori e delle loro famiglie sono crollati considerevolmente non solo nel Paese Basco ma anche in Spagna e in Francia, e i servizi pubblici essenziali come l’istruzione e la sanità sono sotto continuo attacco e sottoposti a piani di privatizzazione.
Le borghesie francese, spagnola e basca sono sempre state d’accordo su una cosa: tutte e tre hanno collaborato senza alcun problema quando è stato il momento di portare avanti leggi e misure che gli permettessero di sfruttare al massimo i lavoratori per aumentare i loro profitti. La borghesia ha aumentato i suoi profitti vergognosi su queste basi.
E’ quindi ora per la classe lavoratrice e la gioventù del Paese Basco, insieme ai fratelli e alle sorelle di classe di Spagna e Francia, di intervenire direttamente sugli eventi innalzando la bandiera del socialismo internazionale e politiche di classe indipendenti. Solo con questo programma, basandosi sulla lotta di massa, sarà possibile conquistare il diritto all’auto-determinazione e porre un’alternativa attuabile per la soluzione della questione nazionale nel Paese Basco e delle nazionalità storiche nello stato spagnolo: la federazione socialista delle nazionalità iberiche.
21. La questione nazionale ha mostrato di non essere risolvibile da parte della borghesia, sia quella spagnola che quelle delle nazionalità storiche, ma per la classe operaia e le sue organizzazioni può rappresentare una potente forza di cambiamento se tutte le energie che la questione nazionale è in grado di scatenare sono orientate, da un punto di vista di classe, verso la lotta per la trasformazione socialista della società. A questo fine, il principale scopo dei rivoluzionari nel Paese Basco, in Galizia e in Catalogna deve essere strappare la bandiera delle rivendicazioni democratico-nazionali dalle mani delle borghesie nazionaliste che la usano demagogicamente per difendere i propri interessi di classe.
La liberazione delle nazionalità storiche dalla repressione del governo centrale sarà ottenuta unendo le rivendicazioni nazionali democratiche con la lotta della classe lavoratrice dell’intero paese per la trasformazione socialista. A questo scopo l’unione organica del proletariato, al di là di ogni considerazione di nazionalità, lingua, razza e religione, è vitale. Chiunque è contro quest’unione non è a favore del movimento operaio o della causa di liberazione nazionale stessa.
La classe lavoratrice non ha interessi nell’opprimere alcun popolo perché la sua stessa liberazione necessita della fine della divisione in classi della società, fonte di ogni tipo di oppressione.
22. Dal punto di vista del marxismo non c’è contraddizione tra la difesa del diritto all’auto-determinazione delle nazionalità storiche, incluso il diritto all’indipendenza se deciso democraticamente dalla maggioranza dei catalani, baschi e galiziani, e la difesa allo stesso tempo dell’unità organica della classe operaia al di là delle frontiere nazionali.
Come marxisti difendiamo la più ampia autonomia possibile per le nazionalità storiche all’interno di una federazione socialista delle nazionalità iberiche come primo passo verso una federazione socialista dell’Europa e del mondo.
Oggi come ieri, ciò di cui ha bisogno la classe lavoratrice è una direzione rivoluzionaria che combatta per il socialismo, per la nazionalizzazione delle banche, delle terre e dei grandi monopoli sotto il controllo operaio e senza indennizzo, eccetto per chiari casi di necessità, e lotti per un’economia democraticamente pianificata che ci permetta di farla finita col capitalismo.
23. La decisione su come sarà il futuro per noi e per le nuove generazioni è nelle mani di tutti quei giovani attivisti e lavoratori con coscienza di classe che sono pronti ad educarsi politicamente, partecipare e organizzarsi. Questo è il compito più importante attorno al quale dovrebbero tendere tutti i nostri sforzi: creare la direzione del proletariato a livello internazionale e nazionale capace di mettere fine al capitalismo. Oggi come ieri la crisi dell’umanità, come spiegava Leon Trotsky, si riduce in ultima analisi alla mancanza di una leadership rivoluzionaria del proletariato. Questo è il compito fondamentale della nostra epoca.
Una rivoluzione socialista in Spagna avrebbe un effetto immediato nei paesi vicini facendo tremare i leader del grande capitale. La rivoluzione socialista è contagiosa. La classe operaia francese realizzerebbe il suo compito di abolire il capitalismo e lo estenderebbe al resto d’Europa. In questo modo verrebbero poste le basi per la soluzione della questione nazionale nel vecchio continente: nel Paese Basco, in Irlanda, nei Balcani ecc. All’interno di una federazione socialista su scala mondiale, lo sfruttamento e l’oppressione nazionale diventerebbero un incubo del passato
Il destino dei popoli basco, catalano e galiziano e delle altre nazionalità oppresse sarà deciso dall’esito della lotta del proletariato contro l’oligarchia. Un regime di democrazia operaia sarebbe una transizione ad una società senza classi e quindi alla completa conquista del socialismo, che garantirebbe uno sviluppo delle forze produttive mai visto prima. In questa società senza armi gli eserciti e la polizia non avrebbero motivo d’esistere e l’utilizzo delle risorse economiche, scientifiche e umane che oggi sono consumate dal militarismo e dalla guerra permetterebbero di combattere la povertà su scala mondiale e aumentare il benessere dell’umanità in termini mai visti. Allo stesso tempo si fermerebbero gli squilibri ecologici introdotti dallo sviluppo diseguale e anarchico del capitalismo che ha accelerato catastrofi naturali e ha messo in pericolo l’esistenza umana sul pianeta.
L’obiettivo del socialismo non è la creazione di nuove frontiere ma la distruzione di quelle vecchie, la liquidazione dell’oppressione nazionale e quindi la creazione di un mondo unito dall’integrazione di tutti i popoli e le razze in una società in cui non ci sia divisione tra sfruttatori e sfruttati, oppressori e oppressi, ma semplicemente uomini e donne liberi.
Per la difesa del diritto
all’auto-determinazione del Paese Basco e delle nazionalità storiche!
Per la Federazione Socialista delle Nazionalità Iberiche!
Per la Federazione Socialista d’Europa!
Per il socialismo del proletariato e l’internazionalismo!
Unisciti ai marxisti rivoluzionari in lotta per l’alternativa rivoluzionaria!
Ezker Marxista-El Militante, Gasteiz 24 marzo 2006