Dopo cinque anni di governo di destra
il vento comincia a cambiare
A partire dal 1996 e lungo tutto il periodo di governo del Partito popolare (Pp) in Spagna, i dirigenti dei due principali sindacati (Comisiones obreras - Cc.Oo. - e Union general de trabajadores - Ugt) hanno portato avanti una politica di accordi e concertazione con il governo di destra. Come conseguenza nel 1996 c’è stata la controriforma delle pensioni e nel 1997 l’accordo sul taglio delle liquidazioni. Questo ha portato a un arretramento senza precedenti del movimento operaio spagnolo, a un calo degli scioperi anno dopo anno e, a partire dal 1995, all’emergere di un’opposizione di sinistra (il Sector critico) all’interno delle Cc.Oo., che ha raccolto un appoggio del 30% all’interno di quel sindacato.
La destra e i padroni hanno sfruttato questa situazione per lanciare un attacco ai diritti conquistati dai lavoratori spagnoli con decenni di lotte. La precarizzazione tocca il 32% della forza lavoro (72% fra i giovani), gli incidenti sul lavoro sono aumentati del 48% durante i cinque anni di governo di destra, con cinque morti al giorno, nel 2000 i salari reali hanno perso l’1,7% del potere d’acquisto mentre i profitti aumentavano del 30%.
Nel caso specifico della Galizia, ecco alcune cifre significative fornite dal governo regionale controllato dal Pp: il 52% dei lavoratori fa straordinari non pagati, il 25% non ha ferie pagate e 120mila lavoratori sono in nero e privi di copertura sanitaria.
Sul fronte politico, il Pp è riuscito a vincere le elezioni dello scorso anno, grazie al fatto che la sinistra ha perso tre milioni di votanti. Contemporaneamente le correnti sindacali più a destra hanno consolidato il loro dominio sui sindacati.
Il 3 marzo il governo del Pp ha lanciato una nuova riforma del mercato del lavoro. L’aspetto peggiore della riforma riguarda i part time, che si troverebbero in un regime di arbitrio, con la facoltà delle aziende di chiamarli di volta in volta a lavorare quando serve. Questa legge ha segnato la fine della concertazione. I motivi di questa nuova strategia del Pp sono da un lato le previsioni economiche pessimistiche, dall’altro la fiducia della destra in se stessa, risultato delle concessioni fatte negli anni scorsi dai dirigenti sindacali. I capitalisti spagnoli hanno sempre basato i propri profitti sul supersfruttamento della classe operaia. Di fronte alla prospettiva di una recessione hanno necessità di rovesciare le residue tutele legali. Altri attacchi sono in programma, come per esempio l’abolizione del rinnovo automatico dei contratti di lavoro, e la possibilità per singole imprese di non applicare il contratto nazionale. Si tratta di attacchi molto seri, che se venissero applicati significherebbero un arretramento importante nei diritti e nelle condizioni di lavoro.
La divisione nei sindacati
I dirigenti sindacali sono stati scossi da queste misure: dopo anni di "atteggiamento responsabile", il nuovo decreto del governo li ha lasciati senza argomenti. I dirigenti dell’Ugt hanno avanzato l’idea di uno sciopero generale di 24 ore, ma questa non è una strada facile da seguire per la direzione delle Cc.Oo. Per sei anni, infatti, questi dirigenti hanno condotto una guerra aperta contro il sector critico, (espulsioni, scioglimento di organismi controllati dall’opposizione, epurazione delle liste di candidati per le elezioni dei delegati sindacali), colpendo oltre mille dei loro attivisti. Convocare lo sciopero generale significherebbe ammettere il completo fallimento della loro strategia e dare ragione all’opposizione. Così il 9 aprile hanno firmato un nuovo accordo sulle pensioni, che è stato rifiutato dall’Ugt e dal sector critico, e hanno dichiarato che la concertazione era stata ripristinata e che non c’erano motivi per uno sciopero generale.
Il primo maggio l’Ugt, assieme al sindacato nazionalista gallego Cig, ha annunciato la convocazione di uno sciopero generale nella regione per il 15 giugno, come mezzo per far pressione sulle Cc.Oo. per uno sciopero generale nazionale.
La direzione delle Cc.Oo., ignorando la posizione dell’opposizione, ha deciso di non aderire, sostenendo che non c’erano abbastanza motivi, che era stato deciso unilateralmente dall’Ugt, e infine che si trattava di uno sciopero politico in vista delle elezioni regionali che si terranno in ottobre! Il vero motivo era che volevano raggiungere un nuovo accordo concertativo con il governo di destra. Uno sciopero riuscito in Galizia avrebbe aumentato la pressione per lo sciopero nazionale, e questo è un tabù per i dirigenti delle Cc.Oo.
Gli avvenimenti, però, hanno la propria dinamica: la decisione di non convocare lo sciopero fatalmente li ha spinti ad opporsi frontalmente ad esso e questo è stato decisamente troppo da digerire per i militanti delle Cc.Oo. Questi lavoratori sono sempre stati abituati ad essere in prima fila nella maggior parte delle lotte, e ora i loro dirigenti venivano a dire loro non solo che non ci sono motivi per lo sciopero generale, ma che il giorno 15 dovevano andare al lavoro facendo appello al loro "diritto individuale al lavoro" e varcando i picchetti! Ovviamente, si sono rifiutati.
Per i militanti delle Cc.Oo. dire che non ci sono motivi di scioperare equivale a dire che il governo Pp è stato positivo per il movimento operaio. Peggio ancora l’argomento sullo "sciopero politico". Tanto per cominciare, qualsiasi sciopero generale è politico in quanto coinvolge tutta la società. E se per "politico" si intende dire che avrebbe favorito i partiti di sinistra nelle elezioni regionali, si può sostenere allo stesso modo che il suo fallimento avrebbe favorito il Pp.
Oggi ci si dice che il movimento operaio dovrebbe essere "apolitico" e che i lavoratori devono essere indifferenti a chi governa perché, come ci dicono i pensatori postmoderni, non esistono più destra e sinistra.
Destra e sinistra esistono ed esisteranno finché ci sarà la lotta di classe. Quelle organizzazioni che si dichiarano "apolitiche o "indipendenti" sono precisamente quelle dominate da ideologie di destra.
"Ci sono migliaia di ragioni per scioperare!"
I dirigenti delle Cc.Oo. hanno anche tentato di opporsi allo sciopero in Galizia sostenendo che avrebbe dovuto essere nazionale! Ovviamente in questo avevano ragione, ma la loro alternativa non era lo sciopero generale nazionale, ma nessuno sciopero!
Tutta la situazione ha lasciato perplessi migliaia di militanti delle Cc.Oo., molti dei quali hanno appoggiato lo sciopero. I cantieri navali di Ferrol e Vigo, ove le Cc.Oo. sono nate e che rappresentano l’avanguardia della classe operaia gallega, hanno scioperato. Al cantiere navale Izar, a Ferrol (la seconda impresa della regione, con oltre 3.000 dipendenti), le Cc.Oo. hanno la loro maggior sezione sindacale della regione, e nonostante gli sforzi della direzione ufficiale (il segretario dei metalmeccanici proviene da quella fabbrica e si è speso personalmente contro lo sciopero!) un’assemblea di massa degli operai ha votato al 70% per lo sciopero. Analoghi risultati dalle assemblee negli altri cantieri.
A Vigo le Cc.Oo. hanno organizzato un’assembmlea di 400 delegati sindacali con la presenza del segretario Fidalgo, molti hanno protestato contro la posizione dei dirigenti. Così racconta un giornale locale: "Membri del sector critico hanno distribuito volantini per lo sciopero che venivano strappati loro letteralmente di mano. I dirigenti locali hanno ammesso che non sapevano difendere le argomentazioni contro lo sciopero. Il responsabile dei delegati sindacali di Seragua ha ricevuto un’ovazione quando ha detto che ‘ci sono migliaia di motivi per scioperare’."
Nonostante la campagna fiacca condotta da Ugt e Cig, lo sciopero è stato un successo nelle grandi imprese e nelle zone più industrializzate. Ma l’aspetto più significativo è stata la partecipazione alle manifestazioni, con decine di migliaia di operai nelle strade, 50mila dei quali solo a Vigo (35mila secondo i giornali).
Il successo del 15 giugno in Galizia avrà conseguenze importanti e rafforzerà la spinta in favore di uno sciopero generale nazionale nei prossimi mesi. L’atteggiamento tenuto dai dirigenti delle Cc.Oo. in Galizia aprirà le contraddizioni interne al sindacato, una parte dell’apparato capirà che per recuperare parte dell’autorità che hanno perso dovranno presentare una faccia più radicale; stanno apprendendo a loro spese la lezione che l’Ugt dovette apprendere, traumaticamente, negli anni ’80 sotto i governi socialisti: avvicinarsi al governo è un grande pericolo per un sindacato con base di classe.
Se i sindacati assumeranno una posizione più radicale, il governo di destra potrebbe trarne la conclusione che, finita la concertazione, a loro volta sono autorizzati a lanciare un attacco su tutto il fronte, e questo significherebbe una esplosione della lotta di classe.
Quale che sia il ritmo degli avvenimenti, la cosa realmente importante è che lo sciopero generale in Galizia segna l’inizio di un nuovo periodo in tutta la Spagna.