Solamente poche settimane dopo il cessate il fuoco con le repubbliche ribelli del 5 settembre, su CSPAN (una tv via cavo statunitense, ndt) si poteva vedere Poroshenko chiedere che il Congresso si riunisse e approvasse l'invio di maggiori armamenti letali.
Sta diventando sempre più chiaro che il cessate il fuoco era un modo per creare un po’ di calma all'interno dei confini del paese in previsione delle elezioni del mese scorso.
La pace fasulla
In tutto questo periodo, l’esercito ucraino ha continuato a bombardare le Repubbliche, provocando oltre mille morti nella regione dall’inizio del coprifuoco, con combattimenti particolarmente accaniti ancora in corso vicino all’aeroporto di Donetsk. I media occidentali e le organizzazioni per i diritti umani hanno riportato come l’Ucraina abbia usato bombe a grappolo illegali nel cuore di Donetsk.
In aggiunta a questa situazione di sofferenza, il governo sta tagliando sulle pensioni (da questa estate), sui servizi per l’infanzia, sulle ferrovie, su gas e elettricità, sulla consegna di merci e servizi alla regione, colpendo circa 7 milioni di persone. Come la famosa avvocatessa ucraina Tetiana Montian ha sottolineato : “è abbastanza assurdo che Kiev da una parte urli ‘Nazione unita!’, mentre allo stesso tempo lascia che le persone delle Repubbliche congelino e muoiano di fame”. L’oligarchia ucraina sembra pronta a tagliare i servizi basilari ai residenti del Donbas, ma non è pronta per negoziare seriamente con i rappresentanti delle Repubbliche; in effetti è stata molto più disposta a trattare con il governo russo.
Ci sono molte zone delle Repubbliche che stanno affrontando carenze di cibo, medicinali, elettricità e di altri beni basilari. Una quantità significativa di industrie è stata distrutta dai bombardamenti dell’esercito ucraino, ed è stato stimato che sarà impossibile far ripartire il 15% delle miniere di carbone , poiché servirebbe una manutenzione costante per non far collassare i pozzi, un fatto che ha esacerbato il problema della disoccupazione. Si dice che chi sta meglio siano quelli con parenti che ora lavorano in Russia o in altre zone, perché ora ci sono più di un milione di profughi in conseguenza del conflitto. È inoltre in tempi come questi che speculatori e criminali cercano di approfittare più che possono della situazione.
La calma nella tempesta
Nonostante l’esercito ucraino abbia continuato ad attaccare il Donbass, e le persone continuino ad affrontare i bombardamenti quotidiani e la scarsità di beni basilari mentre l’inverno si avvicina, il “cessate il fuoco” ha concesso alle Repubbliche scissioniste una certa quantità di tempo per stabilizzarsi, e persino per tenere le elezioni il 2 Novembre. Le elezioni nelle Repubbliche Popolari di Donetsk (RPD) e di Lugansk (RPL) hanno visto un’affluenza stimata di più del 60%, eclissando il tasso del 52% delle elezioni ucraine della settimana precedente.
Persino gli avversari delle Repubbliche hanno dovuto ammettere che non solo l’affluenza alle elezioni è stata abbastanza alta con lunghe code, ma che in generale i cittadini delle Repubbliche avanzavano richieste alle nuove autorità e che si mostravano nel migliore dei casi apatici e nel peggiore profondamente risentiti verso le autorità di Kiev. Ciò è in aspro contrasto con i reportage dei media ucraini, in cui i residenti del Donbas chiedono all’esercito ucraino di arrivare a “salvarli” dai “terroristi”. Kiev ha tuttavia denunciato le elezioni come fasulle, mentre con la sua naturale ipocrisia annunciava che ogni osservatore elettorale nelle Repubbliche sarebbe stato dichiarato “persona non grata” in Ucraina.
I dirigenti attuali della RPD e della RPL, Aleksandr Zakharchenko e Igor Plotnitsky, hanno entrambi vinto con maggioranza schiacciante, 79% e 68% rispettivamente.
Gli alti livelli di partecipazione riflettono l'autentico sostegno popolare verso le Repubbliche e la diffusa opposizione alle autorità ucraine. Le cosiddette “operazioni anti-terrorismo”, incluso il bombardamento indiscriminato della popolazione civile, hanno avuto l’effetto di spingere apertamente molti di quelli che all’inizio erano neutrali verso l'opposizione al governo di Kiev. Allo stesso tempo ci sono sviluppi preoccupanti nelle Repubbliche.
Sulla natura del movimento di ribellione
Rispetto al movimento Euromaidan, il movimento Anti-Maidan –la fonte del sostegno popolare ai ribelli- aveva un carattere più distintamente di classe. Molti sostenitori di sinistra dell’Euromaidan ancora tentano di difendere i suoi elementi progressisti citando “l’anti-corruzione”, come se da allora la nazione fosse diventata meno corrotta. Il fatto è che, quali che fossero le speranze di alcuni attivisti per l’Euromaidan, il movimento non ha avuto al suo interno alcun contenuto progressista o sociale. Quelli che avevano avanzato richieste progressiste sono stati o completamente emarginati o persino aggrediti. Come abbiamo spiegato, questo è dovuto largamente alla natura di classe del movimento Euromaidan, che è medio/piccolo borghese, e alla debolezza delle organizzazioni della sinistra e del movimento operaio in generale nel paese, e particolarmente nell’Ucraina Occidentale.
La rivolta in Donbas era largamente basata sulla classe lavoratrice della regione. Questo si è visto per esempio nelle proteste dei minatori a Maggio che successivamente hanno portato sul fronte militare alla formazione della Divisione dei Minatori. Il carattere di classe di un movimento non è il solo fattore che determina il suo esito. La composizione operaia del movimento anti-Maidan di per sé – senza una dirigenza rivoluzionaria- non porta necessariamente a una rivoluzione socialista. Ciò si riflette nel gran numero di elementi confusi, di avventurieri e di nazionalisti russi presente nel movimento. In tempi di guerra, la capacità militare viene valutata più delle idee politiche, e questo si è riflesso nella selezione di quelli che sono saliti al potere, che infatti erano sempre associati con l’una o l’altra formazione militare, passando dai nazionalisti russi di destra Gubarev e Borodai, al reazionario monarchico russo Strelkov, al deputato dell’ex Partito delle Regioni Tsarev.
D’altra parte, ci sono anche una serie di comandanti, attivisti e cittadini che potrebbero essere descritti come “nostalgici sovietici”, “anti-oligarchici” e comunisti in diversa misura, come il comandante ribelle Mozgovoy e Dremov nella RPL, il deputato Smekalin e il dirigente del Partito Comunista Litvinov nella RPD, tra gli altri che hanno invocato l’istituzione di uno stato sociale e la nazionalizzazione delle imprese chiave.
La presenza di questi ultimi si riflette innanzitutto nel nome stesso delle Repubbliche, “Repubbliche Popolari” e “Soviet”, e ad esempio nello stemma dell’esercito della RPL che è chiaramente basato su quelli delle vecchie Repubbliche Sovietiche. Sicuramente la storia dell’URSS comprende periodi diversi, dal primo periodo di democrazia operaia relativamente sana fino a quello stalinista in cui l’economia pianificata e i progressi che essa rese possibili erano combinati con il governo dittatoriale della burocrazia e con un’ideologia che includeva idee reazionarie che pesantemente derivate dal nazionalismo grande-russo (compreso l’antisemitismo). Comunque, la nostalgia per l’Unione Sovietica che si trova in Donbass non ha niente a che fare con i processi farsa, i gulag, la fame o i patti Molotov-Ribbentrop.
Ci sono motivi molto concreti per cui larga parte della popolazione in queste regioni guarda all’Unione Sovietica come qualcosa di positivo. Il fatto è che, a differenza di ciò che è successo in Ucraina Occidentale, dove molte industrie sono state svendute e successivamente chiuse negli anni novanta,, la maggior parte delle industrie del Donbas si è mantenuta in attività, anche dopo le molte privatizzazioni criminali degli anni ’90. La popolazione del Donbas ha ricordi molto nitidi della propria vita prima e dopo la caduta dell’URSS. Questi ricordi includono la piena occupazione, l’educazione e la sanità gratuita e di qualità – tutte conquiste della classe lavoratrice.
C’era un senso di dignità che si è chiaramente perso da quando l’Ucraina è affondata nel capitalismo di mercato. Il ritorno del capitalismo ha portato dirigenti mafiosi al potere, perdita di occupazione e di potere d’acquisto; un pesante degrado delle infrastrutture nelle campagne e nelle città e del sistema sanitario e educativo; la diminuzione dei diritti dei lavoratori, la morte di migliaia di minatori a causa della negligenza dei capi e per il loro profitto; milioni sono stati costretti ad emigrare e altri sono stati gettati negli abissi dell’abuso di alcol e droga. E dopo tutto questo, la restaurazione del capitalismo ora porta la guerra.
Quelli che hanno guadagnato di più dalla miseria dello sfacelo post-sovietico, persino quelli che vengono dall’area del Donbass, compresi Rinat Akhmetov, l’uomo più ricco d’Ucraina, e Serhiy Taruta – che è stato nominato da Kiev nuovo governatore della regione di Donetsk –, si sono apertamente schierati contro la ribellione. Solo pochi degli oligarchi locali sono rimasti e si può così immaginare come il sentimento anti-oligarchico sia destinato a diventare piuttosto significativo, persino rispetto a quello che già esiste in tutta l’Ucraina.
Le sfide interne per la regione
Prima delle elezioni, il premier della RPD Aleksandr Zakharchenko ha annunciato la nazionalizzazione di molte grandi fabbriche possedute da oligarchi, compreso Rinat Akhmetov. Assieme a questo annuncio è arrivata la dichiarazione del vicepremier della RPD Aleksandr Smekalin che sosteneva il controllo operaio nell’impianto di Zugres. Nonostante ciò, un altro voce di Zakharchenko. Alexander Kofman ha subito precisato che l’idea della nazionalizzazione era subordinata al fatto che “Akhmetov non pagasse la tasse alla RPD”, e di fatti non è stata mai messa in pratica.
Inoltre, Roman Manekin, un consigliere della RPD, ha recentemente sostenuto che l’unico modo per affrontare l’annuncio del ritiro di tutte le istituzioni statali ucraine è istituire una banca nazionale e nazionalizzare settori chiave dell’economia indispensabili per la vita di tutti i giorni.
Persino in queste condizioni, ci sono molto segnali della persistente influenza degli oligarchi. Secondo recenti notizie, la nazionalizzazione dell’impianto di Zugres è stata revocata a causa della pressione di alcune autorità locali fedeliai loro vecchi padroni. Sembra che questo sia stato anche il caso della ripresa di controllo di vecchie proprietà di Rinat Akhmetov da parte di un distaccamento di guardie private.
Nonostante l’affluenza relativamente alta, le elezioni hanno rivelato alcune pesanti misure anti-democratiche, anche considerando le condizioni di guerra civile predominante. Sembra che tutto sia stato fatto per assicurarsi che i vincitori designati potessero competere relativamente senza avversari, assicurandosi inoltre che solo una piccola opposizione sia di destra che di sinistra entrasse in Parlamento. Molte delle persone che avrebbero potuto candidarsi per il Parlamento o votare sono ancora sul campo di battaglia, e non c’è stato modo per essi di partecipare al processo.
Il Partito Comunista è stato il primo partito ufficialmente costituitosi nella RPD l’8 ottobre scorso. Tuttavia, con la scusa di “irregolarità nei documenti”, gli è stato impedito di presentarsi alle recenti elezioni. Alla fine, è stato lasciato di fronte all’alternativa di sostenere Zakharchenko o niente. Di conseguenza, Zakharchenko ha finito per competere contro avversari relativamente sconosciuti, compreso il suo sopracitato vice. Il leader del Partito Comunista nella RPD, Litvinov, ha espresso dure lametele a proposito della situazione in cui è stato costretto il partito. È chiaro dalle precedenti elezioni che il partito gode di ampio sostegno nella regione e avrebbe potuto essere un contrappeso ai dirigenti attuali sia nella RPD che nella RPL.
Nemmeno il nazionalista russo Gubarev, che potrebbe essere visto come il lato destro e reazionario dello scenario politico, ha potuto candidarsi. Alcuni considerano che abbia una popolarità paragonabile a quella di Zakharchenko ed è chiaramente visto come qualcuno fuori dal controllo del Cremlino e delle elites locali. C’è stato persino un tentato omicidio nei suoi confronti durante il periodo pre-elettorale.
Mosca sembra preferire che le Repubbliche rimangano una “zona cuscinetto” verso l’espansione NATO, e un’altra moneta di scambio nel baratto con Kiev e la NATO. Il Cremlino permette un significativo flusso di aiuti e munizioni alle Repubbliche. I rifornimenti militari e sociali sono cruciali alla sopravvivenza delle Repubbliche. Presumibilmente l’esercito ucraino si sta preparando per ritentare l’assalto ai ribelli prima che essi riescano a portare una grande quantità di equipaggiamento militare al fronte. L’aiuto medico e il cibo sono altrettanto cruciali, nonostante, come per le armi, la distribuzione sia controllata dalle persone più favorevoli al Cremlino, aumentando la scarsità di approvvigionamenti precedentemente descritta, poiché queste persone sono in grado di esercitare un potere politico significativo.
Il socialista russo Boris Kagarlitsky ritiene che, in effetti, Mosca preferisca preservare il regime ucraino, essendo le azioni di Poroshenko e degli oligarchi prevedibili. Questo è stato dimostrato dalla volontà di Mosca di dialogare con il governo di Kiev e dal suo riconoscimento della legittimità del nuovo regime ucraino e delle due elezioni del 2014. Si è anche sospettato che i ribelli del Donbass siano stati costretti dai Russi a fermarsi pochi chilometri prima di Mariupol –il porto più grande della regione –durante l’offensiva di agosto, poiché se fosse stata controllata dai ribelli avrebbe potuto dare loro, in qualche misura, un’indipendenza economica dalla Russia stessa.
Il Donbass ha un movimento rivoluzionario di sinistra che può crescere?
Ci sono stati comandanti dei battaglioni dell’ala sinistra, ad esempio quelli delle brigate “Ghost” e “Makhno”, che si sono schierati apertamente in favore di una lotta contro gli oligarchi, il secondo addirittura ha iniziato ad accogliere volontari antifascisti stranieri che hanno ora organizzato un Plotone Comunista. Alcuni comandanti si sono addirittura schierati per la necessità della lotta internazionale contro il capitalismo. Mozgovoy – il leader del battaglione “Ghost” di Alchevsk – ha tenuto discussioni con alcuni elementi anti-oligarchici a Kiev all’inizio di Novembre.
Ci sono stati anche i primi passi di un’iniziativa per unire le forze di sinistra del Donbass, con l’istituzione di un “Fronte del Lavoro”, che include elementi di alcune brigate di sinistra, il partito comunista, Borotba e altri. Nonostante ciò, è difficile avere un quadro accurato della loro influenza in questo momento; la loro influenza politica è limitata perché molti di loro rimangono ancora sul campo di battaglia.
Nonostante le necessità impellenti, la ricostruzione delle infrastrutture decimate della regione non sarà portata avanti da oligarchi benevolenti o dalle ONG. Questa potrà essere completata solo dai lavoratori del Donbas. Come nell’Europa post-bellica, ciò richiederà una grande quantità di pianificazione dell’economica e delle infrastrutture, perché il libero mercato ha poco interesse e competenze nel ricostruire dopo i disastri. C’è anche il bisogno di controllare i prezzi per combattere le speculazioni e assicurare che la popolazione non soffra la fame in inverno. Nonostante la popolazione del Donbas sia pronta a tollerare un certo livello di stenti per portare a termine la separazione dallo Stato ucraino, la sua pazienza sarà messa a dura prova se le condizioni alla fine non miglioreranno.
Perciò, molte di queste azioni saranno guidate più dalla necessità che dall’ideologia. I maggiori oligarchi del Donbas – una volta i più potenti tra i gruppi della classe dominante ucraina – hanno quasi tutti sostenuto la guerra contro le Repubbliche. Essenzialmente, per sopravvivere e guadagnare influenza nei negoziati, le Repubbliche sono costrette ad adottare misure come le nazionalizzazioni.
Infatti, noi abbiamo sostenuto fin dall’inizio che l’unica via attraverso la quale il movimento anti-Maidan avrebbe potuto avere successo era l’adozione di un chiaro e coerente punto di vista di classe, piuttosto che di uno nazionalista. Molto tempo è già stato sprecato. Le Repubbliche si sono sollevate contro gli oligarchi di Kiev appoggiati dalla NATO che stanno mandando aviazione, esercito e battaglioni fascisti nella regione, mentre tagliano servizi essenziali e pensioni.
Allo stesso tempo abbiamo le élites locali, i nazionalisti e i burocrati fedeli all’oligarchia di Kiev che tentano di controllare le regioni dall’alto e il Cremlino e gli oligarchi russi che cercano di difendere i loro interessi, mentre mettono un freno ad ogni azione (come le nazionalizzazioni) che potrebbero essere un esempio per la classe lavoratrice russa e dunque una minaccia ai loro stessi interessi.
La proclamazione delle Repubbliche era originariamente basata sull’illusione che, dopo l’annessione della Crimea, bastasse tenere un referendum, proclamare una repubblica e presto la Russia sarebbe arrivata in soccorso. Attraverso la propria amara esperienza, i lavoratori del Donbass hanno imparato che la Russia non è realmente interessata ad annettere Donetsk e Luhansk e che, nel migliore dei casi, usa le Repubbliche per i propri particolari interessi.
Questo è il significato della recente ondata di dichiarazioni di diverse forze all’interno delle Repubbliche, che chiedono un chiaro programma anti-oligarchico, in opposizione aperta al capitalismo e un orientamento socialista della lotta. Questo rappresenta l’unica speranza per le Repubbliche: mettere in pratica misure audaci di esproprio dei capitalisti che possono connettersi e ispirare l’inevitabile movimento contro l’austerità imposta dal FMI nel resto dell’Ucraina.
Come rivoluzionari, non possiamo rimanere neutrali in questa lotta. Non possiamo lasciare che queste forze – sia in Donbas che in Ucraina- periscano e far finta che non siano mai esistite. Dobbiamo sostenerle come meglio possiamo. Perché in questi tempi, in cui il capitalismo offre una crisi dopo l’altra, ognuna più severa dell’altra, il futuro può essere solo loro.
1 Dicembre 2014