Il 30 novembre, giorno in cui veniva discusso il ddl Gelmini alla camera, ha visto una forte mobilitazione degli studenti in tutta Italia. A Bologna circa 7mila persone (universitari, medi, ricercatori) hanno invaso la A14, bloccandola in entrambe le carreggiate; lì camionisti e automobilisti hanno espresso la loro solidarietà.
Gli studenti si sono poi diretti verso la stazione con l’intento di bloccare i binari, come era già stato fatto in altre città quel giorno, ma un ingente dispiego delle forze dell’ordine ha impedito l’accesso attraverso cariche molto violente e lancio di lacrimogeni. Il corteo una volta ripartito verso il centro, si è fermato sotto la sede della Cgil, dove ha chiesto a gran voce lo sciopero generale. “Dimissioni” e “sciopero generale” sono stati i due slogan che hanno contraddistinto quella giornata.
La protesta studentesca che si è articolata in questi mesi, ha visto anche a Bologna, come nel resto di Italia, un primo momento di forte mobilitazione dei ricercatori, e poi dei medi (che continua tutt’ora con molti istituti occupati), e invece una presenza marginale degli universitari. L’opposizione al ddl Gelmini, nella giornata in cui veniva discusso, ha fornito però anche agli universitari la spinta necessaria per mobilitarsi. Da quel giorno sono seguite numerose assemblee molto partecipate e blocchi del traffico giornalieri (comune, motorshow), con una presenza sicuramente molto inferiore rispetto al 30 novembre, ma comunque sentiti dagli studenti. In questo contesto, lo slittamento della discussione al senato del ddl Gelmini, e quindi l’individuazione della prossima importante data di mobilitazione nel 14 dicembre, giorno in cui verrà votata la fiducia del governo, ha fornito una prospettiva di continuazione della protesta.
La mobilitazione studentesca a Bologna si è dotata sin da subito della rivendicazione dello “sciopero generale” e dell’unità tra studenti e lavoratori. Ciò è vero sopratutto per gli studenti medi, organizzati attorno al Csmb (Coordinamento studenti medi bolognesi), che in questi mesi hanno indetto (e tutt’ora indicono) assemblee con la presenza di universitari, ricercatori, movimenti cittadini e delegati Fiom, comprendendo la necessità di non isolarsi dagli altri settori della formazione in lotta e dai lavoratori. Negli universitari questa coscienza c’è ma è carente di concretizzazione, lì dove la pratica dei blocchi cittadini è si uno strumento utile per mantenere viva l’attenzione ed entrare in contatto con i lavoratori (come il 30 novembre), ma non può essere messo in pratica solo dagli studenti. Pena è l’isolamento e soprattutto l’impossibilità effettiva di bloccare davvero la produzione in questo paese. Ciò può avvenire solo attraverso uno sciopero generale, che non va solo invocato ma costruito, coinvolgendo i settori di lavoratori in lotta per aiutare i delegati di fabbrica nel lavoro quotidiano contro gli attacchi della Confindustria.
Se da un lato vediamo come il movimento ha maturato la necessità di uscire dallo studentismo e quindi di allargarsi verso prospettive più generali, dall’altro le rivendicazioni riguardanti che tipo di università vogliamo, rimangono quelle già sconfitte con il movimento dell’Onda. Proporre come soluzione alla distruzione dell’università pubblica l’“autoriforma”, ovvero l’esclusiva rivendicazione degli spazi per il sapere critico dentro questa università, significa accettare che il movimento di questi giorni non possa chiedere invece una radicale trasformazione dell’università. Quello che vogliamo non è né l’università-fondazione proposta dalla Gelmini, né lo stato di cose presenti. Noi vogliamo un’università diversa, che sia pubblica, gratuita e di qualità, e per coinvolgere il più possibile gli studenti in questa lotta, la proposta che come collettivo stiamo portando avanti all’interno dell’assemblea del 38 Occupato è la costruzione di una campagna sulle borse di studio (che con il ddl Gelmini saranno tagliate del 90%) attraverso cui coinvolgere un più ampio numero di studenti a partire dai tanti che non potranno permettersi gli studi senza dei sussidi statali.
è necessario entrare in contatto con gli operai, i lavoratori immigrati, con chi si oppone allo smantellamento del welfare, sostenerli nelle loro lotte e creare dei coordinamenti democratici, che possano dare avvio a incontri e manifestazioni comuni.
è dall’unita delle lotte che può essere dispiegata la forza dei lavoratori e degli studenti, dal blocco del ddl Gelmini, fino al blocco totale del paese!