Sono passati alcuni mesi dall'approvazione della Legge Gelmini dell'Università, e lo stato di caos in cui sono stati gettati gli atenei, è una prova tangibile dell'interesse del Governo a distruggere, screditare e smantellare quel che rimane dell'istruzione pubblica.
L’anno accademico in corso è stato caratterizzato dal vuoto legislativo che stiamo vivendo, ma le prospettive per il futuro, in cui questo vuoto sarà colmato dai decreti attuativi, sono ancora più allarmanti: blocco del turn-over per i docenti, di conseguenza accorpamenti selvaggi dei corsi di studio, nel macero i corsi poco frequentati e che quindi rendono poco in termini di tasse!
Il primo passo verso l’attuazione di questa contro-riforma è la stesura dei nuovi statuti di ateneo, che declineranno le norme del governo per quanto riguarda il funzionamento degli organi dirigenti, le regole elettorali e della rappresentanza, la strutturazione delle facoltà e dei dipartimenti, le tasse. Gli organi chiamati a disegnare l’intero assetto delle università sono le commissioni statuto composte dai docenti designati dal Senato o dal Rettore, e quindi senza nessuna consultazione elettorale di chi poi quegli statuti li dovrà subire, sia come lavoratore che come studente. In queste commissioni gli studenti e il personale tecnico-amministrativo sono ampiamente sottorappresentati (con 2 rappresentanti ciascuno) ma per garantire un processo democratico e condiviso, i rettori danno il via alla fase di audizione di quanti vorranno contribuire con la loro esperienza e le loro idee alle riflessioni sulla riforma dell’Ateneo h come previsto dalla road map stilata dal rettore Dionigi dell’Università di Bologna. Proprio a Bologna la commissione statuto è stata eletta più di un anno fa, in attesa che la riforma fosse approvata, al suo interno non sono rappresentati né ricercatori, né tecnici-amministrativi, né docenti di seconda fascia ma solo ordinari.
Le commissioni statuto sono animate dal dibattito sul superamento della divisione in facoltà verso una composizione in “scuole” che raggruppano i vari dipartimenti a cui saranno attribuite le principali funzioni didattiche e formative, e sugli organi di governo degli atenei. Per quanto riguarda il primo aspetto è molto significativo l’appello accorato del preside della Facoltà di Medicina di Milano, Ferrario, secondo il quale con la soppressione dell’attività di pianificazione, di programmazione didattica e ricerca svolta dalle facoltà è a rischio la formazione professionale dei futuri medici.
Per quanto riguarda gli organi di governo la legge è sufficientemente chiara da lasciare ben pochi margini di manovra: il rettore è sempre di più il manager dell’università con funzioni di indirizzo, di iniziativa e coordinamento, i consigli di facoltà scompaiono e il senato perde potere in favore del Consiglio di amministrazione che si rafforza come organo di vertice con l’attribuzione di quasi tutte le decisioni più importanti.
Pensiamo che chi in questi anni ha lottato contro l’approvazione della controriforma debba continuare a impedirne l’attuazione e debba rifiutare categoricamente di scendere a patti con i rettori e le commissioni statuto, che sono i rappresentanti locali delle linee del governo. Non possiamo istillare tra gli studenti nessuna illusione sulla possibilità di migliorare la riforma attraverso eventuali margini da strappare negli statuti: all’ordine del giorno c’è lo smantellamento dell’istruzione pubblica, l’istituzionalizzazione del diritto dei privati di entrare e plasmare l’università a proprio uso e consumo, lo sbarramento agli studenti con difficoltà economiche a cui vengono ulteriormente tagliate le borse di studio.
Pensiamo che l’opposizione al lavoro delle commissioni statuto debba essere un appuntamento di lotta che unisca gli studenti e i lavoratori a partire da tutte quelle figure che più subiscono la riduzione degli spazi di democrazia come i tecnici-amministrativi, i ricercatori e i precari. In questo contesto pensiamo che anche l’Flc-Cgil dovrebbe sottrarsi dalla contrattazione sul piano degli statuti, ma rilanciare un piano di mobilitazioni verso lo sciopero generale del 6 maggio proprio a partire dal No alla Gelmini.
* Collettivo Autunno caldo Bologna