Giovani comunisti verso la IV conferenza nazionale
Ci ricorderemo di questa IV conferenza nazionale dei Giovani Comunisti per molte cose. Mai la nostra organizzazione era stata commissariata dal partito a livello nazionale. Mai in una conferenza con due documenti uno aveva osato fregiarsi del titolo di “unitario”. Mai tanta retorica sulla discontinuità col passato era stata utilizzata a sostegno di tesi già sentite. E soprattutto, poche volte c’era stato un abisso così grande tra le parole e i fatti.
Per questo abbiamo pubblicato un articolo pochi giorni dopo l’ormai famosa intervista del compagno Paolo Ferrero, dove sollecitavamo i compagni della mozione uno a prendere posizione sulla proposta del “Cln” con Casini. Ci è stato risposto che è un argomento strumentale e che la collocazione istituzionale del Prc non ha alcuna attinenza con la costruzione dei Gc. Ci domandiamo dove siano vissuti negli ultimi anni i compagni che usano queste argomentazioni.
Davvero la nostra partecipazione al governo Prodi non ha “alcuna attinenza” con la crisi attuale dei Giovani comunisti? Crediamo che l’antipolitica che combattiamo ogni giorno per sviluppare il nostro radicamento nei luoghi di lavoro e di studio si sia sviluppata sulle nuvole o cresca dalla diffusa consapevolezza che destra e sinistra siano “tutte uguali”? Quale bilancio fare quindi delle giunte Bassolino, Vendola, Loiero, Martini ecc.? Siamo stati aiutati da queste giunte o si sono trovate dalla parte dell’avversario? Nel documento non si parla di questo problema.
Si dice che l’accordo con Casini e Bersani servirebbe per difendere la democrazia dall’attacco delle destre. Aspettiamo con fiducia di vedere questi signori in piazza con noi a lottare per i diritti dei migranti, contro la repressione delle lotte, contro l’oscurantismo clericale, contro le leggi elettorali truffa… per il momento, registriamo che la loro “difesa della democrazia” non è stata neppure capace di convincerli ad aderire alla manifestazione del No Berlusconi day.
Tutti questi sono argomenti concreti, che per noi sono decisivi, ma ignorati dai compagni del primo documento.
Un documento generico
L’impostazione del primo documento tradisce una genericità disarmante. Rispetto alla crisi e alle lotte, in più di dieci pagine di documento non vengono citate nemmeno una volta nè la lotta della Innse, nè quella dell’Eutelia. Non si tratta nel nostro dibattito di ripeterci quanto è brutto il capitalismo e la sua crisi, ma di analizzare le mobilitazioni più avanzate perchè la loro vittoria possa ribaltare i rapporti di forza esistenti. Significa forse voler far la lezioncina alle lotte? No, si tratta di non ignorarne gli sviluppi, di conoscerle, apprendere da loro e trarre tutte le logiche conseguenze del loro sviluppo.
Il primo documento ci ripete che il nostro compito è solidarizzare con i lavoratori in lotta, dando loro assistenza materiale: fin qui tutto bene. Dovrebbe in verità essere già nel nostro Dna. Avremmo preferito confrontarci però con una strategia di intervento per aiutare queste mobilitazioni a vincere: il lavoro solidaristico che i compagni già sviluppano aiuta la resistenza di una lotta ma tutto questo deve servire a portare tra i lavoratori un programma più radicale, capace anche di mettere in discussione la proprietà dell’azienda. Come collegare le varie vertenze che ci sono sul territorio? Come portare nelle nostre file i giovani precari più combattivi? Uno strumento è fatto per uno scopo: tolta la piattaforma programmatica, i compagni ne sanno quanto prima.
Non è diversa l’impostazione suggeritaci per il lavoro studentesco.
I compagni teorizzano la necessità di elaborare una piattaforma per superare i limiti programmatici dell’Onda e unificare le lotte ma rifiutano la necessità di costruire una struttura studentesca per organizzare gli studenti più combattivi.
In questo modo anche la piattaforma più puntuale rimane sospesa nel vuoto. I leaderini dell’Onda si sono rinchiusi nell’accettazione dell’autonomia e dell’autoriforma: come ci inseriamo nel movimento studentesco? Diamo un sostegno generico senza interferire per non turbare “l’unità del movimento”, rendendoci indistinguibili all’interno dei collettivi studenteschi? Oppure ci limitiamo a intervenire solo come Giovani Comunisti, rinunciando a costruire una struttura nazionale di movimento basata su una piattaforma programmatica? Sono anni che nei Gc si propone di “mettere a rete” i collettivi: ma che fine hanno fatto le reti studentesche nate durante l’Onda? Il movimento studentesco vince se supera il proprio frazionamento e se lo fa sulla base di un programma.
Per fare questo è necessaria una struttura che coaguli la lotta per il diritto allo studio in modo permanente.
Una lista di propositi e lo stesso progetto politico
Il corpo centrale del primo documento è un semplice elenco di campi di intervento: dalle pratiche sociali, da internet al comunismo ricordandosi dell’antifascismo. Una lista dell’ovvio alternato ad errori politici e priva di un bilancio ragionato su quanto fatto finora. Si dice di andare avanti con le pratiche sociali. Vorremmo ben vedere, ma proprio i compagni che hanno sviluppato di più tali pratiche sarebbero interessati a un ragionamento, sia concreto che teorico, sullo sviluppo che tali pratiche hanno avuto fin qua. Tutto questo “bravi, fate, fate!” fa sorgere il sospetto che si accarezzi il lavoro sociale come una bella medaglietta che copre il resto delle scelte del partito.
Anche dell’antifascismo dobbiamo dire lo stesso: una vuota genericità che si limita a dire che l’antifascismo è una “categoria centrale” evidenziando l’ascesa dei gruppi neofascisti. Ma vi chiediamo di dirci almeno perchè questi si sono fatti strada nei quartieri e nelle scuole. CasaPound e Forza Nuova hanno marciato sulle ceneri della delusione della sinistra dei compromessi e dei “progetti” e si sono posti agli occhi di tanti giovani proletari come “unica opposizione”. Di questo non c’è traccia nel primo documento. Quale dovrebbe essere il nostro antifascismo? Quello rituale dei gonfaloni, quello autoreferenziale del mero scontro fisico o, come noi pensiamo, quello che lega l’antifascismo alla lotta di classe?
Infine anche sul razzismo, considerato un problema esclusivamente culturale: scuole d’italiano, lotta al razzismo diffuso… Va bene, in alcuni casi anche già fatto senza aspettare il via dal documento “unitario”. Ma si elude un piccolo particolare. I migranti sono il 30% della classe lavoratrice e hanno una potenzialità di conflitto di classe enorme, se organizzata. E su questo terreno ancora una volta il nulla.
In altre parole: tutto diviene importante, nulla è importante. Il giorno dopo la conferenza un giovane comunista ne sa quanto prima.
Sarebbe tuttavia falso dire che il primo documento volti le spalle alla discussione sulle sorti del partito dei “grandi”. È permesso infatti parlare della Federazione della sinistra, entusiasticamente sostenuta senza alcuna critica. È ironico perchè proprio quando si abbandona il terreno istituzionale e si entra sul terreno della costruzione concreta delle lotte e del radicamento, la Federazione cessa di avere alcuna applicazione. Cos’è a livello giovanile la Federazione della sinistra? Di quale unità si parla? Se essa è la via pratica per fonderci con la Fgci domandiamo perchè non si abbia il coraggio di chiamarla col suo nome. O si tratta della solita diplomazia con associazioni più o meno reali, spesso solo in cerca di candidature?
Un documento ha valore non solo se è uno strumento efficace ma anche se poggia su una coerenza tra ciò che si scrive e ciò che si fa: nella risoluzione di questa contraddizione, che tanti danni ha portato negli anni scorsi, vi è tutto il futuro dei Giovani Comunisti. Nel momento più nero della loro esistenza, per risollevarsi i Giovani comunisti hanno bisogno di una svolta, di un analisi e di un programma chiari e di una rottura con le pratiche e la politica del passato.
* Coordinatore GC Milano