Come risposta gli studenti avevano occupato la facoltà e organizzato subito delle iniziative nei giorni a seguire per scongiurare che un’organizzazione di estrema destra invadesse gli spazi di una facoltà ufficialmente e storicamente antirazzista e antifascista. La “civile” risposta di Forza Nuova non si fa attendere. A via De Lollis, mentre un gruppo di studenti sta attacchinando dei manifesti, si ferma un’auto e da lì, al grido di “Avanti camerati!”, escono fuori quattro fascisti, tra cui si riconosce uno dei dirigenti più esaltati e violenti di Forza Nuova, Martin Avaro, che si nota in una scena dell’interessantissimo film documentario “Nazirock” (che invitiamo tutti a vedere), mentre canta a squarciagola la canzone “Cuore nero” e che è stato uno dei protagonisti dell’assalto a Villa Ada e alle caserme della polizia dopo l’assassinio del tifoso laziale Gabriele Sandri. Gli studenti dei collettivi riescono a resistere e a rispondere all’aggressione dei fascisti, che vengono così accerchiati. La polizia arriva dopo un po’ e ovviamente ferma, oltre ai militanti di Forza Nuova, anche due degli studenti che avevano risposto all’assalto.
Come al solito la polizia fa finta di non distinguere tra aggrediti e aggressori e così i due compagni finiscono in questura. La strategia messa in atto è lineare: il preside della facoltà di Lettere de La Sapienza provoca gli studenti e concede scandalosamente il permesso a Forza Nuova di tenere un convegno sulle foibe, con una giustificazione che fa ancora più vergogna dell’atto in sé: non sa chi è Roberto Fiore né che cosa sia Forza Nuova…; gli studenti del collettivo della Facoltà mettono in atto una protesta che porta il rettore vicario dell’università a ritirare l’autorizzazione a Forza Nuova, i cui militanti reagiscono con una aggressione vendicativa che viene coperta dalla polizia e da cui i giornali prendono lo spunto per attaccare gli studenti di sinistra di Lettere. Come al solito il Corriere della Sera si prende carico di eseguire l’ultima parte del piano, con tanto di articoli in prima pagina su un’occupazione della Presidenza che diventa “sequestro di persona” e editoriali su quei facinorosi e antidemocratici studenti di Lettere, completi di cronistoria su tutti gli episodi in cui gli studenti di questa Facoltà si sono resi protagonisti di episodi “sovversivi”. Si fa quindi passare l’episodio come una rissa tra opposte fazioni politiche e non per quello che in realtà è stato, cioè una aggressione premeditata di stampo fascista.
La reazione degli studenti all’aggressione fascista e alla vergognosa campagna stampa successiva, è immediata: si organizza un presidio all’ospedale Policlinico, dove sono ricoverati i compagni e parte un corteo spontaneo attorno alla città universitaria di centinaia di studenti. Lo slogan più gridato è “Fuori i fascisti dall’Università!” Si distribuiscono subito dei volantini che fanno appello alla lotta e all’unità contro i fascisti. Il giorno dopo, il 28 maggio, si indice un’assemblea molto partecipata in cui sono presenti anche alcuni docenti e il prorettore Frati. Con l’assemblea si ottiene indubbiamente un risultato importante: la Facoltà infatti, sconfessando il preside, si costituisce parte civile nel processo ai due compagni arrestati.
È importante però chiederci come sia stata possibile un’aggressione fascista in pieno giorno all’Università. La Sapienza attualmente versa in un periodo di stagnazione politica. I collettivi sono pochi, disorganizzati, incapaci di coinvolgere gli studenti in lotte di massa che riguardino rivendicazioni importanti come la risposta alle controriforme universitarie, l’alternativa alla povertà culturale dell’offerta didattica e a tutte le difficoltà materiali relative ad affitti, tasse, borse di studio e carenza di sevizi generali.
In più, l’idea dominante nei gruppi dirigenti dei collettivi è quella dell’auto-formazione, ovvero il tentativo di liberare degli spazi all’interno di questa università dominata da una concezione aziendalistica, non quello di lottare per un altro modello di formazione, pubblica gratuita e di massa.
In una situazione del genere è ovvio che i fascisti tentino di insinuarsi nelle Università cercando di portare la loro politica reazionaria. Lo hanno fatto già organizzazioni come Blocco studentesco e Lotta studentesca nelle scuole superiori ed i loro tentativi sono ben sostenuti dalle istituzioni scolastiche e universitarie, da quelle dello stato, dai giornali e in generale dal clima reazionario che spira nella società.
L’episodio de La Sapienza segue l’aggressione razzista agli immigrati del Pigneto, nella Roma di un Alemanno che dopo l’aggressione, ha preso una posizione di collateralismo con i suoi ex camerati, scagliandosi contro l’estremismo di sinistra degli studenti. Come possa esserci qualcuno che pensa che con Alemanno si possa dialogare è un mistero che non si riesce a spiegare.
Come si può fare per resistere e organizzarsi contro la violenza fascista? Il livello raggiunto dagli scontri esige l’autodifesa unitaria di tutte le organizzazioni di sinistra. Occorre sì, difendere l’agibilità politica delle proprie iniziative (assemblee, attacchinaggi, manifestazioni), ma, prima di tutto, il neofascismo va affrontato organizzandosi politicamente.
Contro il fascismo è necessaria la massima unità possibile tra tutti i partiti, le associazioni e le forze di sinistra. Bisogna creare dei coordinamenti in tutti i quartieri, nelle scuole e nelle università. Ma la battaglia antifascista, per essere efficace, deve basarsi a un programma che su salario, casa, scuola, università e stato sociale, difenda in maniera intransigente gli interessi di classe dei giovani e dei lavoratori.
9 giugno 2008